Borgna, l'intellettuale mite offeso dalla sua città
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Borgna, l'intellettuale mite offeso dalla sua città

Se n'è andato discretamente come aveva vissuto. Fu protagonista di quelle che venne definito il Nuovo Rinascimento romano. [Giancarlo Governi]

Borgna, l'intellettuale mite offeso dalla sua città
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Giancarlo Governi Modifica articolo

20 Febbraio 2014 - 12.27


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Se ne è andato discretamente come aveva vissuto. Era stato un grande protagonista della cultura, anche a livello politico, sostenendo i sindaci migliori che ha avuto la Capitale, Rutelli e Veltroni.
Gianni fu protagonista, ma sempre rimanendo un passo indietro, di quelli che il sindaco di Parigi Delannoe ha definito gli anni del “Nuovo Rinascimento romano”. Quando Roma tornò ad essere la grande protagonista della cultura mondiale. Sono gli anni in cui si rilanciano i musei e se ne aprono di nuovi, sono gli anni della costruzione e del lancio dell’Auditorium che Roma attese per 70 anni, da quando cioè fu demolito il teatro sopra l’Augusteo. Sono gli anni in cui si aprono la Casa del Cinema, del jazz, della memoria, delle Letterature e tantissime altre iniziative.
Ma Gianni non fu soltanto un grande organizzatore della Cultura ma fu lui stesso protagonista con i suoi libri, con la sua straordinaria conoscenza del mondo musicale e della cultura popolare. Con i suoi film documentari, con il suo lavoro su Pier Paolo Pasolini.
Dopo 14 anni di impegno come assessore alle politiche culturali Gianni Borgna passò alla presidenza dell’Auditorium, la Fondazione “Musica per Roma”, dove rimase fino alla fine del suo mandato in anni del grande lancio della massima istituzione musicale della Capitale. Il sindaco Alemanno lo sostituì con il presidente della associazione industriali. E questo la dice tanto sull’interesse che quel sindaco ebbe per la cultura.
L’amministrazione Marino non ha trattato meglio Gianni Borgna, che è stato prima ignorato e poi offeso quando dopo essere stato proposto come Presidente del Teatro di Roma, fu impallinato da tal Peciola (faccio il suo nome soltanto a sua perpetua vergogna) senza che il sindaco dicesse una parola in sua difesa.
Per parlare della straordinaria opera di Gianni Borgna per Roma non ho trovato di meglio che riproporre un articolo che scrissi circa un anno fa su Globalist.

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25 marzo 2013

“La va a poche ore…” dice un vecchio canto di mondine. La permanenza di Alemanno sul Campidoglio non andrà “a poche ore” ma la va ormai “a settimane”. La sinistra si sta preparando alla riconquista di un ruolo ricoperto con Rutelli e Veltroni per 15 anni, durante i quali Roma è stata chiamata a far fronte ad avvenimenti eccezionali e impegnativi come il Giubileo del 2000 e i funerali di Papa Wojtyla.

La sinistra si sta preparando senza avere la minima idea su chi sarà l’uomo o la donna su cui puntare per la competizione con Alemanno che, ovviamente, si ripropone per il bis. E si prepara alle primarie senza avere una idea di come dovrebbe essere un sindaco di sinistra, oggi, della Capitale, degno di continuare l’opera di Rutelli e Veltroni. I candidati sono nomi messi lì a caso, oppure si tratta di autocandidature velleitarie. Candidature che per lo più non tengono conto della storia di Roma e del Partito Democratico e che dimostrano che non c’è continuità, come invece c’è stata con la scelta di Zingaretti alla Regione Lazio, o che non si è trovato nulla che possa cambiare tutto e sparigliare.

Riflettevo su queste questioni leggendo il bel libro di Gianni Borgna “Una città aperta” (Dino Audino Editore) in cui si racconta quello che è stato unanimemente definito il “nuovo rinascimento romano” negli anni di Rutelli e Veltroni. Già, che fine ha fatto Gianni Borgna, l’uomo che, come assessore alla cultura ha fatto la fortuna di questi due sindaci? Perché il rinascimento di Roma fu soprattutto un rinascimento culturale. Con Gianni Borgna si riaprirono i musei che osservavano orari scomodi per i visitatori, si costruì finalmente l’Auditorium che mancava a Roma da 70 anni; si dette una degna sistemazione all’Ara Pacis che, anche se non piaceva al sindaco Alemanno che avrebbe voluto smontarla e portarla in periferia, ha fatto diventare l’Ara di Augusto il monumento più visitato dopo il Colosseo.

