Gaza, il genocidio dell'infanzia

Negli ultimi 14 mesi, più di 14.500 bambini sono stati uccisi e quasi tutti gli 1,1 milioni di bambini di Gaza hanno urgente bisogno di protezione e di sostegno alla salute mentale.

Gaza, il genocidio dell'infanzia
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14 Dicembre 2024 - 19.20


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Non sono numeri, per quanto scioccanti. Sono volti, storie, vite spezzate sul nascere. Sono il genocidio dell’infanzia. 

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Negli ultimi 14 mesi, più di 14.500 bambini sono stati uccisi e quasi tutti gli 1,1 milioni di bambini di Gaza hanno urgente bisogno di protezione e di sostegno alla salute mentale.

 1,9 milioni di persone hanno abbandonato le proprie case, tra cui centinaia di migliaia di bambini.

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 Le malattie prevenibili continuano a diffondersi rapidamente, tra cui più di 800 casi di epatite e più di 300 casi di varicella.

Migliaia di bambini soffrono di eruzioni cutanee e infezioni respiratorie acute.

In sintesi, quanto sviluppato in una drammatica testimonianza-denuncia da Catherine Russell, Direttrice generale dell’Unicef.

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“[Due giorni fa], in un altro devastante attacco al campo di Nuseirat, nel centro di Gaza, secondo le notizie33 persone sono state uccise – tra cui almeno otto bambini – e 50 ferite da attacchi aerei. L’ultima violenza si aggiunge alla sconcertante cifra di oltre 160 bambini uccisi – secondo le notizie – a Gaza in poco più di un mese. Si tratta di una media di quattro bambini al giorno dall’inizio di novembre. 

I bambini non hanno iniziato questo conflitto e non hanno il potere di fermarlo, eppure stanno pagando il prezzo più alto con le loro vite e il loro futuro. Negli ultimi 14 mesi, secondo le notizie, più di 14.500 bambini sono stati uccisi e quasi tutti gli 1,1 milioni di bambini di Gaza hanno urgente bisogno di protezione e di sostegno alla salute mentale. La carestia continua a incombere nel nord del Paese e l’accesso umanitario rimane gravemente limitato.

I bambini e le famiglie di tutta Gaza devono affrontare uno sfollamento costante, che ha spinto 1,9 milioni di persone ad abbandonare le proprie case, tra cui centinaia di migliaia di bambini. A Gaza non c’è uno spazio sicuro, né un senso di stabilità per i bambini, che non dispongono di beni di prima necessità come cibo, acqua potabile, forniture mediche e vestiti caldi mentre le temperature invernali scendono. Le malattie prevenibili continuano a diffondersi rapidamente, tra cui più di 800 casi di epatite e più di 300 casi di varicella. Migliaia di bambini soffrono di eruzioni cutanee e infezioni respiratorie acute. Il clima invernale aumenta le sofferenze dei bambini.

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Il mondo non può distogliere lo sguardo quando così tanti bambini sono esposti quotidianamente a spargimenti di sangue, fame, malattie e freddo. Chiediamo con urgenza a tutte le parti in conflitto, e a coloro che hanno influenza su di esse, di intraprendere un’azione decisiva per porre fine alle sofferenze dei bambini, di rilasciare tutti gli ostaggi, di garantire il rispetto dei diritti dei bambini e di aderire agli obblighi previsti dal diritto internazionale umanitario”.  

Sì, è un genocidio

Le ricerche effettuate da Amnesty International hanno rinvenuto sufficienti elementi per portarla alla conclusione che Israele ha commesso e sta continuando a commettere genocidio nei confronti della popolazione palestinese nella Striscia di Gaza occupata.

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Nel rapporto intitolato “Ti senti come se fossi un subumano: il genocidio di Israele contro la popolazione palestinese a Gaza”, Amnesty International documenta come, durante l’offensiva militare lanciata dopo gli attacchi mortali del 7 ottobre guidati nel sud di Israele da Hamas, Israele abbia scatenato inferno e distruzione contro la popolazione palestinese di Gaza senza freni, in modo continuativo e nella totale impunità.

“Il rapporto di Amnesty International mostra che Israele ha compiuto atti proibiti dalla Convenzione sul genocidio, con l’intento specifico di distruggere la popolazione palestinese di Gaza. Questi atti comprendono uccisioni, gravi danni fisici e mentali e la deliberata inflizione di condizioni di vita calcolate per causare la loro distruzione fisica. Mese dopo mese, Israele ha trattato la popolazione palestinese di Gaza come un gruppo subumano non meritevole di diritti umani e dignità, dimostrando il suo intento di distruggerli fisicamente”, ha dichiarato Agnès Callamard, Segretaria generale di Amnesty International.

