"Hybris" di Antonio Rezza e Flavia Mastrella debutta al Festival dei Due Mondi di Spoleto
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"Hybris" di Antonio Rezza e Flavia Mastrella debutta al Festival dei Due Mondi di Spoleto

Dio, aborto, politica, cultura: intervista a Antonio Rezza

Hybris_foto_Annalisa_Gonnella
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6 Luglio 2022 - 10.01


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di Alessia de Antoniis

“Hybris” di Flavia Mastrella e Antonio Rezza debutta in prima assoluta al Festival dei Due Mondi di Spoleto, dove replicherà dal 7 al 10 luglio. Sul palco Antonio Rezza, Ivan Bellavista, Manolo Muoio, Chiara Perrini, Enzo Di Norscia, Antonella Rizzo e Daniele Cavaioli. “Hybris” è una produzione RezzaMastrella, teatro Vascello di Roma e teatro di Sardegna.

Fino al 25 settembre Spoleto ospiterà anche la mostra “Euforia Carogna”, un habitat di sculture interattive e un allestimento di scene, video e fotografie che riassume trentacinque anni di lavoro dei due performer.

La hybris è l’arroganza dell’uomo che sfida dio. Ma una simile hybris poco si addice alla filosofia del duo RezzaMastrella.

L’uomo che sfida dio sarebbe possibile se dio esistesse – risponde Antonio Rezza – Il dio come è stato fino ad ora, è un incapace che è riuscito a farsi credere ma mai ad esistere, e quindi non permette che noi si possa ottemperare al significato del titolo. Considero dio la più grande invenzione dell’uomo, ma in una mente sana non può alloggiare l’idea di dio: è un’idea primitiva.

La hybris provoca la nemesis, la vendetta degli dei. Anche rifiutando una concezione teista, non si può negare che l’uomo stia subendo una nemesi.

La nemesi, l’uomo moderno se la infligge da sé. Guarda quello che sta succedendo con la mistificazione di una guerra che esiste, ma non è l’unica; quello che è accaduto negli ultimi due anni. Sono schifato dall’essere umano per come si è comportato.

In “Hybris” si parla di gabbie naturali imposte dal mondo che legiferano della nascita, della crescita e della cultura. Siamo arrivati alla realtà distopica di Orwell, un mondo dove i diritti civili vengono annullati, come il diritto delle donne all’aborto?

Sarebbe ora che le donne non continuassero semplicemente a difendere il loro diritto di scegliere. Secondo me, per quanto riguarda l’aborto, il maschio non dovrebbe esprimersi né votare. È una scelta che dovrebbe essere solo delle donne. Non come dice Salvini, pensando di essere una persona di mentalità aperta, “l’ultima parola spetta alla donna”. Non è il corpo dell’uomo che porta avanti una gravidanza: è il corpo della donna e decide la donna.

Assistiamo a un rigurgito conservatore o sono solo gli ultimi fuochi di una cultura patriarcale fallocentrica che non accetta il suo declino?

Vedo semplicemente un fascismo che ancora esiste, una destra che è sempre al potere e che non capisce che sta anche a sinistra. Siamo schiavi delle definizioni, ma la realtà è che abbiamo partiti, che si autodefiniscono di sinistra, che durante la pandemia si sono comportati peggio dei partiti fascisti e conservatori. L’ideologia fascista è radicata nella mentalità italiana. L’Italia è fascista a sinistra. È inutile che la destra si lamenti dicendo “non siamo ancora al potere“. Ci siete, travestiti da sinistra. Per fortuna ci sono anche persone diverse.

Quindi la pensi ancora come dodici anni fa, quando alla Bignardi rispondesti: “Sono orientato verso una sana disperazione”?

No perché non ho tempo per disperarmi. Il lavoro che facciamo ci ripaga di ogni abuso e ingiustizia subita. Vivo in un mondo mio e mi crogiolo in questo. Io una scappatoia l’ho trovata, poveraccio chi non ce l’ha.

Una sorta di “ascetismo anarchico”?

Chiudersi, per uno che fa il nostro lavoro, e necessario. Se volessi essere utile all’umanità, sarei a curare i lebbrosi, non a scrivere spettacoli. È inutile fingere. Vuol dire che per la lebbra mi dispiace, ma il mio primo assillo non è curare quelli che soffrono. Come dice Franco Maresco: “anche nel migliore di noi si nasconde un gran pezzo di merda”.

Tra le due grandi ideologie del secolo scorso, capitalismo e comunismo, è sopravvissuta la terza, il cristianesimo. Alla fine siamo sempre davanti a sistemi che hanno in comune la mancanza del rispetto dell’essere umano?

