In caduta libera nei sondaggi e nella raccolta fondi, Robert F. Kennedy Jr, il figlio 70enne di Bob Kennedy e il nipote di Jfk, ha annunciato a Phoenix che sospende la corsa alla Casa Bianca e dà il suo endorsement a Donald Trump, ventilando in cambio un posto nella sua eventuale amministrazione. Forse – secondo alcuni media – come segretario alla salute, nonostante sia un cospirazionista `no vax´ (come il tycoon del resto), o alla guida di qualche agenzia federale.
Rfk ha spiegato che intende rimuovere il suo nome dalle schede in 10 stati in bilico (già fatto in Arizona e Pennsylvania), per non fare da `spoiler´, e ha incoraggiato a votarlo negli altri in cui resta in corsa. Ma ha scelto di appoggiare il tycoon per alcune battaglie in comune, come la libertà di espressione, la fine della guerra in Ucraina e «ai nostri bambini» (per malattie e malnutrizione). Voltando ormai da tempo le spalle ai dem, «diventati il partito della guerra, della censura, della corruzione, di Big Pharma, della grande tecnologia… e dei grandi soldi». «È una cosa grandiosa. È una persona eccezionale, rispettato da tutti», ha commentato raggiante l’ex presidente durante un comizio a Las Vegas, Nevada.
Ma in una nota comune, cinque dei fratelli di Kennedy jr (Kathleen Kennedy Townsend, Courtney Kennedy, Kerry Kennedy, Chris Kennedy e Rory Kennedy) hanno subito bollato il suo endorsement al tycoon come «un tradimento dei valori che nostro padre e la nostra famiglia hanno più cari. Ãê la triste conclusione di una triste storia».
I sondaggi gli accreditano solo un 4%-5%, ma anche la metà circa (considerando che una parte è tornata all’ovile dem con Harris) potrebbe fare la differenza in una corsa serrata, soprattutto negli Stati in bilico. Resta da vedere quanto pesano le ultime gaffe dell’avvocato ambientalista, come l’aneddoto dell’orso trovato morto per strada che voleva scuoiare a casa e che poi invece abbandonò a Central Park. Rfk completa così la sua bizzarra parabola elettorale, dopo aver sfidato Joe Biden alle primarie prima da democratico e poi da indipendente, diventando la pecora nera di una blasonata dinastia politica schierata interamente con il presidente. Ed ora con la sua vice ed erede Kamala Harris.
La svolta era nell’aria da giorni, anticipata dai media americani e maturata nell’evento a Phoenix, Arizona, in cui Kennedy Jr parla alla nazione del futuro della sua campagna. Poche ore prima di un comizio alla periferia della stessa città di Donald Trump con un misterioso «special guest». «Sarei onorato di avere il suo appoggio», aveva confessato nei giorni scorsi il tycoon, dicendosi pronto a valutare un incarico di governo per Rfk (come pure per Elon Musk). Kennedy jr aveva tentato di contattare anche la campagna di Harris, che però ha respinto la sua richiesta di un incontro definendolo «un candidato marginale finanziato dal movimento Maga».
«Vinceremo lo stesso», assicura lo staff, non dimenticando però la minaccia di un candidato terzo che storicamente ha sempre penalizzato i dem, come nel caso dell’attivista Ralph Nader che affondò Al Gore. Per questo ne corteggia gli elettori: «Se si sentissero delusi, se stessero cercando una nuova via da seguire, se stessero cercando qualcuno che combattesse davvero per i loro interessi, i loro valori, o se stessero cercando qualcuno che capisse le decisioni personali che prendono nelle loro vite, allora c’è una casa per loro nella campagna di Kamala Harris».