Prendi quello che vuoi, ma lasciami la mia pelle nera
Top

Prendi quello che vuoi, ma lasciami la mia pelle nera

Il 10 gennaio esce “Prendi quello che vuoi, ma lasciami la mia pelle nera” (Jaca book) del poeta e scrittore senegalese Cheikh Tidiane Gaye

Prendi quello che vuoi, ma lasciami la mia pelle nera
Preroll

Desk Modifica articolo

9 Gennaio 2013 - 18.46


ATF

«Da poeta che sono, nero e africano, rivendico la mia Negritudine e nello stesso tempo la mia italianità, la terra che mi ospita e mi accoglie, una terra in cui scopro ogni giorno i sapori, gli odori e anche la complessità. Ho scelto l’italiano come lingua di comunicazione, una lingua che ritengo universale, musicale, bella e piena di sensazioni. Appartengo, quindi, alla produzione letteraria italiana e mi rifiuto di essere catalogato “scrittore migrante”». Nel suo nuovo libro Prendi quello che vuoi, ma lasciami la mia pelle nera, in uscita per Jaca book, il poeta e scrittore senegalese Cheikh Tidiane Gaye racconta una storia da cui si dipanano altre storie, a volte sgranate come in rosario, altre ripescate con incursioni nella memoria. «La sua – scrive il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, in prefazione – è una lunga affabulazione che ha per oggetto l’identità: ogni uomo ne possiede una, inalienabile e necessaria». Ma, a volte, altri uomini provano a strappargliela, in nome dell’omologazione. Accade allora che qualcuno si lasci derubare e che altri, come Gaye, si fermino, alzino e la testa e dicano: “No!”. E non per sé, ma per tutti coloro che non hanno voce. «In particolare – prosegue Pisapia – per “tutti gli immigrati d’Italia, i profughi, i rom e gli zingari che ogni giorno devono convivere con atti discriminatori”». Secondo il primo cittadino di Milano si può mutare tutto questo a patto che lo si voglia. «Che si provi a guardare la Storia, la specie umana, la vita con occhi diversi. Quello che i “Nuovi Italiani” chiedono è quello che ogni democrazia ha il dovere di garantire: “Voglio essere me stesso, guardare il futuro e difendere i miei diritti. La vita nei nostri paesi è molto difficile, in occidente lo è lo stesso. Quando lotteremo facendo prevalere i nostri diritti abbinandoli ai nostri doveri, continuiamo la nostra lotta: uguaglianza e diritti sociali”. Proprio su questo postulato, così difficile da accettare per troppi, si chiude il libro, in una lettera piena di tenerezza, orgoglio e passione al figlio mulatto: “Hai un’eredità: la fiamma dell’uguaglianza deve illuminare ogni stanza buia e sofferta” Questa è una speranza; ma per noi realizzarla è un dovere» conclude Pisapia.

Leggi anche:  Il pensiero sistemico di Fritjof Capra: una guida per affrontare le sfide del nostro tempo

[GotoHome_Home]

Vai alla sezione Libri

Native

Articoli correlati