Pioniere dei primi esperimenti di web art è già dal lontano 2000 Miltos Manetas (Atene, 1964), artista di origine greca, oggi losangelino di adozione. Questi è stato fondatore del progetto artistico collettivo dal nome Neen, concepito come una web community formata da artisti, web designer e grafici, che convergevano sull’obiettivo di utilizzare la rete quale territorio creativo per realizzare i loro lavori e l’open source quale strumento per mettere in atto pratiche di socializzazione dell’arte. L’artista greco e il suo gruppo – comprendente, fra gli altri, artisti come Andreas Angelikidas, Mai Ueda, Rafael Rozendaal, Steven Schkolne, Nikola Tosic e Angelo Plessas – nell’arco di più di un decennio hanno realizzato opere sottoforma di siti, di cui la maggioranza basati su tecnologie interattive, libere e disponibili nello spazio del web. Vederne qualcuna è semplice: basta cliccare su alcuni links, sottoforma di domini, come jesusswimming.org, in cui si trova un sardonico Cristo che nuota liberamente nell’acqua. Presso lo stupidforum.org tutti possono prendere parte al dibattito. All’indirizzo di alcuni domini si trovano, infine, le libere reinterpretazioni di classici della storia dell’arte, come kosuth.com, in una riproposizione a cavallo fra il gioco e l’attività creativa di quelle tecniche originali (cfr. [url”jacksonpollock.org”]http://jacksonpollock.org/[/url]).
Oggi uno dei siti di maggior successo di Manetas dal titolo jacksonpollock.org è diventato un’app. per I-Phone e I-Pad. Che, scaricabile al modico prezzo di 0.79 cent, consente di disegnare sullo spazio della tela, virtualmente identificato con lo schermo del tablet o del telefonino, tramite la stessa tecnica di dripping e di movimento gestuale attorno alla tela creata del celebre artista americano. Dipingere come Pollock è facilissimo, dove alla gestualità si sostituisce il movimento delle mani e alla caduta delle gocce il tocco delle dita sullo schermo. Farsi artisti utilizzando la base rappresentata da un’opera del celebre artista è semplice come un gioco per bambini.
Altri artisti che sono continuamente a caccia di innovazioni tecniche approdano alle nuove tecnologie dopo aver esaurito l’esplorazione di tutti i mezzi tradizionali. E’ questo il caso di David Hockney (Bradford, UK, 1937), pittore già alfiere della prima generazione del pop inglese dagli anni Sessanta, celebre per le pitture di grandi campiture di colore e di grandi vuoti esistenziali, come quelli della serie delle Swimming Pools. Nonostante sia stato principalmente pittore, l’artista inglese durante la sua carriera si è fatto guidare dallo stimolo dell’esplorazione di tutte le tecnologie funzionali al fare arte, dove la sperimentazione è a tutto tondo: I-Phone compreso a partire dal 2008.
Quali lavori si possano ricavare dall’uso di un programma elementare come Brushes, un’app. di I-Pad destinata all’iniziazione dei bambini alla pittura, ce lo mostra in questi giorni il Louisiana Museum di Humlebæk, che espone il lavoro digitale del maestro inglese a seguito del successo della mostra parigina alla Fondation Pierre Bergé – Yves Saint Laurent dello scorso gennaio. Hockney racconta di aver inizialmente impiegato le dita e le unghie delle mani sul Tablet al posto dei pennelli, e di aver poi cominciato a dipingere tramite l’uso di un pennino elettronico. Le opere sono per lo più nature morte, vasi di fiori e i paesaggi visti dalle finestre della sua casa sulla costa dello Yorkshire inglese, pitture dotate di una profondità di spazio al tempo stesso siderale e vibrante, che a tratti ricordano le nature morte di Matisse, e che, nonostante la totale artificialità dei colori della tavolozza digitale, vivono di una profonda vitalità. (cfr. [url”David Hockney drawing on iPad in the Louisiana Café “]http://www.youtube.com/watch?v=0jabJKtqK0kare[/url])
Ma non credete a questo punto che questa pittura sia facile come un gioco da bambini. A metterci in guardia è il pittore campano Federico Lombardo (Castellammare, Napoli, 1970). Lombardo, che dal suo curriculum fatto di 54 mostre in giro per l’Italia, fra cui un partecipazione alla Biennale di Venezia del 2003, e che da qualche tempo è passato da una pittura classica realizzata ad olio ed acquerello alla pittura digitale, ci chiarisce le idee in merito. E’ vero che tutti oggi possono disporre di un telefonino, un tablet o semplicemente di un Photoshop per fare pittura, e questo fa sì che il web pulluli di artisti cosiddetti ‘digitali’ di vario ordine e grado; ma, prosegue Lombardo, la conoscenza del colore richiede sempre una pratica che è lunga e difficile, e che secondo lui deve passare necessariamente per l’esercizio della pittura tradizionale. Insomma anche questa è arte da professionisti della pittura.
Federico Lombardo (2011), Clara, detail, pittura digitale su alluminio
Quindi se la pratica della pittura tradizionale è ancora vincolata allo studio, dove risiede la sua innovatività e la semplificazione che essa introduce? La portata rivoluzionaria dell’arte digitale in versione 2.0 è soprattutto nelle enormi possibilità di condivisione che essa comporta. Ad esempio, per la mostra del Louisiana, le opere di Hockney, qui esposte sui tablet, sono destinate ad essere riprodotte, socializzate e condivise dai visitatori ed utenti I-Pad in modo facilissimo e gratuito, ovvero via QR code del telefonino. Più facile di così!
(Un’opera di David Hockney)