Viviamo in un momento molto brutto. Non è un problema italiano, ma mondiale. L’Italia è un Paese con una cultura profonda e raffinata che viene messa in discussione da persone che la governano a proprio uso e consumo. Siamo un popolo che è stato storicamente oggetto di conquista e che non ha imparato nulla da quello che ha subito. Sono deluso da quello che mi circonda. Inizio a diffidare anche di chi ci vuole bene, perché non so chi si nasconda dietro.

La questione non è solo politica. Dobbiamo capire che non c’è etica senza estetica. La rivoluzione andrebbe consumata nei luoghi dove si porta avanti un’estetica sbagliata. I nostri modelli culturali di riferimento, in questo momento, sono quelli televisivi. Se esistessero oggi delle cellule terroristiche, andrebbero a colpire nei talent, nei reality, perché è lì che si forma l’estetica sbagliata di un popolo che cresce e che diventa peggiore di quello che lo ha preceduto. Che cosa ci aspettiamo da una popolazione formata da milioni di ragazzi che ambiscono al nulla? Nei talent e nei reality va condotta la battaglia, nelle menti di chi si abbandona a questa carneficina estetica e morale.

Per il pubblico l’attore è un artista, per l’impresario è un fattore di produzione. Sei performer e impresario di te stesso non finanziato con soldi pubblici. Ti senti artista libero di esprimerti o fattore di produzione?

Non mi sento libero come vorrei perché essendo fattore di produzione devo anche pensare a me in termini di gestione economica. Però io e Flavia abbiamo scoperto che quello che facciamo noi, meglio di noi, non lo fa nessuno. Quindi ci facciamo aiutare solo dal Teatro Vascello di Roma, perché sono persone simili a noi, corrette, che non sono iper finanziate da un Ministero che addormenta. Se pensiamo che l’arte in questi due anni è stata pagata per stare in silenzio…

Perché la destra non prende anche il dicastero della cultura, invece di lasciarlo in mano a chi è più di destra di loro? Come si fa a pensare a una Netflix della cultura? Chiudere in casa persone che vedono in televisione quello che dovrebbero vedere in teatro, è una mossa altamente fascista.

Quello che è stato fatto durante la pandemia è vergognoso. Sono stati pagati attori, cinema, teatri, per stare in silenzio. Nessuno ha scritto come mai si va in chiesa e non si va a teatro, quando la dinamica è la stessa. Che interesse ha un teatro sovvenzionato per restare chiuso, a dire quello che pensa?

Tu e Flavia Mastrella avete performato in teatri internazionali. Stratford omaggia Shakespeare e Nettuno vi caccia nonostante il Leone d’oro a Venezia. Quindi non sei il più grande performer vivente, come ti definisci da anni?

Con il Comune di Nettuno, commissariato un’altra volta per infiltrazioni mafiose, siamo in causa. Io dico sempre che questo Paese andrebbe abbandonato. Se i politici li lasci da soli, su chi comandano? Bisognerebbe lasciare il Paese in massa per dare un segnale.

Ma siamo ancora qua, quindi è qui il posto per fare la nostra rivoluzione…

Sbagli, perché uno dovrebbe chiedersi perché sto qua? Per fare la mia rivoluzione o perché sono stato distratto? O perché non ho avuto tempo o non ho avuto il coraggio o perché mi sono adagiato su false speranze?

Sono domande che riguardano il passato, mentre noi possiamo cambiare solo il futuro.

Non c’è futuro finché viviamo nella realtà dei talent e degli youtuber, dei reality e delle fiction. Sono uscite delle fiction sul covid: così viene storicizzata una malattia ancora presente. Abbiamo attori che girano fiction fatte con le sovvenzioni di uno Stato che non ha riconosciuto l’esistenza dell’arte. Questo significa inquinare le menti per i prossimi vent’anni.

Sì, ma questa storia che il più grande performer vivente viene sfrattato dal suo comune?

La grandezza di uno non dipende da quanto sono stronzi gli altri. Quello è un autogol. In qualunque intervista parlo male della mia città. È convenuto al Comune cacciarci? Stiamo chiedendo il possesso dei locali usucapiti, per donarli allo Stato non per fare cassa.

Noi, e questo è un messaggio che vorrei dare proprio ai giovani, da indipendenti creiamo profitto. Non siamo indipendenti sfortunati. Si può essere indipendenti e produrre. Altrimenti passa il messaggio che gli indipendenti sono sempre in ristrettezze. Noi i soldi li abbiamo, perché li guadagniamo e li investiamo. E realizziamo profitti per continuare a lavorare liberamente. Ho spesso rinunciato a offerte che non erano in linea con la mia inclinazione: questo mi rende più credibile di qualunque politico che si insedia e fa giustizia a spese di chi lavora in modo onesto.

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