Di Encerrados, il progetto di Valerio Bispuri, avevamo parlato qualche tempo fa, quando era in via di ultimazione. Ora il lungo lavoro di Bispuri, durato dieci anni, trova la sua forma ideale in un libro pubblicato da Contrasto Books, con la prefazione di Roberto Saviano e un commento dello scrittore e giornalista uruguaiano Eduardo Galeano.
Il racconto fotografico di Bispuri ci fa entrare dove nessuno entrerebbe se non fosse costretto: nel mondo dei rinchiusi. Ci fa vedere attraverso le sbarre di metallo, dietro le recinzioni e nei cortili circondati dalle mura, dentro le celle, nei corridoi bui e stretti. Ci fa entrare nelle latrine. Ci mostra i volti dei detenuti, si muove tra quelli più pericolosi del Sudamerica, nei reparti dove nemmeno le guardie entrano più. Come nel padiglione numero 5 del carcere di Mendoza in Argentina, in cui per entrare Bispuri firma un documento con cui si assume tutta la responsabilità della propria decisione. Entra senza nessuno che lo accompagni e con le gambe che gli tremano, come racconta lui stesso. All’interno del Padiglione numero 5 ci sono novanta detenuti, i più violenti di tutti. Ma nessuno gli farà del male, anzi gli mostrano cosa fotografare e chiedono di raccontare cosa ha visto, le condizioni spietate in cui sono costretti a scontare la loro pena. Valerio Bispuri lo fa, organizza una mostra e svela agli occhi dell’Argentina la polvere nascosta sotto il tappeto. Mette a fuoco l’umanità dei prigionieri in cui chiunque può riconoscersi, costringendo a guardare con gli occhi spalancati un atto di disumanità perpetrato in nome dello Stato. Grazie a lui e Amnesty International il Padiglione numero 5 verrà chiuso.
“Encerrados non è un libro sulle carceri; è un libro sulla libertà perduta, sulla libertà mai avuta”, scrive Roberto Saviano nella prefazione e continua, “l’obiettivo di Bispuri era puntato sulla mancanza di libertà che spesso precede e segue la vita di chi finisce in prigione. La mancanza di libertà, e quindi di scelta, è ciò che ha condannato le migliaia di detenuti che Bispuri ha raccolto con il suo obiettivo”. La mancanza di libertà in Ecuador, in Argentina, in Cile, in Uruguay, in Brasile, in Colombia in Venezuela che sono poi i paesi in cui Valerio Bispuri va a visitare le carceri, va a indagare.
In 10 anni di lavoro, foto dopo foto Bispuri ha avuto la possibilità di capire molte cose sulle regole di questo ambiente chiuso, le leggi che lo abitano; ha avuto la possibilità di vivere sulla propria pelle l’esperienza del carcere attraverso il contatto con migliaia di detenuti e di guardie, spinto sempre dal desiderio di raccontare, e quindi di conoscere studiare analizzare, un continente attraverso il mondo dei detenuti. “Le carceri sono un riflesso della società, uno specchio di quello che succede in un paese, dai piccoli drammi alle grandi crisi economiche e sociali” scrive Bispuri all’interno del libro, nel racconto del suo lungo viaggio nelle carceri.
Dice: “Ho capito che una scarpa legata fuori dalla cella significa che in quel posto si vende droga”.
E anche: “Che le donne detenute non hanno diritto alla “visita intima” (rapporti sessuali con i propri compagni) al contrario dei detenuti uomini”.
Ancora: “Ricordo le sacche di urina che mi hanno tirato i detenuti arrabbiati a Quito”.
Ancora: “Non posso scordare la minaccia di un coltello puntato sul collo”.
E ancora: “Non dimentico l’urlo di un ragazzo di Como, dentro per spaccio di cocaina, che mi ha salvato la vita avvisandomi di uscire immediatamente perché era pronta per me una siringa di sangue infetto”.
Chi ha avuto modo ci conoscere Bispuri, di stare ad ascoltarlo per un po’, sa bene la carica, l’energia che riesce a trasmettere, l’amore per la fotografia, per il fotogiornalismo, e in generale per le cose della vita, per i rapporti umani. Tutto ciò, ascoltarlo, guardare le sue fotografie, non può che far nascere un forte rispetto per il suo lavoro e senz’altro per la sua persona.
Di “Encerrados” si continuerà a parlare a lungo, un libro importante, prezioso, che non dimenticheremo facilmente. Quando il fotogiornalismo non è solo documentazione, testimonianza, sommo servizio di indagine e denuncia per una società; quando un reportage fotografico diventa racconto universale grazie all’arte fotografica, attraverso un nuovo profondo sguardo, nuove visioni sul mondo che ci costringono a guardare gli altri diversamente, nuovamente, come se stessimo guardando noi stessi per la prima volta. È il caso del lavoro di Bispuri e di “Encerrados”. Un capolavoro.
(Luca Tortolini)