Le misure previste dal protocollo tra Italia e Albania per la gestione dei migranti “devono essere conformi ai trattati europei”. Lo ha dichiarato Anitta Hipper, portavoce della Commissione Ue per gli Affari Interni.
“Il protocollo Italia-Albania applica il diritto nazionale ma, naturalmente, si applicano anche gli standard previsti dalle normative comunitarie per la protezione e le procedure”, ha spiegato Hipper. “Abbiamo ribadito che tutte le misure adottate dalle autorità italiane devono essere pienamente conformi e non compromettere in alcun modo l’applicazione del diritto e dei trattati dell’UE”, ha aggiunto.
A tal fine, il governo italiano sta preparando un decreto per “salvaguardare” l’accordo con Tirana.
Serve una lista Ue di Paesi terzi sicuri
“Siamo a conoscenza della sentenza” del tribunale di Roma di venerdì che ha ordinato di riportare in Italia i migranti inviati in Albania, in base all’accordo tra i due Paesi, “e siamo in contatto con le autorità italiane. Ora, per quanto riguarda la sentenza, in effetti si riferisce al concetto di ‘Paese di origine sicuro’, e a come viene applicato. Da parte nostra, per ora non abbiamo liste comuni dell’Ue” per i Paesi terzi sicuri; “è qualcosa che è anche previsto che faremo, su cui dovremo lavorare, ma che gli Stati membri attualmente non hanno, hanno solo liste nazionali”, ha spiegato la portavoce, rispondendo alle domande dei giornalisti durante il briefing quotidiano per la stampa dell’Esecutivo Ue.
“Si tratta di elenchi nazionali” dei Paesi terzi considerati sicuri, “quindi in questo caso c’è una valutazione effettuata dalle autorità italiane, e non c’è nulla che io possa dire al riguardo: non abbiamo un elenco del genere a livello Ue”, ha ribadito Hipper. Ma è vero, ha aggiunto, che una lista comune “è qualcosa che è previsto anche per attuare il nuovo Patto Ue su asilo e immigrazione”, perché “dovremo garantire di avere criteri comuni, e questo è qualcosa che stiamo esaminando”.
Ancora nessuna tempistica precisa
“Non credo di poter indicare alcuna tempistica” per quanto riguarda la futura proposta sull’elenco comune di Paesi terzi sicuri, ha puntualizzato il portavoce capo della Commissione, Eric Mamer. E ha aggiunto: “Vorrei ricordare che per prima cosa dobbiamo avere un nuovo collegio dei commissari in funzione, che questo processo è in corso e quindi è un po’ presto per iniziare a pensare alle tempistiche”. Tuttavia, una data precisa è stata già indicata in una dichiarazione del pre-vertice dei leader del Ppe, giovedì scorso, a cui aveva partecipato anche la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen. “Dobbiamo procedere al riesame del concetto di ‘Paese terzo sicuro’ entro il 12 giugno 2025, per alleviare la pressione sui paesi dell’Ue”, si legge al punto 5 del testo, intitolato “Political Priorities on how to stop irregular immigration” (Priorità politiche su come fermare l’immigrazione irregolare).
Questione di diritto: italiano o europeo?
Un’altra questione sollevata dalla sentenza del tribunale di Roma è quella del diritto applicabile al Protocollo Italia-Albania. Un giornalista ha ricordato che la commissaria europea agli Affari interni, Ylva Johansson, aveva affermato che al Protocollo si applica il diritto italiano e non quello dell’Ue, e che ora un tribunale italiano dice il contrario, ossia che all’accordo deve applicarsi il diritto europeo. La portavoce ha replicato riconoscendo che “è assolutamente corretto: ciò che ha detto la commissaria è che il protocollo Italia-Albania applica la legge nazionale” italiana. “Ma ovviamente – ha puntualizzato – applica anche gli standard stabiliti nella protezione” dei richiedenti asilo “e nelle procedure che sono previste dal diritto Ue. E abbiamo anche detto che tutte queste misure che le autorità italiane stanno adottando devono essere pienamente conformi e non dovrebbero in alcun modo compromettere l’applicazione del diritto comunitario e dei trattati Ue”.
Notando che il Tribunale di Roma ha fatto riferimento a una sentenza della Corte di giustizia europea del 4 ottobre sulla definizione dei “Paesi di origine sicuri” dei migranti da rimpatriare, un altro giornalista ha chiesto in che misura queste interpretazioni della giurisprudenza possano avere un impatto su eventuali futuri meccanismi di “hub per i rimpatri” (centri esterni all’Ue in cui deportare i migranti a cui è stato negato l’asilo in un paese dell’Ue), a cui stanno lavorando la Commissione e alcuni Stati membri.
Gli “hub per i rimpatri”
“Gli ‘hub per i rimpatri’ – ha risposto Hipper -, sono un tema di cui stiamo discutendo. È ancora presto, ci sono diverse discussioni sui modelli, sulla legalità e sulla fattibilità di tali hub. Quindi è molto difficile predire di cosa si tratterà, e quali saranno le correlazioni” con le sentenze citate. “Penso che sia chiaro – ha concluso sua Eric Mamer – che prenderemo in considerazione tutti gli elementi che sono sul tavolo nel processo di riflessione, che avrà luogo, sulla potenziale forma e struttura degli ‘hub per i rimpatri'”.
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