“Le nostre conclusioni devono servire a svegliare la comunità internazionale. Questo è un genocidio. Deve cessare ora, ha aggiunto Callamard.

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“Gli stati che attualmente continuano a trasferire armi a Israele devono sapere che stanno violando il loro obbligo di prevenire il genocidio e rischiano di diventarne complici. Tutti gli stati che hanno influenza su Israele, soprattutto i principali fornitori di armi come Usa e Germania così come ulteriori stati membri dell’Unione europea, il Regno Unito e altri ancora, devono agire adesso per porre immediatamente fine alle atrocità israeliane contro la popolazione palestinese di Gaza”, ha proseguito Callamard.

Negli ultimi due mesi, la crisi è diventata particolarmente acuta nel governatorato del nord della Striscia di Gaza, dove una popolazione sotto assedio è alle prese con fame, sfollamento e annichilimento tra incessanti bombardamenti e soffocanti limitazioni agli aiuti umanitari necessari per salvare vite umane.

“Le nostre ricerche mostrano che, per mesi, Israele ha continuato a commettere atti di genocidio, pienamente consapevole dei danni irreparabili che stava infliggendo alla popolazione palestinese di Gaza. Ha proseguito a farlo sfidando gli innumerevoli allarmi sulla catastrofica situazione umanitaria e le decisioni, legalmente vincolanti, della Corte internazionale di Giustizia che aveva ordinato a Israele di prendere misure immediate per consentire la fornitura dell’assistenza umanitaria ai civili di Gaza”, ha sottolineato Callamard.

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“Israele ha ripetutamente dichiarato che le sue azioni a Gaza sono legittime e possono essere giustificate dall’obiettivo militare di sradicare Hamas. Ma l’intento genocida può coesistere con obiettivi militari e non necessita di essere l’unico intento di Israele”, ha commentato Callamard.

Amnesty International ha esaminato attentamente e nella loro totalità gli atti di Israele nella Striscia di Gaza, prendendo in considerazione la loro ricorrenza e simultaneità così tanto come il loro impatto immediato quanto le conseguenze cumulative e che si rafforzavano mutualmente. L’organizzazione ha considerato la dimensione e la gravità dei danni inflitti ai civili e della distruzione. Ha poi analizzato dichiarazioni di autorità israeliane per concludere che atti vietati sono stati spesso annunciati o suggeriti da alti ufficiali responsabili dello sforzo bellico.

“Tenendo in considerazione il contesto delle preesistenti condizioni di spossessamento, apartheid e occupazione militare illegale in cui questi atti sono stati commessi, abbiamo potuto giungere a una sola ragionevole conclusione: l’intento di Israele è la distruzione fisica della popolazione palestinese di Gaza, in parallelo con l’obiettivo militare, o come strumento per conseguirlo, della distruzione di Hamas”, ha precisato Callamard.

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“I crimini di atrocità commessi il 7 ottobre 2023 da Hamas e da altri gruppi armati palestinesicontro cittadini israeliani e di altre nazionalità, che comprendono deliberate uccisioni di massa e presa di ostaggi, non possono mai giustificare il genocidio di Israele contro la popolazione palestinese di Gaza”, ha evidenziato Callamard.

La giurisprudenza internazionale riconosce che, perché venga commesso un genocidio, non è necessario che gli autori riescano a distruggere, in tutto o in parte, un gruppo protetto. È sufficiente la commissione di atti vietati, con l’intento di distruggere quel gruppo. Il rapporto di Amnesty International ha esaminato in dettaglio le violazioni commesse da Israele nella Striscia di Gaza lungo un arco di nove mesi, tra il 7 ottobre 2023 e l’inizio di luglio del 2024. L’organizzazione ha intervistato 212 persone tra le quali vittime e testimoni palestinesi, autorità locali di Gaza e operatori sanitari; ha condotto ricerche sul campo e analisi di un’ampia serie di prove materiali e digitali, comprese immagini satellitari; ha analizzato dichiarazioni di alti funzionari del governo e dell’esercito di Israele e di altri organismi ufficiali israeliani. In più occasioni, ha condiviso le sue conclusioni con le autorità israeliane ma, al momento di questa pubblicazione, non ha ricevuto alcuna sostanziale risposta.

Una scala e una dimensione senza precedenti

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Le azioni di Israele a seguito degli attacchi mortali di Hamas del 7 ottobre 2023 hanno portato la popolazione di Gaza sull’orlo del collasso. Nella sua brutale offensiva militare, alla data del 7 ottobre 2024, l’esercito israeliano aveva ucciso oltre 42.000 palestinesi, tra i quali oltre 13.300 bambini e bambine, e ne aveva feriti oltre 97.000, in molti casi a seguito di attacchi diretti o intenzionalmente indiscriminati che spesso hanno spazzato via intere generazioni familiari.

