Irlanda del Nord: verità, onore e sangue
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Irlanda del Nord: verità, onore e sangue

Non Dire Niente ricostruisce la storia di Jean McConville, donna protestante vedova di un militare cattolico, rapita nel 1972 dall'Ira il cuo corpo fu ritrovato solo nel 2003

Jean McConville
Jean McConville
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14 Marzo 2021 - 18.22


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di Rock Reynolds

Chiedetelo a un cittadino dell’Irlanda del Nord e, se ha un minimo di onestà intellettuale, vi dirà senza problemi che la guerra fratricida che ha insanguinato l’Ulster dalla fine degli anni Sessanta al 1998 non c’entra nulla con la religione. Dunque, non protestanti contro cattolici. Semmai, la comunità protestante e quella cattolica contrapposte per la difesa strenua dei privilegi acquisiti nei secoli dalla prima ai danni della seconda, da quando Oliver Cromwell decise di sistemare quell’isola riottosa a modo suo e di soffocarne per sempre gli slanci libertari. La strategia britannica era chiarissima: divide et impera! Come farlo? Importando coloni presbiteriani dalla Scozia, dando loro le terre migliori e i titoli nobiliari per imporvi le loro decisioni e avvalendosi dei signorotti irlandesi la cui fede cattolica e il cui patriottismo non erano incrollabili e occupavano un posto sotto al denaro nella lista delle priorità.

Ecco perché la pace in questa terra martoriata resta una conquista fragile e la lettera inviata al premier britannico Boris Johnson il 3 marzo scorso dai principali gruppi paramilitari unionisti per contestare i nuovi scenari post-Brexit testimonia una lacerazione profonda. Ma la lacerazione non riguarda esclusivamente la comunità protestante e il dossier giornalistico Non Dire Niente (Mondadori, traduzione di Manuela Faimali, pagg 528, euro 22) di Patrick Radden Keefe – che si legge quasi come fosse un romanzo, avvincente com’è – lo testimonia ampiamente. 

Chi non conosce approfonditamente la storia dei “Troubles” – i guai, come ha finito per essere quasi simpaticamente nota la guerra civile nordirlandese – troverà nel libro di questo giornalista un ottimo punto di partenza e chi, invece, di letture sull’argomento ne ha già fatte, coglierà spunti per ulteriori riflessioni. Non Dire Niente ricostruisce, a partire da nastri e dichiarazioni lungamente secretati e conservati negli archivi della Boston University, la tristissima vicenda umana di Jean McConville, una donna protestante vedova di un militare cattolico nonché madre di dieci figli, rapita nel 1972 da un commando dell’Ira e scomparsa nel nulla fino al rinvenimento del suo cadavere sepolto sotto una spiaggia nel 2003.

La storia della donna, considerata un’informatrice degli inglesi invasori, si intreccia nella sapiente narrazione di Patrick Radden Keefe, alle storie personali di Gerry Adams (discusso presidente dello Sinn Féin), di Brendah Hughes (uno dei più leggendari soldati dell’Ira) e, soprattutto, di Dolores Price (guerrigliera glamour finita sulle copertine di rotocalchi dell’epoca).

I detrattori di questo libro lo accusano di analizzare gli aspetti più cupi del conflitto solo attraverso le gesta meno nobili dei combattenti cattolici (i repubblicani o nazionalisti) e la critica è in parte vera, dato che il filo rosso che in Non Dire Niente ripercorre le tappe salienti dei Troubles segue pure gli sviluppi dell’indagine sulla sparizione della McConville e le reticenze e i depistaggi che l’hanno accompagnata, pur essendo risaputo che di storie raccapriccianti di violenza settaria ce ne sono state altrettante, probabilmente anche più numerose, dall’altra parte. I Troubles, in fondo, sono scoppiati proprio perché una generazione di giovani cattolici, corrispondente a quella degli hippie e dei sessantottini, ha deciso di non starsene muta di fronte a uno status quo non più tollerabile e ha abbracciato la lotta armata. Fatta questa premessa, Non Dire Niente resta un libro magistralmente scritto e un’analisi comunqueinteressante dei fatti.  Considerate le controversie che ne hanno accompagnato la pubblicazione nel mondo anglofono, ho chiesto a due amici che hanno condiviso con Bobby Sands l’esperienza durissima del carcere di esprimersi in proposito. Si tratta di due ex-ragazzi terribili di Belfast, cresciuti con lo stesso spirito di rivalsa e con lo stesso sogno di affrancare se stessi e la propria terra dai soprusi e dalle iniquità che il pugno di ferro degli invasori aveva imposto ai cattolici nordirlandesi, partiti dai medesimi presupposti per finire su posizioni quasi diametralmente opposte. Se non se ne conoscesse la storia, sarebbe quasi impossibile immaginare le sofferenze patite da Laurence McKeown, scampato alla morte per inedia dopo 70 giorni di sciopero della fame solo perché sua madre lo fece nutrite nell’infermeria del carcere di Long Kesh.

