Califano, tutto il resto è noia
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Califano, tutto il resto è noia

Franco Califano resta un grande chansonnier, un cantautore immenso e un autore prolifico e sempre di qualità. Un poeta, un grande artista. [Francesco Troncarelli]

Califano, tutto il resto è noia
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30 Marzo 2013 - 23.30


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di Francesco Troncarelli

L’ultimo amico va via, come cantava in una delle sue canzoni più famose, ma questa volta, se ne è andato definitivamente e non dal bar del rione come quel personaggio della storia raccontata con sapiente malinconia. Se ne è andato a sorpresa e a fari spenti lasciandoci tutti più poveri, orfani della sua umanità e voglia di vivere alla grande.

Poeta, anticonformista, ribelle, artista maudid e dalle amicizie borderline, protagonista di storie di cronaca nera e cronaca rosa, attore di cinema e di fotoromanzi, idolo di una certa Roma ai confini della legalità e al tempo stesso di tanta gente di ogni ceto sociale innamorata della sua musica, Franco Califano resta comunque un grande chansonnier, un cantautore immenso e un autore prolifico e sempre di qualità.

Un uomo dalle spalle larghe e dalla creatività innata, con la capacità di raccontare il vissuto quotidiano della gente, fosse di borgata come in quel brano portato al successo da Edoardo Vianello e Wilma Goich in coppia, o fosse dei quartieri alti della città, l’una e l’altra alle prese con i problemi che da sempre tormentano le rispettive esistenze. La vita, l’amore, l’amicizia. Non a caso qualcuno molto acutamente l’ha definito il Prevert di Trastevere.

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Ecco perché fra i tanti brani che ha scritto, il suo capolavoro assoluto resta “Tutto il resto è noia”, una canzone dal sapore amaro ma irresistibile che dipinge su musiche di Frank Del Giudice, il malessere esistenziale di una passione che si spegne piano piano nella routine.

Pubblicato nel 1976 ed inserito nel suo quarto album (33 giri etichetta Ricordi), sulla cui copertina c’è un bambino dal cognome che rimanda ad echi di malavita, ovvero l’allora piccolo Eros Turatello, figlio del boss milanese Francis, amico del Califfo, “Tutto il resto è noia” è considerato dalla rivista Rolling Stone, uno fra i cento dischi italiani più belli di sempre ed è per lui, quello che gli americani chiamano “signature song”, il brano cioè con cui si identifica subito un cantante.

Sicuramente è la canzone che gli ha regalato una nuova credibilità artistica, dopo le vicissitudini giudiziarie che avevano movimentato in negativo la sua esistenza e lo avevano allontanato dalla ribalta. Un brano che segna il riscatto come artista e forse anche come uomo, rilanciandolo a pieno titolo e senza falsi moralismi, come cantautore con la “c” maiuscola.

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Franco, nato per sbaglio a Tripoli, da genitori campani, ma romano d’adozione, la voce roca e lo sguardo sornione da bel tenebroso, aveva sul braccio tatuato “tutto il resto è noia”, la frase di questa canzone che gli ha dato la notorietà e la fama imperitura e che avrebbe voluto come suo epitaffio.

Ora che non c’è più, ora che tutti lo piangono dopo averlo magari tenuto a debita e snobistica distanza, nel riascoltarlo con malinconia e profondo dispiacere, siamo noi a dire che con la sua scomparsa dal mondo dello spettacolo, tutto il resto è veramente noia. Maledetta noia.

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