Quel camaleonte di David Bowie
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Quel camaleonte di David Bowie

L’appuntamento musicale del mercoledì

Quel camaleonte di David Bowie
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Lucia Mora Modifica articolo

20 Aprile 2022 - 23.24 Culture


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David Bowie è il più grande camaleonte della storia del rock. Nessuno ha mai saputo reinventarsi come lui, proponendo una nuova direzione musicale a ogni uscita discografica (dall’R&B al pop barocco). Per carità: non tutte le uscite sono state rivoluzionarie, anzi; qui sotto ne citeremo una abbastanza mediocre, per esempio.

Ciò detto, però, la sua portata artistica è immensa. Fosse anche solo per i “personaggi” che ci ha regalato (Ziggy Stardust e lo “snello” Duca Bianco) o per le sue innovative prospettive musicali (il “plastic soul” per esempio, o il minimalismo della sua “Trilogia di Berlino”).

Un artista irrinunciabile.

‘hours…’ (1999)

Chi non conosce David Bowie non dovrebbe mai partire da questo album per iniziare a scoprirlo. ‘hours…’ è uno dei lavori più stanchi, noiosi e meno ispirati del Duca Bianco, senza contributi interessanti (cosa che, per uno come lui, è parecchio strana) e musicalmente blando. Sono veramente pochi gli aspetti positivi da citare. L’unica cosa memorabile è forse la copertina, dove l’immagine di un Bowie più giovane culla la sua versione più anziana in una sorta di pietà michelangiolesca, come se il sé del passato fosse un angelo custode.

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Low (1977)

Qui la storia è diversa. Primo della cosiddetta “Trilogia di Berlino”, Low è più di un insieme di musica e di testi. Rappresenta uno stato d’animo, un modo di essere. È il sentimento che l’artista prova quando pensa alla sua dipendenza da cocaina; è al contempo sperimentazione avanguardistica di matrice krautrock e semplicità; è persino un controsenso, perché lamentandosi della mancanza di ispirazione e dei propri errori, Bowie in realtà produce un disco terribilmente ispirato e perfetto. Questo grazie anche alla supervisione di Tony Visconti alla produzione e al fondamentale apporto di Brian Eno, il cui sintetizzatore è marchio di fabbrica. Forse non il capolavoro di Bowie, ma ci si avvicina molto. La convivenza ai tempi con Iggy Pop potrebbe aver giovato…

The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars (1972)

Al mondo restano solo cinque anni di esistenza e tutto sembra perduto, quando all’improvviso una rockstar aliena di nome Ziggy Stardust si incarna nel corpo di un uomo e salva l’umanità, sacrificandosi in un “Rock and Roll Suicide”. Bowie ha prodotto hit più celebri di quelle contenute qui, e altri suoi lavori sono stati molto più apprezzati di questo, ma The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars resta il mio preferito, sia per importanza sia per innovazione. È universalmente noto e apprezzato (chi non ha mai cantato almeno una volta nella vita Starman?) pur senza essere sceso a compromessi con i dettami del mercato. Una delle pietre miliari della storia del (glam) rock.

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