di Giovanna Casagrande
Giovanni Moro, sindaco a Orgosolo negli anni ’80, periodo in cui i sindaci in Barbagia erano nel mirino della malavita, fu tra i protagonisti a [url”Pratobello”]http://it.wikipedia.org/wiki/Rivolta_di_Pratobello[/url].
Lei nel 1969 aveva 27 anni, che ricordo ha di quegli avvenimenti che coinvolsero la politica e la società di quel tempo?Ripensando a quel periodo provo un sentimento misto di nostalgia e di delusione, perché il lavoro, i sacrifici e i rischi anche personali corsi dai militanti del Circolo Giovanile, da noi fondato a Pasqua del 1967 con più di cento iscritti iniziali, non hanno ottenuto i risultati sperati, certamente per nostra colpa, ma soprattutto per colpa di una classe politica incapace e subalterna alle decisioni venute dall’alto.
Basti pensare alla vicenda di Ottana con la scelta di installare un’industria primaria come quella petrolchimica che ha lasciato il deserto, nessun indotto e un territorio devastato e inquinato.
A questa scelta il circolo di Orgosolo fu uno dei pochi, assieme al Circolo Città-campagna di Cagliari, ad opporsi e anche per questo fummo accusati di opporci al progresso e alla nascita di una classe operaia in grado di prendere la testa della lotta per l’emancipazione delle popolazioni delle zone interne dalla loro arretratezza economica e sociale. Non solo, ma alcuni di noi, da sempre militanti del Pci, furono radiati o espulsi perché non avevano rispettato la linea del partito, agli inizi del 1970, dopo la lotta di Pratobello.
Le notizie storiche legate a quel periodo parlano di Orgosolo come sede di un importante movimento culturale che consentì questa reazione popolare.Un gruppo di giovani avevano fondato un Circolo che aveva come fondamento costitutivo la volontà di coinvolgere il maggior numero di persone in attività che migliorassero le condizioni culturali, politiche ed economiche di una comunità che attraversava un momento delicato di passaggio da una condizione di isolamento ad uno di coinvolgimento in una società aperta ed egemonica che imponeva dall’esterno delle regole all’interno delle quali Orgosolo, gli orgolesi e tutta la Sardegna non aveva possibilità di giocare da protagonisti, ma da partecipanti subalterni.
Per far questo, in primis, in un periodo di profonda crisi economica ed esistenziale, i fondatori del Circolo si impegnavano a resistere a Orgosolo, anche se avessero avuto delle possibilità migliori legate all’emigrazione, per dedicarsi ad attività di promozione di occasioni di incontro al di fuori dei luoghi tradizionali: i partiti, la chiesa o il bar.
Pertanto, sfruttando anche la , diciamo così, notorietà acquisita da Orgosolo come luogo di studi più che altro antropologici, in genere dedicati alle società marginali, riuscimmo a mettere in piedi una serie di manifestazioni culturali alle quali parteciparono gli intellettuali di maggiore spicco, sardi e non, gravitanti soprattutto attorno alle Università.
Una seconda fase si caratterizzò inevitabilmente per l’attività politica, anche e soprattutto al di fuori dei partiti, con la promozione di assemblee popolari, come esempio di democrazia diretta, alle quali facevano seguito vere e proprie lotte per l’occupazione, il miglioramento delle condizioni di vita della gente sul lavoro, nella scuola etc., dando anche molta importanza ai rapporti con organizzazioni similari che nascevano e operavano in quasi tutti i paesi delle Zone interne.
Per noi era essenziale promuovere informazione come mezzo di coinvolgimento della popolazione,in particolare donne e bambini, e usavamo tutti i mezzi a nostra disposizione, dai volantini quasi quotidiani ai manifesti prodotti artigianalmente, dai quali nacquero in seguito i murales…
Un primo risultato importante fu quello di indurre i giovani a frequentare la sede del Circolo e a disertare i bar; quindi, dopo l’occupazione del Comune per alcuni giorni, a trasformarlo in Casa del Popolo aperta veramente a tutti, dopo aver dichiarato in assemblea la decadenza del Consiglio comunale, della Giunta e del Sindaco. Lo slogan diffuso nei volantini e immortalato sulla porta del municipio era: Il popolo decide, il sindaco firma.
