"Fascisti d'America": viaggio nella galassia d'estrema destra degli Stati Uniti
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"Fascisti d'America": viaggio nella galassia d'estrema destra degli Stati Uniti

Federico Leoni, da anni attento osservatore della realtà statunitense, ha raccontato questa complessa rete composta di partiti, gruppi, milizie, siti web e guru

Nazisti americani
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10 Marzo 2021 - 21.41


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di Marco Santopadre

 

Parlare di fascismo negli Stati Uniti evoca, per i più, le lugubri immagini degli incappucciati del Ku Klux Klan con le loro croci infuocate oppure i “nazisti dell’Illinois” stigmatizzati nel film “The Blues Brothers”.
Ma la galassia dell’estrema destra statunitense è assai più vasta e magmatica, e negli ultimi decenni si è notevolmente arricchita di nuovi soggetti.
Un recente libro molto utile per orientarsi in questa rete composta di partiti, gruppi, milizie, siti web e guru è sicuramente “Fascisti d’America”, pubblicato dal giornalista di Sky TG24 Federico Leoni, da anni attento osservatore della realtà statunitense.
Si tratta di una lettura agevole ma al tempo stesso assai dettagliata, in grado di fornire al lettore sicuramente una mappa delle principali sigle e tendenze della cosiddetta alt-right americana, la destra radicale che si sente “alternativa” tanto al pensiero liberal dominante nel Partito Democratico quanto ai conservatori fino a pochi anni fa egemoni all’interno del Partito Repubblicano.
“Fascisti d’America” – edito da Paesi Edizioni – contiene inoltre alcune preziose indicazioni cronologiche, che ci permettono di seguire l’evoluzione delle principali tendenze fino all’assalto al Campidoglio del 6 gennaio scorso.
I punti di inflessione, spiega il libro, sono in particolare due. Il primo coincide con l’elezione alla Casa Bianca di Barack Obama, primo presidente afroamericano degli Stati Uniti. Il secondo invece corrisponde all’affermazione di Donald Trump alle primarie repubblicane e poi alla sua inaspettata affermazione alle presidenziali del novembre 2016.
Se per molti americani la vittoria di Obama ha rappresentato uno storico risultato per la lotta per i diritti civili, per una parte consistente degli statunitensi – soprattutto per le zone rurali, gli stati del sud, alcune ex città industriali decadute del nord – la vittoria nel 2008 del candidato democratico ha costituito un evento nefasto che ha creato le condizioni per una rivitalizzazione dell’estrema destra razzista che ha potuto cominciare ad affermare, sulla rete, una strategia basata sulle fake news e il complottismo che contraddistingue tuttora l’alt-right.
Come spiega Leoni, l’affermazione di un presidente nero – e oltretutto considerato illegittimo in quanto nato al di fuori degli States (in molti ricorderanno la campagna diffamatoria condotta contro Obama dai cosiddetti birthers) – rafforza le paure di un’America profonda ignorante e violenta, impoverita da anni di politiche liberiste e impaurita dai rapidi cambiamenti demografici: la “sostituzione etnica” dei veri americani da parte degli immigrati; il divieto alla circolazione libera delle armi che lascerebbe i “veri americani” privi di difesa di fronte alle prepotenze degli apparati statali; i piani per impossessarsi del potere da parte dei grandi burattinai internazionali.

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Quando Trump sbaraglia prima i competitori dell’establishment repubblicano e poi la sfidante democratica Hillary Clinton – odiata da destra in quanto donna e liberal, e da sinistra in quanto esponente di un modello politico liberista in economia e interventista in politica estera – le ansie e le paure dell’America profonda trovano un campione, un rappresentante attorno al quale si coagula tutta la destra radicale ed estrema. Se Trump trova in queste realtà dei sostenitori organizzati e ampiamente radicati nel web e nei social media, i vari gruppi utilizzano il Presidente per amplificare il proprio messaggio e conquistare agibilità e legittimazione.
Nel nuovo inquilino della Casa Bianca si riconoscono tutta una serie di soggetti spesso molto diversi gli uni dagli altri, impegnati spesso in aspre polemiche e competizioni: dai membri di ciò che resta del Ku Klux Klan ai neonazisti veri e propri, dai suprematisti bianchi ai gruppi maschilisti e tradizionalisti (i primi sostenitori del “realismo razziale”, i secondi del “realismo sessuale”), dai miliziani sostenitori del diritto a possedere armi e a vivere liberi dalle pastoie e dai controlli imposti dallo Stato Federale fino alla cosiddetta “alt-lite”, la destra radicale sofisticata e intellettuale.

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All’ombra di Trump, che sa dosare efficacemente prese di posizione e campagne propagandistiche, crescono nuove tendenze, come i complottisti di QAnon o i Proud Boys, che dall’epicentro statunitense cominciano ad estendere i propri argomenti e i propri tentacoli nel resto dell’occidente. Lo slogan trumpiano “rendiamo l’America di nuovo grande” rinvigorisce i vari gruppi e li dota di un orizzonte strategico comune, individuando i nemici esterni – i competitori degli Stati Uniti a livello internazionale, sempre meno obbedienti ai diktat di Washington – e quelli interni: i neri, i latinos, le femministe, i gay, i liberal, i “comunisti”, gli islamici, gli ebrei.
La parola d’ordine “Make America great again” rassicura e mobilita ampi strati delle popolazione, impensieriti dalla disoccupazione, dai continui tagli al welfare e dalla crisi del tradizionale ruolo dominante statunitense nel mondo, e orienta il rancore nei confronti di categorie additate come capri espiatori di questo declino e di questa crisi epocale del gigante americano. Di più, le mobilitazioni del movimento “Black lives matter” contro le violenze e gli omicidi commessi dalla polizia a danno dei cittadini afroamericani impegnano i gruppi più scalmanati dell’alt-right anche sul terreno concreto dello scontro razziale e militare, congeniale a quelle milizie armate di tutto punto che sognano, e preparano, quella che considerano una salvifica “seconda rivoluzione americana”, una “seconda guerra civile” che restituisca l’onore e la vittoria agli sconfitti di quella che insanguinò il paese dal 1861.

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La descrizione della genesi, delle caratteristiche e dell’evoluzione delle principali tendenze della destra estrema negli Stati Uniti è efficacemente corredata, nel libro di Leoni, da un glossario che elenca alcuni termini chiave e da una descrizione dei simboli e dei loghi che caratterizzano questa variegata e spesso contraddittoria galassia.

Galassia che oggi, nonostante la sconfitta di Donald Trump, potrebbe ritrovare nuova linfa nella rabbia e nelle sofferenze causate dallo stress da isolamento e dalla crisi economica dovuta alla pandemia. Si tratta di condizioni che potrebbero creare un brodo di coltura utile al proliferare ulteriore delle tendenze più estremiste del panorama dell’alt-right e quel terrorismo nero già responsabile di innumerevoli stragi e omicidi in un paese che spesso sottovaluta – colpevolmente – il pericolo rappresentato dai gruppi armati suprematisti e dai lupi solitari.

 

Federico Leoni, “Fascisti d’America. La destra radicale negli Stati Uniti”, Paesi Edizioni, pp. 176, 16 euro

 

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