La paura di oggi è la solitudine: l'ultima lezione in Italia di Bauman
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La paura di oggi è la solitudine: l'ultima lezione in Italia di Bauman

Lo scorso 15 ottobre, il sociologo polacco, morto ieri, aveva chiuso con la lezione magistrale “Società e paure” il Festival delle Generazioni organizzato da Fnp a Firenze

Zygmunt Bauman a Firenze: foto di Michele Monasta
Zygmunt Bauman a Firenze: foto di Michele Monasta
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10 Gennaio 2017 - 15.05


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“Se pensi all’anno prossimo, semina il granturco. Se pensi ai prossimi 10 anni, pianta un albero. Se pensi ai prossimi 100 anni, istruisci le persone”. Per concludere “Società e paure”, l’incontro tenutosi il 15 ottobre scorso al Teatro Verdi di Firenze con cui si è concluso il Festival delle Generazioni organizzato da Fnp Cisl, Zygmunt Bauman aveva scelto questo detto cinese che spiega le chiavi per un futuro migliore: l’esposizione al dialogo con l’altro, la consapevolezza della crescente ineguaglianza globale e sociale e l’introduzione di questi temi all’interno delle scuole. Ed è con questo detto che gli organizzatori del festival hanno voluto ricordare il sociologo polacco scomparso ieri all’età di 91 anni. “Ricordiamo oggi il grande filosofo e sociologo polacco, padre della società liquida”, scrivono sulla loro pagina Facebook. 

“La paura di oggi è quella di non essere notati e si confonde la vita su Facebook con quella vera”. Con un parallelo con la società immaginata da George Orwell in “1984”, Bauman si era soffermato sul potere della Rete e dei social network. “Ogni volta che si usa il cellulare, quell’azione viene registrata per sempre, c’è qualcuno da qualche parte che sa esattamente dove vi trovate, sa chi siete, dove siete. E la stessa cosa avviene quando si usano le carte di credito – aveva detto – C’è qualcuno che segue le vostre attività quotidiane e questo diventa di enorme interesse a livello di potere politico ed economico”. Ma c’è una differenza con il protagonista del romanzo di Orwell: “Oggi non abbiamo paura di essere visti troppo, abbiamo paura della solitudine, il virus che mina e compromette il senso della vita è l’esclusione, l’abbandono. E su questo traggono vantaggio i social network”. (lp)

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