Da Gaza al Libano, dall'Ucraina all'Armageddon: la galleria degli orrori a cui ci stiamo abituando

Armageddon è l'Apocalisse. L'Apocalisse è quella immaginata da Albert Einstein dopo le atomiche su Hiroshima e Nagasaki

Da Gaza al Libano, dall'Ucraina all'Armageddon: la galleria degli orrori a cui ci stiamo abituando
Bombardamenti israeliani nel Libano
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Claudio Visani Modifica articolo

28 Settembre 2024 - 15.03


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Armageddon è un film di successo di un quarto di secolo fa. Armageddon nella Bibbia è la battaglia finale tra il bene e il male che si svolgerà in Galilea, oggi Israele. Armageddon è l’Apocalisse. L’Apocalisse è quella immaginata da Albert Einstein dopo le atomiche su Hiroshima e Nagasaki: “Non so con quali armi si combatterà la terza guerra mondiale, ma so che la quarta si farà con pietre e bastoni”.

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Per fortuna non siamo ancora a questo punto, ma la galleria degli orrori che osserviamo da due anni e mezzo – dall’Ucraina a Gaza e ora al Libano – e a cui giorno dopo giorno ci stiamo purtroppo abituando, è la spia di una pericolosa marcia di avvicinamento al baratro. L’escalation non è solo nelle bombe, nella distruzione, nei massacri di civili: è dentro di noi. È nel linguaggio sempre più bellico della politica e dei media, nell’inerzia della Comunità internazionale guidata da una classe dirigente mai così mediocre e inetta, nelle opposte tifoserie che hanno soppiantato il buon senso e la ragione, nella violenza e nell’odio che sembrano prevalere sulla tolleranza e la pacifica convivenza.


In altre parole, con la guerra la bestia umana sta dando il peggio di sé. Diceva Gino Strada: “Io non sono pacifista, io sono contro la guerra. La guerra è come il cancro, occorre cercare l’antidoto per debellarla. Le armi non curano la malattia, uccidono il paziente. Abolire la guerra è l’unica speranza per l’umanità”. E invece.

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Le ultime dal Libano. Netanyahu parla all’assemblea delle Nazioni Unite, dice che Israele vuole la pace ma deve lottare per la vita, scende dal palco, va in albergo e da lì ordina un nuovo attacco in Libano. La guerra è già entrata nei giorni scorsi nelle case dei libanesi della capitale causando almeno seicento morti e migliaia di feriti tra i civili. Nella notte tra venerdì e sabato la terra a Beirut ha tremato come mai prima. Una enorme colonna di fumo si è alzata dalla periferia meridionale dove vive un milione di persone e dove Hezbollah ha il suo quartier generale. Tonnellate di bombe hanno raso al suolo un intero isolato, sei palazzi non ci sono più. Per colpire il bunker sotterraneo di Nasrallah, il capo politico e religioso di Hezbollah, il Partito di Dio, hanno tirato giù i condomini che ci stavano sopra. Le cronache dicono che hanno usato un’arma straordinaria, bombe con testate termobariche che generano un mostruoso vento assassino contro cui non c’è difesa, anche il cemento armato viene sbriciolato. Quanti siano i morti e feriti civili non è dato sapere. È invece di queste ore la notizia che Nasrallah sarebbe rimasto ucciso. Almeno quello si spera sia vero.



Per colpire i capi del terrore si semina altro terrore. Come ha fatto nei giorni scorsi il Mossad con l’esplosione a distanza dei cercapersone e dei walkie-talkie. Decine, forse centinaia di morti e migliaia di feriti. Hanno detto che quelli erano gli apparecchi usati dai miliziani di Hezbollah, ma hanno colpito nel mucchio, senza sapere chi li avesse in tasca in quel momento. Le cronache ci dicono che tra i maschi che li portavano alla cintola ci sono stati millecinquecento evirati, e altri cinquecento che hanno estratto l’apparecchio per rispondere sono rimasti accecati e hanno perso una mano. Terrificante.


Così come è stato terrificante l’attacco del 7 ottobre di un anno fa condotto da Hamas contro i civili israeliani (milleduecento morti, duecentocinquanta ostaggi, scene inaudite di violenza e torture). Così come è altrettanto terrificante la risposta di Netanyahu e dell’esercito di Israele a Gaza (oltre quarantamila civili uccisi di cui la metà donne e bambini, almeno un terzo degli edifici della Striscia rasi al suolo). O quella dei coloni israeliani coperti dall’esercito che cacciano e uccidono i palestinesi incendiando le loro case e prendendosi le loro terre. 

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Ma anche a quei racconti e a quelle immagini ci siamo ormai abituati. Così come al ritorno della guerra in Europa, a quel che accade in Ucraina, alla corsa al riarmo, ai folli propositi di sostenere Zelensky “fino alla vittoria finale” contro la Russia. E anche alla minaccia di Putin che avverte: “Se ci attaccate con armi aeree e spaziali anche convenzionali ma di paesi nucleari, considereremo ciò un’aggressione congiunta della Nato contro la Federazione Russa tale da determinare una risposta di Mosca con il ricorso ad armi nucleari”.

E’ un bluff? Va preso sul serio? La politica, così come le tifoserie, si dividono. Ma la spirale delle armi e delle parole intanto continua a girare. E se non la fermiamo, se i “grandi della terra” non rinsaviscono, se l’Europa (e l’Italia) continua come sta facendo a consegnarsi mani e piedi alle logiche guerrafondaie contro il proprio interesse, “occhio per occhio finirà per renderci tutti ciechi”, come ammoniva Gandhi. E dopo cadere nel baratro è un attimo.

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