Vi racconto Papa Francesco davanti al disordine mondiale
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Vi racconto Papa Francesco davanti al disordine mondiale

Sarà disponibile tra breve il libro di Riccardo Cristiano dal titolo: "Bergoglio o barbarie - Francesco di fronte al disordine mondiale", editore Castelvecchi.

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24 Giugno 2020 - 19.40


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Sarà disponibile tra breve il libro di Riccardo Cristiano dal titolo: “Bergoglio o barbarie – Francesco di fronte al disordine mondiale”, editore Castelvecchi.

Ecco un brano

 

Si era appena consumato il più grande trauma che la storia europea abbia conosciuto, la sanguinosa conquista da parte del sultano Mehmet II di Costantinopoli, la Nuova Roma. Davanti a quello scenario da fine del mondo uno dei più autorevoli cardinali del tempo, Nicola Cusano, si chiuse in se stesso per alcuni mesi. Nacque un’opera non voluminosa ma molto importante nel quadro di quegli scritti filosofici, teologici e matematici che ne fecero uno dei padri della modernità: il De pace fidei. Al suo centro c’è un’idea: «Una sola religione secondo diversi riti».
Cosa dice oggi questo sforzo enorme? Dice che paura, odio e accuse non sono la risposta, solo la ricerca di un reciproco riconoscimento ci potrà restituire ciò che abbiamo perso: l’altro.
Una religio in rituum varietate: queste parole sgomentano tutti i bigotti, che nella nostra finitezza pensano di poter inserire l’infinito. Si concentrano sull’unica religio, mentre il punto è la varietate dei riti. Cusano non prefigurava il supermercato delle religioni, un ipermercato dove ognuno può prendere quel che gli interessa, né fondava la mega-religione universale. No. Giuseppe Ruggieri, uno dei più importanti teologi italiani, ha detto che scrisse di riti perché ci vedeva uniti dal culto del padre, non da un’inesistente religione unica. Questo consente di riconoscere, nei riti diversi, le differenze teologiche, che vanno preser- vate in modo che ciascuno sia davvero se stesso. La frase più bella di Cusano lo spiega benissimo: «La vera concordia è intessuta con fili diversi». Qui basto anch’io per capire.
Abbiamo seguito la strada indicata da Nicola Cusano? Un grande amico che mi manca moltissimo e del quale ti parlerò, il gesuita Paolo Dall’Oglio, mi ha fatto capire che per farlo il cristianesimo deve capirsi come religione in movimento, altrimenti non è cristianesimo. Dunque è una religione sempre nuova, perché si pone le domande del presente. Mentre parlava di questo ricordo benissimo che pensai che il suo cristianesimo invece che pensare alla salvezza degli altri pensava a salvarci insieme con gli altri. Questo cristianesimo non si definisce a priori, piut- tosto direi che appartiene all’ordine del divenire. Parlando con Paolo mi sono convinto che possiamo azzardare e mischiare i piani: c’è un cristianesimo immobile, quello che fissa un solo paradigma, quello romano, che propone una concreta “cristianità”, in carne e ossa, ritenendola esemplare, addirittura normativa. Il selvaggio deve essere salvato, portato in questo sistema perfetto. Non la pensano così gli integralisti altrui? Ti faccio però l’esempio del cristianesimo per il peso maggiore che ha avuto l’Occidente con il quale è stato (o si è) identificato: e la pratica del- la globalizzazione reale attribuita all’Occidente e quindi al cristianesimo ha prodotto rigetti. E infatti il buono che c’era e c’è nella globalizzazione come processo è scomparso. Quante persone sono uscite dalla miseria con la globalizzazione? È vero, ma è l’idea uniformante che ha determinato il rigetto. Bin Laden ha interpretato questo rigetto: «Sfidiamo il terrorismo globale dell’America, diventiamo noi la nuova America con il nostro terrorismo globale». È un esempio estremo di violenza mimetica. Così la paura ci ha spinto, nell’emisfero occidentale come in quello orientale, verso un altro paradigma: ognuno a casa sua, con il suo odio, la sua religione, il suo capo. Il culto dell’unico Dio esclude quello di imperatori, capi, nazioni? Pazienza, il nuovo culto li unirà.

