Conoscere un Paese attraverso la lettura è cosa molto frequente e non necessariamente si deve citare Bruce Chatwin. Lo facevano i nostri nonni vedendo le misteriose località del subcontinente Indiano attraverso le parole di Emilio Salgari, pur se quei luoghi non li aveva né li avrebbe mai visitati, vivendo gran parte della giornata a sognare un mondo che non avrebbe mai conosciuto.
Nell’epoca in cui le televisioni rimandano in sequenza continua immagini e storie che riguardano i Paesi più lontani, c’è ancora un margine per farsi aiutare da un libro per approfondire la conoscenza di un Paese peraltro a noi vicinissimo, ma che per gli italiani è purtroppo limitata a pochi elementi: archeologia, turismo, gastronomia. Ed è sorprendente avere scoperto i greci – non la Grecia – grazie alle pagine scritte da Petros Markaris, immeritatamente etichettato come il Camilleri greco o riduttivamente come il Simenon dell’Attica solo perché il suo genere preferito è il poliziesco. Immeritatamente perché Markaris, che ha fatto del commissario Costas Charitos il personaggio chiave dei suoi romanzi, ha una sua personalissima cifra stilistica lontana da quello assolutamente originale del papà di Montalbano, la cui sola attinenza è che entrambi non scrivono opere corali, affidando al solo protagonista il peso del racconto.
Markaris ha scelto come ambientazione Atene e le sue contraddizioni: città bellissima e assediata dal traffico; città bellissima e ribelle ai nodi scorsoi che le sono stati imposti dalla grave crisi economica; città bellissima eppure triste perché per troppo tempo abbandonata a sé stessa. Markaris, oggi ottantenne, è famosissimo in patria e famoso soprattutto in Europa. Ed il perché sta tutto nel modo lieve con cui racconta vicende dolorose, sempre filtrate attraverso la bonomia del commissario Charitos, uomo di solidi principi (cosa che gli ha impedito di fare carriera, relegandolo, tra alti e bassi, al ruolo di capo della Omicidi ateniese, un incarico che presto potrebbe lasciare per motivi anagrafici) che ha attraversato, con strazianti conflitti interni, gli anni del regime dei colonnelli, quando ogni comunista era, per definizione, qualcuno da perseguire, arrestare e magari torturare. Un passato che Charitos si porta dietro e che riesce a rendere meno angosciante solo grazie all’amicizia con un ex oppositore del regime, Lambros Zizis, che conobbe il carcere (e fu lì che il commissario lo incontrò) e che nei romanzi è il controcanto materialista al mondo ideale del suo interlocutore. La Grecia di Charitos (di cui La Nave di Teseo ha appena pubblicato la nuova indagine, la decima, ‘Il prezzo dei soldi’, 326 pagine, 19,00 euro) sgorga dall’incedere quotidiano della vita, scandito dall’amore sconfinato per la figlia Caterina (avvocato, impegnato nella difesa dei diritti umani, a cominciare da quelli degli immigrati) e dall’irrefrenabile loquela della moglie, Adriana, che ha un proverbio per ogni circostanza e che, moderna Santippe, ha da ridire su tutto e tutti, portabandiera di quella saggezza popolana che ne fanno un personaggio assolutamente irrinunciabile, per certi versi il contraltare ciarliero e petulante della tranquilla, ma assolutamente determinata ‘signora Maigret’.
‘Il prezzo dei soldi’ non si discosta dal cliché tradizionale di Markaris: un evento drammatico (tre omicidi di cui, stranamente, i responsabili quasi fanno a gara per farsi arrestare subito), la voglia di Charitos di non fermarsi alla prima e più comoda risposta; superiori che pensano più da politici che da poliziotti; un Paese che si sente fuori dalla crisi (ma questa è una fictio letteraria dell’autore) e che non si chiede come questo può accadere e quindi spera di potere tornare al passato. Quello stesso passato fatto di sprechi e ruberie che Markaris ha sempre messo all’indice, attraverso i monologhi interiori del commissario Charitos, voce narrante di ogni romanzo. Che non è un investigatore da scrivania, ma neppure da ‘mani in alto o sparo’. E’ un uomo che vorrebbe restare sempre tranquillo (nonostante il continuo cicaleccio della moglie che sopporta con cristiana rassegnazione) e chiudere le sue serate come ama: seduto sulla poltrona preferita, davanti alla tv rigorosamente spenta, a compulsare i lemmi dell’amatissimo Dimitrakos, il dizionario greco più antico.
Con ‘Il prezzo dei soldi’ Petros Markaris non regala solo una nuova gradevole lettura poliziesca, ma una nuova serie di pennellate del grande affresco che, con ogni suo libro, fa della sua patria e della sua gente. Quella gente che, sentendo forse la crisi alle spalle, riprende le vecchie abitudini, tra processioni e pranzi rituali, con i tempi e i modi di un popolo che le traversie dovrebbero avere reso più duro e che invece sembra frinire al cielo come le cicale.
Petros Markaris e quei delitti per raccontare la Grecia di ieri e di oggi
La Nave di Teseo pubblica 'Il prezzo dei soldi', la decima inchiesta del commissario Charitos, immeritatamente etichettato come il Camilleri greco
Diego Minuti Modifica articolo
1 Settembre 2017 - 17.01
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