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Oggi, Laurence è un affermato drammaturgo e scrittore e il suo libro Il diario di Bobby Sands. Storia di un ragazzo irlandese (realizzato insieme a Silvia Calamati e Denis O’Hearn per Castelvecchi) è una lettura illuminante. Non ha letto Non Dire Niente, ma ne ha sentito abbondantemente parlare.  “So che l’autore si basa essenzialmente sulle interviste raccolte per il progetto dei nastri della Boston University, in seguito ampiamente screditati tanto quanto i soggetti che condussero le relative interviste, tutti oppositori dichiarati di Gerry Adams e del processo di pace. Quanto al rapimento e all’esecuzione di Jean McConville, non credo che oggi nessuno possa ritenerlo altro che una brutalità. Purtroppo, fu un episodio tipico del clima di quegli anni: il conflitto era scoppiato da poco e non si andava troppo per il sottile. Il che non la giustifica affatto, però la contestualizza. In quello stesso periodo, altre persone vennero sequestrate e uccise e poi sepolte segretamente. Gli Accordi di Pace del Venerdì Santo furono un compromesso per tutte le parti coinvolte. Per quanto mi riguarda, giunsero quando io ero ormai convinto da molti anni che la lotta armata avesse fatto il suo tempo e che i repubblicani fossero ben più forti politicamente attraverso la rappresentanza loro fornita dallo Sinn Féin, che era in costante crescita e che ha continuato a crescere fino al punto da essere oggi il partito più grande dell’isola. La lotta armata è servita e ci ha fatto fare tanta strada, ma non saremmo mai potuti essere militarmente forti al punto da costringere la Gran Bretagna a sedersi al tavolo dei negoziati, malgrado per alcuni repubblicani accettare tale realtà sia stato difficile. Ma noi non dovremmo mai restare vincolata a una tattica, bensì cercare di ottenere il nostro obbiettivo in qualsiasi maniera possibile. Il carcere è un esempio calzante. La protesta della coperta, la protesta in cui ci siamo rifiutati di lavarci e lo sciopero della fame non ci hanno fatto ottenere tutte le nostre rivendicazioni. Ci hanno solo fatto fare qualche passo avanti. Ma è stato in vari modi la lotta (non fisica) che ha fatto seguito allo sciopero della fame a far sì che le nostre richieste venissero soddisfatte. Un vecchio proverbio irlandese dice, ‘La persona che non è forte deve essere intelligente’.”

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Sam Millar ha un solo anno in più di McKeown e condivide con lui l’esperienza del carcere duro nei famigerati “H-Blocks”. A differenza di McKeown, però, oltre a non partecipare allo sciopero della fame, oggi mantiene una posizione oltranzista,  strenuamente opposta agli accordi di pace e fortemente polemica con la direzione presa dall’ala del movimento repubblicano legata allo Sinn Féin. Con McKeown condivide la passione per la scrittura e i suoi romanzi noir – in Francia, Millar è una vera star del genere – sono stati tradotti in italiano da Mielieu Edizioni (I cani di Belfast, On the Brinks).

“Di tutte le migliaia di persone uccise nel conflitto politico nordirlandese tra inglesi e irlandesi, solo una interessa all’autore, Patrick Radden Keefe, nel suo libro propagandistico Non Dire Niente: la vittima, Jean McConville, madre vedova di 10 bambini, assassinata dall’Ira in quanto informatrice degli inglesi in tempo di guerra. Radden si schiera dalla parte degli apologeti e propagandisti britannici secondo cui la McConville sarebbe stata uccisa dall’Ira solo perché era una protestante e non una spia. Sciocchezze, ovviamente, ma l’autore ha bisogno di dire qualcosa ai suoi lettori poco istruiti e poco sofisticati. Perché, dunque, non giocare la vecchia carta settaria? A dispetto delle abbondanti prove, mette in discussione il fatto che la McConville avesse nascosto in casa sua una radio militare attraverso cui contattare membri dell’esercito britannico, mettendo a rischio le vite di uomini e donne impegnati a combattere contro gli inglesi. Buona parte delle ‘prove’ da lui citate gli sono state fornite da un esponente dello Special Branch degli Ruc, una famigerata banda di poliziotti britannici responsabili degli omicidi di molti cattolici e nazionalisti irlandesi. Quello sbirro sa di dichiarare il falso, ma lo fa ugualmente, tanto per scrivere una storia più eccitante. Ovviamente, Radden la sua narrazione avrebbe potuto imperniarla su una ragazza cattolica, una certa Lisa Dorrian, rapita e assassinata da terroristi britannici, il cui corpo a tutt’oggi non è stato rinvenuto, malgrado lo Special Branch conosca i nomi dei terroristi coinvolti. Quella sì che èuna storia vera!

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Perché, dunque, Radden ha voluto ugualmente scrivere questo libro sapendo che era zeppo di falsità? Molto meglio realizzare una storia sull’Ira che uccide donne piuttosto che sul coinvolgimento del governo britannico nell’uccisione di donne. Fa vendere copie. La Resa del Venerdì Santo, talvolta chiamata Accordi di Pace del Venerdì Santo, avrebbe dovuto portare pace e giustizia nel nord dell’Irlanda e così non è stato. Sbirri lealisti e soldati inglesi coinvolti in atti di terrorismo e in centinaia di omicidi di cattolici e nazionalisti sarebbero dovuti finire in tribunale. Così non è stato. Tutti i prigionieri politici sarebbero dovuti uscire dalle carceri politiche inglesi: ci sono tuttora prigionieri politici in carceri inglesi dell’Irlanda del Nord. Gerry Adams, che ha ceduto ciò che non avrebbe mai dovuto cedere in quanto non suo, sosteneva che così ci saremmo avvicinati a un’Irlanda unita e che avremmo cacciato gli inglesi dal paese. Invece, ha fatto l’opposto, con gli inglesi che hanno costretto i nazionalisti a subire la follia della Brexit, malgrado la schiacciante maggioranza fosse favorevole a una permanenza in Europa. Ecco quello che la Gran Bretagna definisce democrazia: fate come vi diciamo, altrimenti…” La controversia è un elemento antico quando il conflitto in Irlanda. È anche su quello che gli invasori britannici hanno costruito secoli di dominio. Comunque sia, Non Dire Niente di Patrick Radden Keefe è una lettura doverosa, un passaggio per esplorare ulteriormente le ragioni di un odio atavico che ancor oggi fatica a spegnersi. ​

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