L'Arabia Saudita accetta il 'matrimonio' con Washington ma non sarà monogamico

Molto si è discusso e si discute di come i due candidati alle elezioni americane guardino ai fatti mediorientali e ai loro possibili sviluppi, meno dei posizionamenti dei diversi posizionamenti in Medio Oriente: meglio Harris o Trump? 

L'Arabia Saudita accetta il 'matrimonio' con Washington ma non sarà monogamico
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Riccardo Cristiano Modifica articolo

24 Agosto 2024 - 16.53


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Molto si è discusso e si discute di come i due candidati alle elezioni americane guardino ai fatti mediorientali e ai loro possibili sviluppi, meno dei posizionamenti dei diversi posizionamenti in Medio Oriente: meglio Harris o Trump? 

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Chi potrebbe ritenere preferibile la Harris appare l’Iran, che con l’amministrazione Obama ha concluso il famoso accordo sul nucleare, ha sperato di riattivarlo con Biden dopo il ritiro deciso dall’amministrazione Trump per esercitare la massima pressione su Teheran, e ora che ha scelto come ministro degli esteri il vice di quello Zariff che ai tempo di Obama firmò l’intesa, probabilmente si pone nell’ottica di proseguire la “gestione del conflitto” in modo non bellicista. E’ una chiave anche per leggere le scelte di Tehran sulla famosa “vendetta” per l’assassinio per l’assassinio del leader di Hamas, Ismail Hanyeh, mentre era in visita a Teheran. Un conflitto gioverebbe a Tehran in previsione del voto a novembre? 

Il premier israeliano è alla prova dei fatti. Se tutti hanno definito chiara una sua preferenza per Trump, ora con il ritiro di Biden e il buon andamento di Harris deve probabilmente considerare diversamente la sua “strategia americana”: arrivare a novembre come dichiarato alleato di Trump se vincesse Harris non sarebbe saggio. E questo non può essere escluso. Questa novità potrebbe influire sui negoziati in atto per il cessate il fuoco a Gaza. Si vedrà.

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Il discorso più interessante, perché innovativo, è quello saudita. Oggi non possono più essere considerati nel campo trumpiano, dove certamente erano al tempo del suo precedente mandato. Biden è stato costretto da tanti eventi, soprattutto la guerra in Ucraina, a cambiare la strategia del gelo con Muhammad bin Salman: disse che lo avrebbe ridotto a un paria della comunità internazionale all’inizio del suo mandato, ora la corteggia. Biden voleva che Bin Salman non esagerasse con il suo piede a pigiare sull’acceleratore del prezzo del petrolio. Ed è andato a dare la mano a bin Salman.

Ore alle viste c’è il famoso patto militare con i sauditi, che la Casa Bianca firmerebbe più che volentieri se si estendesse a Israele, ipotesi che bin Salman continua ad accettare, ma vincolandola a impegni sullo stato palestinese che la guerra di Gaza gli hanno imposto per gli umori diffusi in tutto il mondo arabo. Ma il sereno tra democratici e sauditi è tornato, anche perché questi ultimi hanno scelto di ridurre il conflitto con l’Iran: Riad ha ristabilito le relazioni diplomatiche con Teheran e si è districata  dal conflitto nello Yemen. Bin Salman ne è tanto felice da non essersi impegnato neanche nell’azione di pattugliamento del Mar Rosso contro il terrorismo proprio dei suoi nemici, i filo iraniani dello Yemen, gli Houti, che seguitano a colpire le grandi navi che vi transitano. 

Riad ricorda che quando gli Houti, ai tempi di Trump, riuscirono a colpire le sue più importanti installazioni petrolifere l’alleato americano non mosse un dito. E quindi faranno altrettanto con The Donald ora che vuole tornare alla Casa Bianca. Non lo avverseranno, ma non lo sosterranno. 

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L’alleanza militare con l’America resta la scelta strategica di bin Salman, magari accompagnata dal sostegno  americano al suo programma nucleare, a fini civili ovviamente, ma ottimo come deterrente militare verso il quasi nucleare Iran. 

Ma alleanza militare per Riad non vuol più dire alleanza tout court. La politica e soprattutto l’economia sono altre cose. E così Riad parla di matrimonio non monogamico. Per altro l’Islam consente la poligamia, fino a un massimo di quattro mogli, ma Riad si accontenta di tre: America, Cina e Russia. 

Le scelte economiche di Washington, la produzione interna di petrolio fossile, hanno ridotto l’interscambio tra i due Paesi, e ora il primo partner è Pechino. E su questo Riad ritiene di dover essere lasciata padrona di gestire i propri interessi, senza contrastare quelli militari di Washington. Altrettanto può dirsi per Mosca. Senza Mosca non si può regolare il prezzo del petrolio e Riad ha un disperato bisogno di prezzi alti perché la sua scelta di costruire un’economia non più centrata sul petrolio, ma diversificata, richiede enormi investimenti. E quei soldi non possono che venire, oggi, dal petrolio. 

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Il matrimonio non monogamico con Washington potrebbe reggere perché Riad, comunque, ha bisogno proprio per il suo nuovo orientamento economico di un Medio Oriente stabilizzato, senza guerre magari ammantate di religioso. Ecco che la scelta di rapporti non da sfida mortale con Tehran; la scelta dei democratici va bene a Riad, alla condizione che la si aiuti nella deterrenza verso un Iran che rimane comunque un rivale temuto. Tornare alla massima pressione contro Tehran sarebbe rischioso perché destabilizzante. E gli investimenti economici nella costruzione di una nuova economia nazionale – fatta anche di stadi, tornei mondiali e turismo- richiedono stabilità.  

L’epoca del ritiro americano dal Medio Oriente c’è ma ancora non riesce a compiersi, e lo  dimostrano l’enorme dispiegamento militare in atto nel Mediterraneo per proteggere Israele dalle temute vendette di Iran e Hezbollah, e nel Mar Rosso, per proteggere la navigazione di acque decisive per i commerci mondiali. Ma Riad sa che questa è una scelta faticosa per Washington, un intervento emergenziale. La stabilizzazione starà a cuore anche a Washington, che infatti sta cercando di sbrogliare la matassa che porterebbe al cessate il fuoco di Gaza. Un tasso di presenza ci sarà, ma non così né come in passato. Dunque un accordo militare con Riad  sarebbe importante anche per Washington, per tanti motivi. Ma Washington, ritengono a Riad, di tutta evidenza, deve accettare che il matrimonio con Riad non sia monogamico. La formula, in modo quasi inosservato, l’ha coniata tempo fa l’ex ambasciatore a Washington Faysal al-Turki. Una delle intelligenze più lucide della famiglia reale saudita. E sembra proprio che abbia indicato una strada che anche altri attori potrebbe scegliere. Un’alleanza militare (o commerciale)  comporta alcuni impegni, non l’assoluta e totale fedeltà. 

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