di Adelmina Meyer
Sarà capace la RAI di approntare intelligenti modifiche ai palinsesti di fine anno, considerato che si dovrà stare a casa, mentre fuori e negli ospedali si prova a domare la pandemia. Modifiche ai palinsesti, capaci di offrire una adeguata programmazione, rispettando anche i contratti pubblicitari, la RAI avrebbe dovuto già farlo. Segnali in questo senso non si colgono, si coglie invece una inarrestabile fuga verso piattaforme al passo con i tempi e che offrono prodotti di alta qualità. Sulla necessità di arrivare ad una modifica dei palinsesti, evitando il facile raschiamento del fondo del barile, pieno di repliche, interviene il segretario della Commissione Parlamentare di Vigilanza, Michele Anzaldi. “Alla luce dell’indicazione del presidente del Consiglio di rimanere chiusi in casa nei giorni di Natale, Santo Stefano e Capodanno senza potersi spostare – è la domanda che si fa, e che fa, il parlamentare di Italia dei Valoro – la Rai si sta muovendo per organizzare, per quei giorni, dei palinsesti davvero speciali e degni del servizio pubblico? Oppure avremo le solite repliche di film visti e rivisti, trasmissioni improvvisate, telegiornali a mezzo servizio, show appaltati a società esterne e agenti?” Per Anzaldi, “sarebbe doveroso che già nei prossimi giorni l’azienda facesse conoscere le trasmissioni previste per quelle giornate, altrimenti sarebbe opportuno rivolgersi alle tv commerciali e chiedere a loro uno sforzo in più”. Per farlo – aggiungiamo noi – ci vorrebbero intelligenza, competenza e velocità, note che a viale Mazzini latitano. Da quelle parti c’è chi giura che al settimo piano c’è chi la tv non la vede proprio, neanche quella per la quale è stato chiamato.
“La Rai – ricorda il segretario della Vigilanza – peraltro, dispone di un’ampia libreria di film e prodotti televisivi anche inediti che vengono tenuti nei cassetti. Si pensi al caso segnalato alla Vigilanza de “La prima donna”, la docufiction vincitrice del Nastro d’Argento 2020 che racconta la storia di Emma Carelli, prima donna al mondo ad aver diretto un teatro d’opera. Una storia che accende i riflettori sulla parità di genere, di cui la Rai detiene i diritti di messa in onda ma che da mesi viene tenuta in archivio senza essere trasmessa”.
Riuscirà la Rai a fare la sua parte, a dimostrare di meritare i soldi del canone che continua a ricevere, anche in tempi di crisi economica? Noi abbiamo buoni motivi per dubitare. Se non lo facesse, sarebbe l’ennesima conferma del’inadeguatezza dell’attuale governance, e che determinati servizi oggi appaltati alla Rai e determinate quote di canone andrebbero messi a bando per altri operatori, come il caso Chili con il ministero dei Beni culturali costretto a rivolgersi a Cdp e ai privati, invece che alla Rai, per la nuova piattaforma cosiddetta “Netflix della cultura”.