Il dovere di raccontare la storia ai nostri figli senza dimenticare le storie
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Il dovere di raccontare la storia ai nostri figli senza dimenticare le storie

“Il primo voto di Matilde” (ed.Settenove), romanzo storico per ragazzi di Fulvia Degl’Innocenti e Gioia Marchegiani racconta la nascita del suffragio femminile in Italia.

“Il primo voto di Matilde” (ed.Settenove) di Fulvia Degl’Innocenti e Gioia Marchegiani 
“Il primo voto di Matilde” (ed.Settenove) di Fulvia Degl’Innocenti e Gioia Marchegiani 
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9 Giugno 2021 - 18.27


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di Francesca Fradelloni

 

Nel 1945 il Regno d’Italia istituì il suffragio femminile e le donne votarono alle amministrative. Nel 1946 avvenne il primo voto su scala nazionale, al referendum istituzionale che sancì la nascita della Repubblica italiana e alle contemporanee elezioni politiche dell’Assemblea costituente, la Storia con la S maiuscola si stava facendo anche grazie alle donne.

Nei palazzi e nelle sedi di partito, ma soprattutto tra le campagne e le città del nostro Paese.

Quando nel 1946 le donne furono chiamate a votare per la prima volta, le strade si riempiono di entusiasmo. Tutte accorsero alle urne, ma Matilde, che viveva nella campagna toscana con sua sorella Luciana e la sua umile famiglia, potè solo gioire e attendere. Non aveva ancora la maggiore età, ma tutto quel vento di cambiamento lo respirava a pieni polmoni.

“Il primo voto di Matilde”, libro scritto da Fulvia Degl’Innocenti con illustrazioni stupende con tratti decisi e un bianco nero evocativo di Gioia Marchegiani, per edizioni Settenove (pp. 88 – 15,00 €; età consigliata: +11), ci racconta come le donne siano diventate parte della società e come tali vengono oggi rappresentate e si autorappresentano, soprattutto. Perché sono parte del dibattito, ma non ancora troppo protagoniste. Il diritto al voto è arrivato come faccenda che doveva già essere scontata, ma scontata non era, come non lo era il fatto che le donne potessero accedere ad ogni campo occupato dagli uomini. E come non lo è ancora oggi. Questo romanzo per ragazzine dagli 11 anni, è bello anche per noi mamme che vorremmo saper usare parole forti e memorabili per raccontare quel passaggio di storia recente. Nel piccolo quadro dello spazio narrativo che rappresenta, “Il voto di Matilde”, ci suggerisce che un compito fondamentale, di noi genitori, è sapper raccontare ai nostri figli, quegli step fondamentali che hanno fatto diventare l’Italia un Paese democratico e antifascista, nella sua spina dorsale. Il 2 giugno, è un traguardo di tutti. Il 25 aprile, non è ricorrenza solo di alcuni, ma è festa nazionale. Il Primo maggio dovremmo spiegare ai nostri bambini che la vita viene sempre prima del profitto. L’Italia è tenuta in piedi anche da ricorrenze e date, memorandum di un percorso difficile e spesso doloroso per arrivare dove siamo oggi.

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La storia di Matilde ci lascia una traccia di vita esemplare, senza essere eroica. Matilde finisce la terza media, si innamora di Lorenzo, operaio sindacalista, e con lui discute di tutto, della resa dei conti con i fascisti, dei diritti delle donne. E quando viene proclamato il referendum del 2 giugno tra Monarchia e Repubblica, arriva il momento di esprimere il suo primo voto, le sembra di volare, vuole esserci. “Certo, c’era Lorenzo, ma non ambiva a vivere nella sua ombra, voleva essere lei stessa a lasciare un’impronta. Il voto che l’aspettava, lo promise a sé stessa con le stelle come testimoni, sarebbe stato solo il primo passo di una nuova vita”, scrive l’autrice nelle pagine del romanzo. Matilde ha dovuto fare i conti con la guerra e deve fare i conti con una mentalità in gran parte ancora ristretta e maschilista, ma capisce che finalmente qualcosa sta cambiando e vuole contribuire anche a lei al cambiamento. È desiderosa di conoscere, imparare e confrontarsi con gli altri. 

È quello spirito molto combattivo che contraddistingue certe scelte, nella nostra Italia. Quello spirito combattivo che bisogna spiegare e saper tramandare, perché occuparsi di politica, inserirsi nel dibattito, fare parte di una comunità, impegnarsi per il bene comune, i diritti e contro le disuguaglianze, è una cosa che si impara. E non dobbiamo mai dimenticare di insegnarlo. Una storia che fotografa un preciso momento della storia italiana dalla prospettiva di chi non ha mai potuto esprimere la propria voce in modo ufficiale e riconosciuto. Non si tratta di donne illustri o intellettuali. Matilde, sua sorella Luciana, la madre, la nonna e le altre conoscenti del paese, fanno parte della moltitudine di donne appartenenti a qualsiasi ceto sociale e con ogni livello di istruzione, che per la prima volta esprimono un voto in autonomia.

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Qualcuna si lanciò decisa per confermare un’idea già chiara, qualcuna iniziò a smarcarsi dal pensiero unico maschile imposto solo in quel momento, qualcuna seguì, invece, le indicazioni ricevute. Ma tutte, nessuna esclusa, parteciparono all’avvenimento con una grande felicità, come fosse una festa, alla quale per la prima volta si trovavano invitate.

La giornalista Anna Garofalo, che nel 1946 teneva la rubrica radiofonica Parola di donna descrisse così quel momento: “Le schede [elettorali] che ci arrivano a casa e ci invitano a compiere il nostro dovere hanno un’autorità silenziosa e perentoria. Le rigiriamo tra le mani e ci sembrano più preziose della tessera del pane. Stringiamo le schede come biglietti d’amore. Si vedono molti sgabelli pieghevoli infilati al braccio di donne timorose di stancarsi nelle lunghe file davanti ai seggi. E molte tasche gonfie per il pacchetto della colazione. Le conversazioni che nascono tra uomo e donna hanno un tono diverso, alla pari”.

 

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