Tenerezza: come sentirsi amati e accolti proprio nella nostra povertà e miseria
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Tenerezza: come sentirsi amati e accolti proprio nella nostra povertà e miseria

Eugenio Borgna nel suo ultimo e recente volume - Tenerezza (Einaudi 2022, pp. 112, € 12) - sostiene che «la tenerezza anima il nostro modo di vivere, e di curare, ci fa sentire l’altro come persona

Tenerezza: come sentirsi amati e accolti proprio nella nostra povertà e miseria
Eugenio Borgna
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1 Agosto 2022 - 23.43


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di Antonio Salvati

Numerose volte Papa Francesco ha esortato non solo a sperimentare la tenerezza, ma a promuovere la rivoluzione della tenerezza, senza la quale «rischiamo di rimanere imprigionati in una giustizia che non permette di rialzarsi facilmente e che confonde la redenzione con la punizione». Sperimentare la tenerezza significa «sentirsi amati e accolti proprio nella nostra povertà e nella nostra miseria». Più laicamente, lo psichiatra Eugenio Borgna nel suo ultimo e recente volume – Tenerezza (Einaudi 2022, pp. 112, € 12) – sostiene che «la tenerezza anima il nostro modo di vivere, e di curare, ci fa sentire l’altro come persona, e non come cosa, aiuta a immedesimarci nella vita interiore degli altri, e a farne riemergere le attese, e le speranze».

Borgna – autore di pubblicazioni scientifiche e numerosi volumi divulgativi, sul cosiddetto arcipelago delle emozionispiega che la «tenerezza si esprime con il linguaggio delle parole, e con quello del corpo vivente: uno sguardo, un sorriso, una lacrima, una stretta di mano, una carezza, un abbraccio ne sigillano i modi di essere». Senza la pratica e la comprensione della tenerezza non riusciremmo a lenire le ferite dell’anima, e «quanti malesseri, quante incomprensioni e quanti sogni infranti eviteremmo, se la tenerezza non ci fosse sconosciuta». La tenerezza «ha un suo fragile tempo interiore, quello di un presente, non mai chiuso in sé, ma aperto al passato, alla memoria e al futuro, alla attesa e alla speranza. Un tempo che è quello dell’attendere e dell’indugiare, del silenzio e dell’attenzione. Non è facile definirla, sconfina nella gentilezza, nella delicatezza, nella timidezza, nella dolcezza, nella mitezza, e anche nella fragilità, e ha qualcosa in comune con le une, e con le altre». Borgna accosta la gentilezza e la tenerezza «sono sorelle», osservando giustamente che «si è piú facilmente inclini alla gentilezza che non alla tenerezza: alla sapienza più che non alla saggezza».

La tenerezza e la gentilezza sono emozioni piú femminili che non maschili, «e la tenerezza delle parole non è disgiunta da quella dei gesti, e degli sguardi: quella luminosa e timidissima di Lucia che nei Promessi sposi ha rigenerato il cuore arido e desertico dell’Innominato». Un bravo psichiatra non può non conoscere la tenerezza nel suo valore conoscitivo e terapeutico, «e nel loro avvicinarci alle ferite sanguinanti dell’anima, e a curarle».

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In piena sintonia con Papa Francesco – secondo il quale la tenerezza «è qualcosa di più grande della logica del mondo»Borgna è convinto della valenza rivoluzionaria della pratica della tenerezza, in grado di trasformare i popoli e i singoli individui. Essa – direbbe il Papa – «è un modo inaspettato di fare giustizia». Dio – spiega il Papa – non si spaventa dei nostri peccati, è più grande dei nostri peccati: perché «è padre, è amore, è tenero». Dio non è scandalizzato dai nostri peccati, dalle nostre cadute, ma è spaventato dalla nostra mancanza di fede nel suo amore. Per Papa Francesco le cose di Dio ci giungono sempre attraverso la mediazione di esperienze umane. Proprio a partire da esse, per Borgna attraverso il contrasto all’egoismo umano la tenerezza diviene «un ponte che ci fa uscire dai confini del nostro io, della nostra soggettività, e ci fa partecipare alla interiorità degli altri da noi, ascoltandone le richieste di aiuto, che giungano non solo dalle parole, ma dai volti, e dagli sguardi». E acutamente aggiunge «che la tenerezza è fonte di conoscenze, alle quali altrimenti non giungeremmo, e consente a donne e a uomini di passare le une accanto agli altri senza farsi del male, non dimenticando mai il dovere della solidarietà». Un vero e proprio manifesto politico e culturale!

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Buona parte del volume è impreziosita da citazioni di testi di scrittori e poeti. Borgna nei suoi libri non si limita a narrare l’esperienza medica vissuta in decenni di pratica ospedaliera, ma, pur riconoscendo di non aver alcuna competenza letteraria, sceglie poesie e romanzi di autori amati e studiati per tutta la vita – come Leopardi, Emily Dickinson, Rilke, Celan, Mann – che «dicano qualcosa alla mia sensibilità, e alla mia comprensione di quelle che sono la tristezza, e l’angoscia, la speranza, e la disperazione, dei miei pazienti». Tra i diversi testi, assai degni di nota sono quelli tratti dal diario e dalle lettere di Etty Hillesum che sono – osserva giustamente Borgna – una «straordinaria inenarrabile testimonianza di tenerezza e di sensibilità, di delicatezza e di fierezza, di gentilezza e di mitezza, di solidarietà e di comunione con il destino di angoscia, e di dolore, della vita». Le parole della Hillesum sono intessute di una avvolgente tenerezza, e Borgna comprensibilmente si domanda come Etty, nella sua casa non lontana dal campo di concentramento di Westerbork, potesse scrivere queste cose all’ombra del dolore e della morte imminenti. «Il gelsomino dietro casa è completamente sciupato dalla pioggia e dalle tempeste di questi ultimi giorni, (…). Ma da qualche parte entro di me esso continua a fiorire indisturbato, esuberante e tenero come sempre, e spande il suo profumo tutt’intorno alla tua casa, mio Dio. Vedi come ti tratto bene. Non ti porto soltanto le mie lacrime e le mie paure, ma ti porto persino, in questa domenica mattina grigia e tempestosa, un gelsomino profumato. Ti porterò tutti i fiori che incontro sul mio cammino, e sono veramente tanti. Voglio che tu stia bene con me. E tanto per fare un esempio: se io mi ritrovassi rinchiusa in una cella stretta e vedessi passare una nuvola davanti alla piccola inferriata, allora ti porterei quella nuvola, mio Dio, sempre che ne abbia la forza». E ancora: «Ma cosa credete, che non veda il filo spinato, non veda i forni, non veda il dominio della morte, sí, ma vedo anche uno spicchio di cielo, e questo spicchio di cielo ce l’ho nel cuore, e in questo spicchio di cielo che ho nel cuore io vedo libertà e bellezza. Non ci credete? Invece è cosí».

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