Scurati: "Mai come quest'anno ricordare la Liberazione ha un profondo significato"
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Scurati: "Mai come quest'anno ricordare la Liberazione ha un profondo significato"

L'opinione dell'autore di 'M: il figlio del secolo', primo volume di una trilogia dedicata alla figura di Benito Mussolini, con il quale ha vinto il Premio letterario 'Strega'.

Antonio Scurati
Antonio Scurati
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8 Aprile 2020 - 16.02


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Solo pochi giorni orsono, in un discutibile editoriale, il “Giornale” della famiglia Berlusconi aveva accarezzato ancora la pancia fascista del paese e il direttore si era compiaciuto che a causa dell’epidemia, questo 25 aprile ci saremmo risparmiati la retorica della Liberazione e della Resistenza.
E per sostenere questa tesi ributtante aveva aggiunto che questa era l’unica cosa positiva dell’epidemia di Coronavirus, alla faccia dei quasi 20 mila porti.
Ma c’è chi la pensa in maniera diversa: “Negli ultimi anni, la ricorrenza del 25 Aprile era stata da alcuni contestata o quanto meno ritenuta non necessaria: ebbene, su questo voglio essere lapidario e dire che mai come quest’anno ricordare e in qualche modo festeggiare l’anniversario della Liberazione ha un pieno e profondo significato. Perché quest’anno l’Italia si trova, come mai prima dal dopoguerra a oggi, di fronte a un dramma collettivo, a una tragedia nazionale, che impone prepotentemente un ritorno ai valori della nostra comunità, a un destino generale, al di là di ogni individualismo, egoismo, edonismo”.
E’ quanto ha detto lo scrittore Antonio Scurati, autore di ‘M: il figlio del secolo’, primo volume di una trilogia dedicata alla figura di Benito Mussolini, con il quale ha vinto il Premio letterario ‘Strega’.
Osserva Scurati: “Mai come quest’anno diventa significativo e necessario commemorare e festeggiare il 25 Aprile, come esempio alto e luminoso di un momento della nostra Storia in cui gli italiani, attraverso guerre e conflitti anche civili e intestini, si sono ritrovati come comunità nel fronteggiare una tragedia e un lutto che riguardava tutto il Paese, lottando per un futuro più giusto, più libero, più rispettoso della vita individuale, in un’ottica di unità nazionale, di difesa del bene comune. A questo tipo di sguardo, ci risveglia dolorosamente ma necessariamente questa pandemia da coronavirus: uno sguardo che troppo a lungo è rimasto spento, se non cieco, piegato a una concezione individualistica dell’esistenza”.
Qui, spiega lo scrittore, “non si tratta di essere ‘migliori di prima’, cosa sulla quale non mi faccio eccessive illusioni; la questione vera rimanda a una modalità che non è morale ma politica. Quel che è necessario è riguadagnare un orizzonte politico della nostra esistenza individuale, che per troppo tempo abbiamo smarrito, al di là della partecipazione attiva alla vita elettorale o più in generale alla vita politica”.
“Non condivido le metafore belliche nel descrivere l’attualità drammatica che stiamo vivendo, non è una guerra questa contro il coronavirus – sottolinea Scurati – Ma ritengo molto appropriato il paragone con il dopoguerra, fatte ovviamente le debite proporzioni da quella immane apocalisse che fu la seconda guerra mondiale, inteso come momento in cui un Paese raccoglie tutte le sue forze morali, culturali, materiali, spirituali, per costruire un mondo nuovo: non si dovrà tornare al mondo di prima”.

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