Israele ha causato una distruzione senza precedenti, che gli esperti affermano di non aver mai riscontrato per livello e rapidità in alcun altro conflitto del XXI secolo, radendo al suolo intere città e distruggendo infrastrutture fondamentali, terreni agricoli e siti culturali e religiosi. In questo modo, ha reso inabitabili intere zone della Striscia di Gaza.

Mohammed, fuggito coi suoi familiari da Gaza City a Rafah nel marzo 2024 e nuovamente sfollato nel maggio 2024, ha descritto la lotta per la sopravvivenza della sua famiglia in condizioni orribili: “Qui a Deir al-Balah è come un’apocalisse. Devi proteggere i tuoi bambini dagli insetti e dal caldo. Non c’è acqua potabile e non ci sono gabinetti, il tutto mentre i bombardamenti non si fermano mai. Ti senti come se fossi un subumano”.

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Israele ha imposto nella Striscia di Gaza condizioni di vita che hanno creato una miscela mortale di malnutrizione, fame e malattie e ha esposto la popolazione palestinese a una morte lenta e calcolata. Israele ha inoltre sottoposto centinaia di persone palestinesi di Gaza a detenzione senza contatti col mondo esterno, maltrattamenti e torture.

Esaminati separatamente, alcuni degli atti indagati da Amnesty International costituiscono gravi violazioni del diritto internazionale umanitario o del diritto internazionale dei diritti umani. Ma guardando in modo più ampio la campagna militare di Israele e l’impatto cumulativo delle sue politiche e delle sue azioni, l’unica ragionevole conclusione è quella di un intento genocida.

 L’intento di distruggere

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Per stabilire lo specifico intento di Israele di distruggere fisicamente la popolazione palestinese di Gaza in quanto tale, Amnesty International ha analizzato lo schema complessivo della condotta israeliana nella Striscia di Gaza, esaminato dichiarazioni deumanizzanti e genocide da parte di funzionari del governo e dell’esercito di Israele – in particolare di coloro che ricoprono incarichi ai più alti livelli – e preso in considerazione il contesto del sistema israeliano di apartheid, il blocco inumano nei confronti della Striscia di Gaza e l’occupazione militare illegale del Territorio palestinese che va avanti da 57 anni.

Prima di giungere alle sue conclusioni, Amnesty International ha esaminato le dichiarazioni di Israele secondo le quali il legittimo obiettivo di colpire Hamas e altri gruppi armati in tutta la Striscia di Gaza e il conseguente livello senza precedenti di distruzione e di diniego degli aiuti erano la conseguenza delle condotte illegali di Hamas e di altri gruppi armati palestinesi, come ad esempio collocare uomini armati tra la popolazione civile e deviare gli aiuti. Amnesty International ha concluso che queste dichiarazioni non sono credibili. La presenza di uomini armati di Hamas nei pressi o all’interno di un’area densamente popolata non assolve Israele dagli obblighi di prendere tutte le precauzioni possibili per risparmiare i civili e di evitare attacchi indiscriminati e sproporzionati. La ricerca dell’organizzazione ha rilevato che Israele ha ripetutamente omesso di farlo, commettendo molteplici crimini di diritto internazionale per i quali non può esservi alcuna giustificazione basata sulle azioni di Hamas. Amnesty International, inoltre, non ha rinvenuto alcuna prova che la deviazione degli aiuti abbia potuto spiegare le limitazioni estreme e intenzionali adottate da Israele nei confronti di aiuti necessari per salvare vite umane.

Nella sua analisi, Amnesty International ha preso in considerazione argomenti alternativi, quali ad esempio quello che Israele stesse agendo incautamente o che semplicemente volesse distruggere Hamas senza considerare se fosse necessario distruggere anche la popolazione palestinese, dimostrando in questo modo un brutale disprezzo per le loro vite ma non un intento genocida.

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Ciò premesso, a prescindere da se Israele considerasse la distruzione della popolazione palestinese strumentale a quella di Hamas o un’accettabile conseguenza di tale obiettivo, questa visione della popolazione palestinese come sacrificabile o non degna di considerazione è di per sé una prova dell’intento genocida.

Molti degli atti illegali documentati da Amnesty International sono stati preceduti da dichiarazioni di funzionari israeliani che ne sollecitavano la commissione. L’organizzazione per i diritti umani ha esaminato 102 dichiarazioni di funzionari governativi e militari israeliani, emesse tra il 7 ottobre 2023 e il 30 giugno 2024, che deumanizzavano la popolazione palestinese o chiedevano o giustificavano atti di genocidio o altri crimini nei suoi confronti.

