Chi pensa che il giorno della memoria e tutto ciò che ad esso è
collegato riguardi l’oblio, e dunque il problema sia spiegare con
raccontare per “saperne di più”, secondo me impiega una quantità
spropositata di energie a partire da una premessa sbagliata.
La questione del Giorno della Memoria riguarda invece se si prova
vergogna oppure no. Perché nessuno, né tra i carnefici né tra gli
spettatori, si è mai dimenticato niente. Semplicemente pensava che fosse
un merito (e dunque l’ha tenuto bene a mente) o che non valesse la pena
preoccuparsi (e l’ha collocato tra le cose viste ma di secondaria
importanza).
E in relazione al proprio percorso interiore ha costruito un’etica,
una spiegazione del mondo, un modo di vivere, oltreché un modo di agire,
che non sono tanto giustificativi del passato, quanto e soprattutto
normativi del presente e prescrittivi per il futuro.
Il Giorno della
Memoria non è un evento per far sì che l’oblio si riduca, ma per
suscitare disagio della memoria. Ovvero per suscitare vergogna e
dunque per proporsi (e predisporsi) a un futuro diverso.
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