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Ma l’elenco delle opere culturali di questo periodo a Roma è lungo da fare concorrenza al catalogo che tiene aggiornato Leporello, il servitore di Don Giovanni. Prima dell’arrivo di Borgna, Roma era tagliata fuori dalle attività culturali europei. Prima. chi voleva vedere delle mostre importanti doveva andare a Parigi, dopo erano i parigini a venire a Roma, alle Scuderie di Quirinale (aperto in quegli anni), al Palazzo delle Esposizioni (ristrutturato e rilanciato in quegli anni), al Chiostro del Bramante, agli spazi ricavati al Vittoriano, che è diventato un monumento vivo e pieno di iniziative culturali e non più una fredda montagna di marmo. Si aprirono nuovi musei dedicati all’arte contemporanea come il Macro e il Maxxi.
Con Gianni Borgna si riaprirono i cinema che avevano chiuso, si adibirono bellissimi edifici abbandonati e restaurati (come la Casina delle Rose di Villa Borghese) o sequestrati alla criminalità (come la Casa del Jazz sequestrata all’amministratore della banda della Magliana) a casa delle letterature, casa del cinema, dell’architettura, del jazz e altre. Soprattutto si dette valore alla archeologia antica, aprendo nuovi scavi e rendendo accessibili siti mai aperti o chiusi da anni.
Si riprese la tradizione dell’Estate Romana, una invenzione di Renato Nicolini, il quale investì Roma che non aveva mai avuto una politica culturale, con una valanga di iniziative “effimere”. Sarà Gianni Borgna a trasformare l’effimero in permanente, ma in quel 1977 Nicolini aveva capito che il suo compito era quello di risvegliare i romani, di dare loro coraggio, di invitarli a riappropriarsi della Città. Inventò l’estate romana. In ogni piazza anche di periferia, e non soltanto nel meraviglioso e unico centro storico, Nicolini portò cultura, svago, divertimento, musica, cinema e persino poesia (il Festival dei Poeti di Castelporziano).
Dopo le giunte di Argan, Petroselli e Vetere ci fu una filiera di giunte centriste che alla città non solo non lasciarono niente ma la accompagnarono a una decadenza che sembrava irreversibile. Roma non sembrava una capitale europea ma una città in piena decadenza sociale, fisica e culturale. Fu la legge sulla elezione diretta del sindaco che dette ai comuni nuove chance. Insieme a una stabilità di governo. Il sindaco eletto con la nuova legge ha i numeri per governare di fare e disfare la giunta a piacimento senza dipendere dai partiti che finivano non solo per condizionarlo ma anche per ricattarlo.
Rutelli prima e Veltroni poi trassero profitto dai vantaggi della legge e fecero rinascere la città anche dal punto di vista culturale. Un anno dopo la rielezione di Veltroni che ottenne una maggioranza bulgara al primo turno, a Borgna fu dato un vero riconoscimento: lo nominarono presidente dell’Auditorium, ruolo che lui ricoprì benissimo portando il parco della musica all’attivo e inventando iniziative importanti che sfruttano questo meraviglioso spazio fino alle sue possibilità e lo hanno fatto diventare un vero motore culturale della Città. Alla scadenza del mandato, Alemanno nonostante le pressioni che gli venivano da tutte le parti politiche e culturali, lo sostituì con il presidente dell’associazione industriali, la cui competenza in fatto di musica, a distanza di due anni, non è stata ancora provata.
Ora Gianni Borgna è abbandonato da tutti, nessuno si ricorda più di lui, soprattutto dei grandi meriti che ha avuto al servizio di Roma. A ricordarlo, soprattutto al Partito Democratico, ora c’è questo libro, impreziosito dalla prefazione del Sindaco di Parigi, Bertrand Delanoë, il quale dice: “All’inizio di un anno che vedrà l’Italia alle prese anche con le elezioni amministrative, auspico che la città di Roma ritrovi la strada della rinascita e dell’umanesimo che quei bellissimi 15 anni hanno saputo aprirle e farle imboccare”. E questo mi sembra un grande omaggio a Rutelli e Veltroni, ma anche a Gianni Borgna.

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