Di queste 102 dichiarazioni, Amnesty International ne ha identificate 22 fatte da alti funzionari incaricati della direzione dell’offensiva militare, che paiono aver chiesto o giustificato atti di genocidio, fornendo in questo modo prove dirette dell’intento genocida. Questo linguaggio è stato frequentemente replicato anche da soldati sul terreno, come evidenziato da contenuti audiovisivi verificati da Amnesty International in cui soldati israeliani chiedono di “radere al suolo” la Striscia di Gaza o di renderla inabitabile e celebrano la distruzione di case, moschee, scuole e università palestinesi.

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Uccisioni e gravi danni alla salute fisica e mentale

Amnesty International ha documentato gli atti di genocidio e di uccisione della popolazione palestinese di Gaza e di inflizione di gravi danni alla salute fisica e mentale, esaminando le conclusioni delle proprie indagini su 15 attacchi aerei portati a termine dal 7 ottobre 2023 al 20 aprile 2024, che hanno ucciso 334 civili, tra i quali 141 bambini e bambine, e ferito centinaia di altri. Amnesty International non ha trovato prove che in alcun caso questi attacchi fossero diretti contro obiettivi militari.

In un caso esemplificativo, il 20 aprile 2024 un attacco aereo hadistrutto l’abitazione della famiglia Abdelal al-Jneinah, nella zona orientale di Rafah, uccidendo tre generazioni di palestinesi, compresi 16 bambini, mentre stavano dormendo.

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Anche se rappresentano appena una frazione del totale, questi 15 attacchi aerei di Israele sono indicativi di un modello più ampio di ripetuti attacchi diretti contro civili e obiettivi civili o di attacchi deliberatamente indiscriminati. Gli attacchi sono stati inoltre condotti in modo tale da causare un numero molto elevato di morti e feriti tra la popolazione civile.

L’inflizione di condizioni di vita calcolate per causare la distruzione fisica

Il rapporto documenta come Israele abbia deliberatamente inflitto alla popolazione palestinese di Gaza condizioni di vita intese a portare, nel tempo, alla sua distruzione. Queste condizioni sono state imposte attraverso tre schemi simultanei che hanno ripetutamente e vicendevolmente rafforzato il loro disastroso impatto: il danneggiamento e la distruzione di infrastrutture fondamentali per la vita e di altre strutture indispensabili per la sopravvivenza della popolazione civile; il ripetuto uso di ordini di “evacuazione” generici, arbitrari e confusi per sfollare forzatamente quasi tutta la popolazione della Striscia di Gaza; il diniego e l’ostacolo alla fornitura di servizi essenziali, dell’assistenza umanitaria e di ulteriori beni necessari per salvare vite umane nella Striscia di Gaza.

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Dopo il 7 ottobre 2023 Israele ha imposto un assedio totale tagliando elettricità, acqua e carburante. Nei nove mesi esaminati dal rapporto di Amnesty International, Israele ha mantenuto in vigore un blocco soffocante e illegale, ha strettamente controllato l’accesso alle fonti energetiche, non ha facilitato un significativo accesso umanitario e ha ostruito l’importazione e la fornitura di prodotti necessari per salvare vite umane e aiuti umanitari, soprattutto nelle aree a nord del corso del Wadi Gaza, esacerbando in questo modo la già esistente crisi umanitaria.

Tutto ciò, unito agli estesi danni alle abitazioni, agli ospedali, alle strutture idriche e igienico-sanitarie e ai terrei agricoli nonché agli sfollamenti forzati di massa, ha dato luogo a livelli catastrofici di fame e ha consentito la diffusione di malattie a velocità allarmante. L’impatto è stato particolarmente duro nei confronti dei bambini piccoli e delle donne in gravidanza o che allattavano, con prevedibili conseguenze di lungo termine per la loro salute.

Più volte Israele ha avuto la possibilità di migliorare la situazione umanitaria nella Striscia di Gaza, ma per oltre un anno ha ripetutamente rifiutato di prendere provvedimenti la cui adozione era chiaramente in suo potere, come ad esempio aprire sufficienti punti d’ingresso per l’accesso umanitario, attenuare le rigorose limitazioni ai beni che potevano entrare nella Striscia di Gaza o gli ostacoli alla fornitura di aiuti mentre la situazione andava progressivamente peggiorando.

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Attraverso i suoi ripetuti ordini di “evacuazione”, Israele ha sfollato quasi 1.900.000 palestinesi – il 90 per cento della popolazione della Striscia di Gaza – verso zone sempre più ristrette e insicure e in condizioni disumane, in alcuni casi anche per dieci volte. Queste multiple ondate di sfollamenti forzati hanno lasciato molte persone senza lavoro e con traumi profondi, dato che il 70 per cento degli abitanti della Striscia di Gaza è costituito da rifugiati o da discendenti dei rifugiati le cui case e i cui villaggi subirono la pulizia etnica da parte di Israele durante la “nakba” del 1948.

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