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Quando tutto sembrava perso, il cammino indicato da Cusano è tornato a vedersi. Il Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune firmato da papa Francesco e dall’imam al- Tayyeb 566 anni dopo Cusano, il 4 febbraio del 2019, è molto più di un passo avanti nel dialogo islamo-cristiano: questo documento riguarda tutti e propone di superare l’eterna dialettica escludente, quella amico- nemico, con il pensiero antinomico, o se preferisci la dialettica includente. Gli opposti non sono contrapposti, gli opposti, come polo positivo e polo negativo, sono indispensabili. In un’intervista a padre Antonio Spadaro, Bergoglio ha detto: «I limiti vanno superati non negandoli. Le opposizioni aiutano. La vita umana è strutturata in forma oppositiva. Ed è quello che succede adesso anche nella Chiesa. Le tensioni non vanno necessariamente risolte e omologate». La Chiesa stessa è polare: spiritualizzazione e incarnazione, impossibile scegliere. Provoca così un’intristita tenerezza chi valuta un evento come la firma del Documento sulla fratellanza scorrendo il sommario del catechismo: come aiutarlo a vedere che la civiltà dell’armonia tra le culture è antica e comune a tutte le grandi culture? Tanti credono di sapere che questo possa essere vero, ma non per l’islam. Eppure il grande ibn ‘Arabi, nel XI secolo, scriveva: «Non saprai nulla della religione se non rispetterai tutte le creature». Era tanto grande quanto eccentrico, dicono molti. Prima di lui il quasi sconosciuto Umayyah ibn Abis-Salt al-Andalusi compose questa poesia: «Se sono fatto d’argilla/ la terra tutta è il mio paese/ e tutte le creature sono miei parenti». Questo poeta andaluso era un altro eccentrico, o esprimeva una consapevolezza diffusa? La civiltà dell’armonia è fondamentale nel magistero di Francesco. Già nell’omelia che pronunciò a Lampedusa, l’8 luglio 2013, lui ricordò che dicendo «Adamo dove sei?» Dio indica che «Adamo è un uomo disorientato che ha perso il suo po- sto nella creazione perché crede di diventare potente, di poter dominare tutto, di essere Dio. E l’armonia si rompe, l’uomo sbaglia e questo si ripete anche nella relazione con l’altro» arrivando a Caino e Abele e alla seconda domanda: «Caino, dov’è tuo fratello?».
La risposta a questa domanda ha a che fare con Raffaello. Perché: «Come il genio dell’artista sa comporre armonicamente materie grezze, colori e suoni diversi rendendoli parte di un’unica opera d’arte, così la diplomazia è chiamata ad armonizzare le peculiarità dei vari popoli e Stati per edificare un mondo di giustizia e di pace, che è il bel quadro che vorremmo poter ammirare». Questo poteva dirlo solo Bergoglio, lui sa che l’armonia non nega i conflitti, non occulta i problemi: l’armonia si costruisce insieme.
Ma lo scontro di civiltà ci ha convinti che avremo sì i nostri principi, ma dobbiamo pensare soprattutto ai nostri interessi, anche se per farlo dovessimo tradirli, i nostri principi. Certo, i problemi sono diventati enormi e non serve a nessuno fingere che sormontarli sia facile: ma non ci dice nulla il confronto tra i volti sorridenti delle giovani afghane nelle fotografie degli anni ’70, oppure dei tanti che leggevano Gramsci nei campus indonesiani o egiziani di quel tempo e lo sguardo di un jihadista di oggi? Forse il pluralismo è talmente iscritto nel progetto di Dio che nessun progetto totalizzante è ammissibile dall’uomo. Così dal punto di vista dei cristiani e dell’Occidente il papa nato nel Global South tessendo con diversi fili supera l’identificazione tra la sua religione e la cultura greco-romana, avviando la costruzione del cristianesimo globale, quello che entra davvero in molteplici culture portandole nel cristiane- simo; ecco la portata globale di un altro evento ecclesiale: il sinodo sull’Amazzonia, che riconosce e inserisce la cultura dei popoli amazzonici nel cristianesimo tutto. Quel cardinale che ha biasimato l’incontro del papa con degli “uomini pennuti” lo spiega meglio di chiunque altro. Sembra proprio convinto, Bergoglio, che l’identità cristiana non possa realizzarsi nella negazione dell’altro.
Quello di Francesco dunque è il pontificato della diversità riconciliata. Hai notato che il primo giorno del 2020 ha voluto fare i suoi auguri anche ai non credenti? «Anche loro sono nostri fratelli» ha detto. Questo mi commuove, perché scorgo una prospettiva che dico così: il suo centro è il Regno di Dio, che non vuol dire imporre una corona, ma praticare il comandamento; amare il prossimo, a partire dai poveri… Dunque il Regno di Dio è qui, adesso, in quello che ciascuno fa… per umanizzare, contro la disumanizzazione. È qui che Francesco misura la fedeltà al Dio trinitario

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