Pratobello avrebbe dovuto diventare sede di un poligono delle forze di polizia, tutto ciò era legato al piano di Rinascita che vedeva nel banditismo un blocco allo sviluppo della Sardegna?La lotta di Pratobello fu solo la più conosciuta occasione per praticare il metodo da noi sempre seguito di coinvolgere la gente e la conclusione di un’attività che ci ha consentito di essere sempre in sintonia con la gente, con i suoi bisogni e con le sue aspirazioni, purtroppo sempre in difesa di qualcosa che qualcuno voleva sottrarci, delle poche di cui potevamo disporre: vedi soprattutto i terreni comunali, sia, prima, con l’istituzione di un parco mastodontico che avrebbe dato il colpo di grazia alla pastorizia, poi col tentativo di installare una nuova servitù militare sulla gran parte del territorio…
Cosa tutto questo avesse a che fare con la Rinascita lo lascio giudicare agli altri: noi sapevamo che, invece, c’era il tentativo, col pretesto di combattere la criminalità, di occupare e popolare il territorio con giovani provenienti da altre regioni d’Italia i quali fossero immuni dal virus del banditismo, che sembra gli orgolesi avessero nel sangue, trasmettendo la loro immunità anche attraverso i matrimoni misti..
Nei giorni scorsi migliaia di sardi hanno pacificamente “invaso” Capo Frasca chiedendo la chiusura della base militare in loco, qualcuno ha trovato delle analogie con Pratobello, lei è d’accordo?Non ho partecipato all’invasione, ma, dalle notizie apparse sui mezzi d’informazione e sui social, mi è parso di capire che i dimostranti provenissero da tutta la Sardegna e che fossero molto pochi quelli locali, al contrario di quanto accadde a Pratobello, quando gli orgolesi furono lasciati pressoché soli.
Da un lato, è chiaro che le lotte, storicamente, possono risultare vincenti soprattutto se i diretti interessati le combattono uniti e credono di poter vincere, dall’altro, è indispensabile l’appoggio e l’impegno delle organizzazioni politiche e sindacali o, come in questo caso con la Regione, delle istituzioni locali.
Da questo punto di vista Pratobello fu un’eccezione, mentre la vertenza Capo Frasca, chiamiamola così, e quella più generale della riduzione delle servitù militari può avere successo anche senza una mobilitazione totale delle popolazioni della zona, purché ci sia, accanto a quello della Regione, un impegno popolare più ampio, come mi sembra sia accaduto nei giorni scorsi.
Lei è stato sindaco di Orgosolo, le sembra che , attualmente, il ruolo dei sindaci che operano nei vari territori sia depotenziato?La risposta a questa domanda richiederebbe un trattato, pertanto mi limito a ricordare che, attualmente, i sindaci, da un lato hanno un maggior potere politico, derivante dall’elezione diretta da parte dei cittadini, mentre, dall’altro, hanno minore potere amministrativo, demandato ai dirigenti e ai funzionari comunali, secondo il principio per cui la politica non dovrebbe intromettersi in procedimenti, vedi appalti ed opere pubbliche, nei quali è possibile avere tentazioni poco lodevoli.
Questo è un principio sacrosanto e la maggiore autorevolezza di un sindaco rispetto ad un altro deriva evidentemente da altre ragioni, sia di carattere personale che più generale, quale la diminuita credibilità del sistema dei partiti o la tendenza, soprattutto nei piccoli comuni, da parte di gruppi di cittadini. a dare vita a liste civiche di tutti i tipi, fra le quali è difficile riconoscere idee politiche e amministrative precise, in ottemperanza al principio prevalente, che sostiene la morte le ideologie, dopo la caduta del muro di Berlino, o, addirittura, la fine della Storia.
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