“Resterà sicuramente negli annali italiani, il 23 aprile 2020. In quel giorno, all’apice dell’epidemia, si è infatti concluso un notevole riassetto dell’informazione italiana. Il gruppo finanziario Exor ha formalizzato la catena di comando che controlla il maggior gruppo giornalistico italiano (Repubblica, Espresso, Stampa, giornali locali, siti web, radio); cardine dell’operazione il licenziamento del direttore di Repubblica Carlo Verdelli, minacciato di morte. (….) Tutto il gruppo editoriale (compresa la sua storia, il suo capitale umano, il suo “vecchio giornalismo”) è stato valutato 103 milioni di euro; è stato notato che per quella cifra si sarebbe potuto comprare solo uno dei garretti di Cristiano Ronaldo. Poche proteste; d’altronde, come avrebbe detto Bobi Bazlen, “Ciò che non vuole morire deve crepare”.
Così scrisse Enrico Deaglio sul Post lasciando La Repubblica. Che dal 24 aprile è diventata altra cosa. Nuova azienda, nuovo ad e direttore generale (l’ingegner Scanavino), nuovo direttore di Repubblica (Molinari). Altri hanno lasciato il gruppo Gedi, Gad Lerner ad esempio, una delle grandi firme.
“Ciò che non vuole morire deve crepare”, dunque. A gestire le radio del gruppo – Deejay, Capital, M20, ci penserà il direttore editoriale Linus, l’eterno pischello di Foligno, il super giovane dell’etere, quello che prende in giro gli animalisti (e se li trova sotto casa incazzatissimi) e sempre “giocando” definisce gli omosessuali “culattoni”, il re dell’intrattenimento che meno musica, meno temi, molto cazzeggio, molta pubblicità, tagli sulla pelle degli altri e quindi bilanci che alla fine rientrano. Spetterà tecnicamente a lui, l’uomo dei grandi numeri, mettere le mani su Capital (le altre due già le controlla in famiglia con il fratello Albertino). Le mani sulla radio di Vittorio Zucconi, che a un anno dalla morte viene celebrato come un genio, e lo era, costretto a subire il massacro della sua creatura. Anzitutto dimezzamento della redazione informazione: da 14 a 7 giornalisti. L’aria pare pesa. E infatti in un venerdì di giugno, 12 giugno, “salta” il primo programma di Capital. Quello voluto da Massimo Giannini, emigrato in fretta a la Stampa bianconera nonostante la fede romanista. Salta Cactus Basta Poca Acqua, lo conduce Concita De Gregorio, la grande firma della Repubblica di Scalfari e Mauro, che ebbe come unica colpa assumersi la direzione dell’Unità e ancora ne paga le conseguenze con cause milionare e lo sbertuccio costante. Due anni di programma, quotidiano, moltissime celebrazioni, pure un premio come migliore trasmissione radio dell’anno eppure ciaone. In rete è l’inferno, i fans chiedono conto, minacciano di andare sotto la radio a Largo Fochetti, Roma. Fanno petizioni, si stringono a coorte, scrivono messaggi. Andate a leggere su Fb, su Instagram.
E gli altri programmi saranno tutelati? Tipo il Tg Zero (con la premiata coppia Buffoni- Murgia), e gli approfondimenti del mattino? E i programmi musicali? E le storiche voci?
Aveva ragione Bobi Bazlen e aveva ragione Deaglio. Nel gruppo Gedi: “Ciò che non vuole morire deve crepare”. Qualcuno ad Arcore starà stappando la migliore delle bottiglie.
Che peccato.
(Ad. Meier)