I Savi di Sion: storia della menzogna che giustificò l'Olocausto
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I Savi di Sion: storia della menzogna che giustificò l'Olocausto

Elio Lannutti ha ritirato fuori una della bufale più assurde della storia, che risale addirittura ai tempi dello Zar Nicola II

Una stampa antisemita
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27 Gennaio 2023 - 09.53


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I protocolli dei Savi di Sion, una delle più pericolose bufale più antiche del mondo, che ha avuto l’incredibile capacità di risbucare fuori qui e là nella storia recente. 

Le origini dei mitologici ‘Protocolli dei Savi Anziani di Sion’ – che sarebbero un rapporto delle riunioni che i savi di Sion appunto terrebbero ogni 100 anni nel Cimitero di Praga, per decidere il destino del mondo – risalgono a un libello francese del 1864 di Maurice Joly, intitolato “Dialogo agli inferi tra Machiavelli e Montesquieu”. In realtà, nel testo di Joly non si fa alcun riferimento agli ebrei, ma solo a un gruppo di cospiratori (a loro volta ispirati a un fantomatico complotto gesuita immaginato da Eugene Sue nel romanzo I Misteri del Popolo’). 

Da questo libello si scatenò l’immaginazione di un agente della polizia segreta russa, tale Pytor Ivanovich Rachovsky, che riprese l’opera di Joly e ideò per la prima volta i Savi di Sion. L’obiettivo di Rachovsky era minare il movimento bolscevico che puntava alla rivoluzione, collegandolo al forte antisemitismo già presente in Russia. 

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Nel 1911, Serge Nilus, uno scrittore religioso e consigliere dello Zar Nicola II, diede alle stampe parecchie edizioni dei ‘Protocolli’, inventando che li aveva recuperati da una base sionista francese.

Dopo il successo della Rivoluzione russa, molti nobili russi furono costretti a fuggire all’estero, dove conservarono molte copie dei protocolli, che rimasero nascosti fino al 1920 quando, in Inghillterra, sulla pagine del Morning Post, comparve un estratto dei Protocolli, recuperati da due cronisti antisemiti. 

Sempre nel 1920, una copia dei Protocolli comparve in Polonia e l’anno seguente, in Palestina e in Siria, gli arabi cominciarono a utilizzare i Protocolli per delegittimare l’occupazione ebrea, sostenendo che fosse parte del piano per conquistare il mondo. 

Nel frattempo, i Protocolli sbarcarono negli Stati Uniti: Boris Bastrol, un editore che era stato al servizio dello Zar ed era scappato per la Rivoluzione, pubblicò i Protocolli in inglese. Una copia del libro finì nelle mani nientemeno che di Henry Ford, magnate delle auto, che possedeva anche un giornale: nel 1920 il Dearborn Independent pubblicava una serie di articoli chiamati “L’Internazionale Ebrea: il Principale Problema del Mondo”. 

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Anni dopo Ford si scusò per l’errore, ma il danno ormai era fatto. 
I Protocolli raggiunsero la Germania nel 1918 per mano di Alfred Rosemberg, futuro ideologo del partito nazista, che ne sentì parlare quando era uno studente a Mosca. Rosemberg era estone e lasciò la sua città natale a causa della Rivoluzione russa.


Rosemberg era solito tenere letture pubbliche dei Protocolli. E chi se non Adolf Hitler, nel 1925, fa parte del suo pubblico? Dopo il Mein Kampf, il libro di Rosemberg Il Mito del 20° Secolo, è stato il più influente testo nazista della storia, utilizzato per giustificare l’odio verso gli ebrei. Entro il 1944 aveva venduto più di un milione di copie. 


È incredibile vedere come la bufala dei Protocolli continui a spuntare fuori, anche in tempi recentissimi: in Egitto, una serie tv intitolata Faris bila Gawad (Cavallo senza cavaliere) è basata sugli immaginari protocolli ed è stata un successo in patria. Una copia dei Protocolli è stata pubblicata nel 2005 in Siria, da una casa editrice vicina al regime. 

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