La vittoria di Mahmood diventa un caso politico: travaso di bile di destra, Lega e M5s
Top

La vittoria di Mahmood diventa un caso politico: travaso di bile di destra, Lega e M5s

Da Giorgia Meloni a Francesco Storace, i commenti si sprecano e dimostrano che la vittoria di Mahmood è più importante che mai

Mahmood
Mahmood
Preroll

Giuseppe Cassarà Modifica articolo

10 Febbraio 2019 - 16.03


ATF

Ci sarebbe da pensare che Giorgia Meloni, Maria Giovanna Maglie, Francesco Storace e compagnia cantante abbiano vissuto negli ultimi decenni su un altro pianeta: perché sono anni che le regole di Sanremo sono queste, invariate, con l’unica eccezione degli anni in cui vinsero Povia, Marco Carta e Valerio Scanu. Il vincitore è decretato dalla media del voto di tre giurie, e la giuria popolare ha solo un terzo dell’influeza. 
Quindi, con questa storia che Mahmood sarebbe arrivato terzo se si fosse dato ascolto solo alla giuria popolare, i vari contestatori di destra hanno, francamente, rotto: le regole non sono state modificate per far vincere Mahmood. La giuria d’onore e la Sala Stampa hanno usato il loro potere per portare sul podio il loro preferito. Un voto politico? Assolutamente sì, perché Sanremo e la politica vanno a braccetto da sempre ed è inutile che facciamo gli ipocriti e diciamo che ‘ha vinto la musica’. Le canzoni, a Sanremo, c’entrano come i cavoli a merenda. Mahmood ha vinto perché è quello che è, perché ha una sua storia, perché in questo momento in Italia far vincere un ragazzo italiano di origine egiziane ha valore politico. 
E lo dimostrate voi stessi, contestatori della domenica: lo dimostra Salvini quando, tre minuti dopo la vittoria di Mahmood, scrive su Twitter “migliore canzone italiana?!?” con quell’aggettivo che ha sempre in bocca, ‘italiana’, posto lì per scatenare le gozzoviglie razziste e sovraniste dei suoi degni compari, per i quali puoi essere nato a Milano centro, se hai la pelle nera sei comunque un immigrato. 
Lo dimostra la Maglie, che è disgustosa con quel suo ‘meticciato’ usato lì a intendere una cosa sola: sangue misto, sangue sporco. Ed è inutile che nel tweet successivo si rifugia dietro la definizione di meticciato presa dalla treccani, quella parola l’hai usata per una ragione e la ragione era insultare. 
Ovviamente all’appello non poteva mancare Giorgia Meloni: “mi chiedo che senso abbia far votare (a pagamento) il pubblico se poi la giuria dei soliti noti decide di testa sua di far vincere chi sarebbe arrivato terzo con solo il 14% delle preferenze. Una presa in giro”. Ancora? Qualcuno ha obbligato il pubblico a votare? Gli hanno spillato questi soldi dalle mani? Non è forse vero che, all’inizio di ogni serata Baglioni, Bisio e la Raffaele hanno ripetuto il regolamento fino allo sfinimento? Chi ha votato e speso sapeva che il suo voto avrebbe influito solo per un terzo. E se non lo sapeva, ignorantia legis non excusat: o, nell’italiano che piace a voi, sono cazzi loro. 
La verità è che voi stessi, con questo atteggiamento schifoso, state dimostrando che la vittoria di Mahmood è più importante che mai. Perché il fatto che abbia vinto questo ragazzo sta sollevando delle polemiche legate esplicitamente alla sua etnia, cosa che non sarebbe mai accaduta se avesse vinto Il Volo o Ultimo. State lì, con la bava alla bocca, indignati che uno con la pelle un po’ più scura di voi mozzarelline di bufala possa arrogarsi il diritto sacrosanto di chiamarsi italiano al 100%, come e più di voi. E state, ed è questa la cosa che fa più rabbia, rovinando la vittoria di questo ragazzo, meritata anche da un punto di vista musicale, considerate le altre due opzioni in campo. Dovreste solo vergognarvi. 
Post scriptum sui cinque stelle all’acqua di rose: fa molto ridere che Di Battista scriva su Facebook: “Mi scandalizza che la politica sia entrata pure a Sanremo, non certo la canzone di Mahmood. Esistono tanti tipi razzisti in Italia, anche quelli che utilizzano la vittoria di un cittadino italiano a scopo elettorale”. Peccato che con quelli che lo fanno ci state governando insieme.

Leggi anche:  Sanremo si reiventa: verso un festival diffuso tra tradizione e innovazione
Native

Articoli correlati