Orban sfida la Corte internazionale e invita Netanyahu in Ungheria

Il primo ministro ungherese, Viktor Orbán, noto per le sue posizioni illiberali, omofobe e reazionarie, ha dichiarato che inviterà il suo omologo israeliano, Benjamin Netanyahu, a visitare l’Ungheria

Orban sfida la Corte internazionale e invita Netanyahu in Ungheria
Netanyahu e Orban
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22 Novembre 2024 - 17.44


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Il primo ministro ungherese, Viktor Orbán, noto per le sue posizioni illiberali, omofobe e reazionarie, ha dichiarato che inviterà il suo omologo israeliano, Benjamin Netanyahu, a visitare l’Ungheria in aperta sfida a un mandato d’arresto emesso dalla Corte penale internazionale (CPI), mentre i leader mondiali si dividono sulla decisione storica della corte.

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La massima corte penale mondiale ha emesso giovedì mandati d’arresto per Netanyahu, l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant e il comandante di Hamas Ibrahim al-Masri, noto come Mohammed Deif, ritenuto deceduto, per presunti crimini di guerra e crimini contro l’umanità.

Orbán, il cui Paese detiene la presidenza di turno dell’UE e che in passato ha dichiarato che non avrebbe arrestato il presidente russo Vladimir Putin, anch’egli ricercato dalla CPI, ha definito la decisione della corte “oltraggiosamente sfacciata” e “cinica”.

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“Non c’è scelta, dobbiamo sfidare questa decisione… Garantirò a Netanyahu, se verrà in Ungheria, che il giudizio non avrà alcun effetto e che non seguiremo i suoi termini,” ha detto venerdì.


Le nazioni sono divise su come rispondere ai mandati d’arresto, i primi mai emessi dalla CPI contro leader di un paese democratico.

Gli analisti di Eurointelligence hanno commentato:

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“Per noi europei, questo mandato pone un vero dilemma tra il diritto internazionale, che è il nostro diritto, e la nostra politica estera, soprattutto per quegli stati membri che sostengono incondizionatamente Israele.”

In linea di principio, Netanyahu e Gallant rischierebbero l’arresto se si recassero in uno dei 124 stati membri della CPI, tra cui le nazioni dell’UE, il Regno Unito, il Canada, l’Australia, il Brasile, il Giappone e decine di paesi in Africa, America Latina e Asia-Pacifico.

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