di Manuela Ballo
C’è un po’ di tutto in quella bianca scogliera imbrattata con vernice rossa: l’offesa a uno dei monumenti naturali più conosciuti del Mediterraneo; l’offesa alla letteratura che sulla Scala dei Turchi ha scritto pagine indimenticabili e, per ultimo e non direttamente collegato, l’estenuante querelle che da troppo tempo si sta consumando tra il proprietario di un piccolo appezzamento che tocca la zona e l’amministrazione pubblica.
Purtroppo, non sono stati ancora identificati i vandali che hanno gettato, nottetempo, secchi di vernice rossa sulla scalinata naturale che ha preso quella forma così originale per effetto del vento e della pioggia che hanno, nel corso dei secoli, flagellato le coste di Agrigento. Un tempio che è accanto alla valle dei templi; un tempio naturale di un bianco accecante, fatto d’argilla e di calcare; uno spicchio di promontorio al confine tra Realmonte e Porto Empedocle. Noi, che quelle terre abitiamo, lo consideriamo quasi come un luogo sacro.
Al vaglio delle autorità di pubblica sicurezza e dei magistrati le immagini delle telecamere mentre si cercano anche altre testimonianze, poiché la zona è molto battuta sia da abitanti del luogo, sia da turisti. Una provocazione? Un gesto dimostrativo al quale magari, qualche scriteriato, intende dare anche la patente d’opera d’arte? Qualche vendetta? Ecco perché si può nascondere tutto dietro quest’azione che si presta sia a considerazioni che afferiscono al malcostume sia a letture più complesse, vista l’annosa storia che ha alle spalle.
La scalinata che dal mare sale alle colline sassose e le valli zeppe di ulivi, le stesse terre seppure spostate in linea d’area, abitate dai popoli della Magna Grecia che ci hanno lasciato le memorabili testimonianze che oggi, con il turismo di massa, sono ammirate da visitatori dell’intero pianeta. Chi meglio di Andrea Camilleri che, non nell’immaginata Vigata, ma in quella zona visse la sua giovinezza, poteva descriverla con la potenza della sua scrittura che è impastata con parole siciliane che declinano però verso un italiano che valorizza il dialetto? Così descrive il luogo: “Montalbano finì il gelato e partì verso la Scala dei Turchi- scrive- Passato un promontorio, gli apparse ‘mprovvisa. Se l’arricordava assai più imponenti…. Ma anche accussì ridimensionata conservava la sua sorprendente billizza”.
Quelle strisce e macchie rosse, che rimbalzano nelle migliaia d’immagini che stanno invadendo i media di tutto il mondo, sono come ferite profonde che toccano le coscienze ma che, per fortuna, sembrano essere curabili con secchiate d’acqua e con un duro lavoro di gomito. E con l’aiuto del celeste mare che su quelle scogliere rimbalza e sanifica. Per fortuna, perché quella scalinata è conosciuta nel mondo, tanto che è inserita nell’elenco delle candidature a “patrimonio mondiale dell’umanità Unesco”.
Proprio per questo gli inquirenti ipotizzano il reato di danneggiamento di beni che hanno un alto valore paesaggistico. Le autorità regionali (il presidente, Nello Musumeci e l’assessore alla cultura, Lamberto Samonà, nella loro dichiarazione parlano di “un atto di vandalismo vigliacco”, auspicando che i responsabili di questa “ferita al paesaggio e alla bellezza della Sicilia” siano subito identificati e puniti. L’offesa di questi giorni dovrebbe portare alla rapida decisione di definitivo esproprio di quel prezioso angolo della Sicilia, rendendolo bene pubblico e di una definitiva acquisizione da parte della stessa Regione, ponendo così fine e alla querelle giudiziaria che per anni ha visto come controparti il Comune di Realmonte e il proprietario di alcune particelle, Ferdinando Sciabbarrà, che vanta documenti catastali risalenti alla metà dell’800. Dopo un andirivieni giudiziario fatto di mute, di decisioni adottate e poi annullate, di cavilli burocratici, proprio negli ultimi tempi, il proprietario s’è detto disposto a cedere le armi a patto, però, che vi sia istituita una riserva naturale. C’è da sperare, allora, che si avveri il vecchio adagio che “non tutto il rosso (male) vien per nuocere”.