Uno studio italiano ha scoperto che il Nuovo Mondo fu menzionato 150 anni prima di Colombo
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Uno studio italiano ha scoperto che il Nuovo Mondo fu menzionato 150 anni prima di Colombo

Un team di studenti della Statale di Milano scova la prima menzione del Continente americano, da parte dell'Europa mediterranea, in un'opera inedita medievale scritta attorno al 1340

Cristoforo Colombo
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17 Settembre 2021 - 14.51


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Una terra oltre l’Atlantico, nell’estremo Ovest, abitata da giganti: è questa la menzione più antica del Continente americano compiuta in area mediterranea, ben 150 anni prima del viaggio di Cristoforo Colombo.
Un gruppo di studenti dell’Università Statale di Milano ha scoperto il riferimento in un’opera inedita medievale scritta attorno al 1340 dal frate domenicano Galvano Fiamma. Non si tratta però di un “profeta inascoltato”. E in questa storia c’entrano anche vichinghi e genovesi.
Nella sua Cronica universalis, Galvano Fiamma fa riferimento a una terra di nome Marckalada, che gli studiosi hanno identificato come la latinizzazione del Markland citato nelle saghe norrene. Stando proprio alle saghe, il primo popolo “europeo” (almeno secondo l’odierna concezione del termine) a raggiungere il Nuovo Mondo fu quello chiamato vichingo dai più, che dall’Islanda giunse prima in Groenlandia (“Green land”, “terra verde” per le coste rigogliose che si scorgevano dalle navi) e, successivamente, nell’odierno Canada.
Come ha sottolineato la professoressa Elena Percivaldi lo studio, pubblicato sulla rivista Terrae incognitae, documenta dunque la consapevolezza dell’esistenza di terre al di là dell’Atlantico anche al di fuori della Scandinavia. E in pieno Medioevo, che la storiografia più acclarata fa terminare proprio con la scoperta dell’America da parte di Colombo nel 1492.
Il testo – Ecco di seguito la traduzione italiana del passo scritto dal milanese Galvano in latino: “I marinai che percorrono i mari della Danimarca e della Norvegia dicono che oltre la Norvegia, verso settentrione, si trova l’Islanda. Più oltre c’è un’isola detta Grolandia.
E ancora oltre, verso occidente, c’è una terra chiamata Marckalada. Gli abitanti del posto sono dei giganti: lì si trovano edifici di pietre così grosse che nessun uomo sarebbe in grado di metterle in posa, se non grandissimi giganti.
Lì crescono alberi verdi e vivono moltissimi animali e uccelli. Però non c’è mai stato nessun marinaio che sia riuscito a sapere con certezza notizie su questa terra e sulle sue caratteristiche”.
“Una sorpresa clamorosa” – La menzione dell’America “è solo una delle sorprese che riserva la Cronica universalis di Galvano Fiamma, anche se probabilmente è la più clamorosa”, spiega il coordinatore della ricerca, il professor Paolo Chiesa. “Si tratta di un’opera inedita, sulla quale abbiamo costruito un progetto didattico cui hanno collaborato parecchi studenti con le loro tesi, dividendosi la trascrizione del manoscritto e la resa in pulito del testo”.
La parte del manoscritto contenente la menzione del Nuovo Mondo è stata trascritta da Giulia Greco, ora dottoranda di ricerca presso l’Università di Trento, la quale afferma: “Il manoscritto è redatto in una scrittura gotica dell’Italia settentrionale, non sempre facile da decifrare. Oltre alla trascrizione della parte del testo che gli era assegnata, ogni studente doveva individuare le fonti impiegate da Galvano per le notizie contenute. Per la frase ‘americana’, in particolare, non sono state individuate fonti libresche, e si deve perciò credere a Galvano quando dice che riportava informazioni orali”.
Vichinghi e genovesi – Ma come ha fatto Galvano Fiamma a sapere di questa terra remota, senza spostarsi dalla sua Milano? E’ probabile che la notizia gli sia giunta da Genova, città con cui l’autore intratteneva contatti, e che i marinai menzionati nel testo siano navigatori genovesi che commerciavano con i popoli del Nord.
Anche Colombo era genovese – La domanda è dunque lecita: può essere che anche il grande navigatore avesse sentito parlare di queste terre oltreatlantiche? E tali indicazioni, anche vaghe, hanno reso più accettabile il rischio della spedizione del 1492?. L’interesse della scoperta della Statale di Milano è proprio questo: riapre una questione lungamente dibattuta, ma sulla quale non vi era nessuna documentazione.

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