di Manuela Ballo
Il direttore mi aveva chiesto di dare le pagelle: ricordate Sanremo? Non ce l’ho fatta, non è possibile farcela. Lo spettacolo ti prende talmente che in realtà è impossibile commentare esecuzione per esecuzione. Ti siedi e ti disponi a seguire una sfilata di etnie diverse, di costumi diversi, di regioni e nazioni diverse e cominci a pensare che l’Europa è davvero una realtà vasta e diversa da come la si pensa quando si ragiona solo in termini geografici e politici.
Suoni, colori e lingue diverse. Così ti capita di ascoltare un gruppo portoghese ma che potrebbe essere africano ma che comunque richiama la saudade di quel popolo. Poi entrano i norvegesi con dei cappellini gialli che sembrano lupi-banane e che pure già fanno moda. La cantante albanese che richiama le belle signore pugliesi intente a ricamare o il complesso bretone che rivendica la portata di una storia e di una lingua e innesca un ballo cantato che sa di rito. O i finlandesi che indossano tute che riecheggiano gli impermeabili dei pescatori di baccalà.
E scendiamo nella plaza de toros con l’ardita e nudamente focosa Chanel , cantante spagnola , già in passato accusata di inneggiare allo sfruttamento delle donne. In tempi di cancel culture potrebbe andarci di mezzo la secolare tradizione delle corride.
È davvero grande questa Europa dove si mescolano suoni di un moderno e ritmico rock accanto a filastrocche che richiamano tradizioni e folklore. Ma gli occhi inevitabilmente cambiano prospettiva quando alle 21 e 55 in punto i tricolori fanno breccia tra il pubblico e i nostri due- si i nostri due- inscenano il loro canto. Lui, giovane e puro, di bianco vestito che sale sul pianoforte di bianco adornato e l’altro, adulto, malandrino e con le orecchie piene di quattrini cioè gioielli, brividi. Brividi. Chissà se vinceremo anche questo Europeo dopo quello che riuscimmo a strappare agli inglesi? Non resta che aspettare il voto delle giurie, sapendo bene però che gli italiani non potranno votare per loro.