Il tempio del piacere nella fragile repubblica di Weimar
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Il tempio del piacere nella fragile repubblica di Weimar

Il tempio del piacere di Volker Kutscher, non sarà l’ultimo tentativo di far luce su ciò che ha portato al nazismo ma punta l’obbiettivo su una fase cruciale della storia tedesca, quella del fallimento della repubblica di Waimar

Il tempio del piacere nella fragile repubblica di Weimar
Volker Kutscher
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globalist Modifica articolo

27 Settembre 2022 - 23.16


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di Rock Reynolds

La gran mole di libri scritti al riguardo indica nel fascino esercitato dal nazismo il viatico perfetto per la costruzione di una narrazione sulla forza del male. La letteratura ruotante intorno alla Shoà ha saputo costruire capolavori senza tempo, ma il “male assoluto”, come lo definisce spesso il maestro del thriller americano Jeffery Deaver, è stato e continua a essere linfa vitale per gli autori di genere.

Deaver nella Germania nazista dei giochi olimpici di Berlino ha ambientato il romanzo di cui va tuttora maggiormente fiero, Il giardino delle belve, una vicenda mozzafiato non dissimile dalle avventure dell’ispettore tetraplegico Lincoln Rhyme, il personaggio che gli ha dato celebrità. Sotto l’occhio dell’aquila prussiana che domina la porta di Brandeburgo, la cappa sinistra della peggiore follia collettiva della storia moderna acuisce il senso di smarrimento in cui viene precipitato il lettore. Deaver è abilissimo nel miscelare tensione e mistero, cardini del noir, con una dose mai eccessiva di dettagli storici. C’è chi, invece, ha fatto delle ragioni di tale follia durante l’ascesa del nazismo e della ricostruzione della coscienza collettiva del popolo tedesco dopo la sua violenta caduta il fondamento della propria arte letteraria: lo scozzese Philip Kerr ci è riuscito attraverso le disavventure del poliziotto Bernie Gunther, le cui indagini scavano nei segreti più insondabili della psiche malata di un popolo narcotizzato dalla prosopopea della propaganda e costretto a un brusco risveglio che sa tanto di condanna biblica. Qualcuno ha tratto spunto da quella fase nera dell’umanità per scrivere un romanzo distopico – ma, forse, nemmeno troppo – ipotizzando un corso ben diverso della storia, con la Germania nazista vincitrice del conflitto e lanciata verso la conquista del mondo. Fatherland dell’inglese Robert Harris, mette in contrapposizione il Terzo Reich e gli Stati Uniti, in una Guerra Fredda che farebbe addirittura sorridere se quello scontro non fosse stato un’autentica possibilità. E, malgrado la drammaticità del contesto, non mancano neppure interpretazioni in chiave satirica di quel disastro epocale. Il cinema di recente ha spesso percorso tale via, con pellicole come Bastardi senza gloria di Quintin Tarantino o Jojo Rabbit, diretto da Taika Waititi.

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Il tempio del piacere (SEM, traduzione di Marina Pugliano e Valentina Tortelli, pagg 640, euro 22), di Volker Kutscher, non sarà certamente l’ultimo tentativo di far luce su ciò che ha portato alla più grande tragedia del XX secolo, ma percorre una via decisamente personale, puntando l’obbiettivo su una fase cruciale della storia tedesca, quella del fallimento della repubblica di Weimar.

La vicenda si apre in un bosco sul confine tra Prussia e Polonia, nel 1920, dove si consuma una violenza ai danni di una donna, di fronte agli occhi attoniti, terrorizzati di un ragazzo, una strana creatura del bosco. C’è un salto di dodici anni e la narrazione riprende nel 1932, a Berlino, una città sempre più lacerata dalle brutali risse tra i comunisti e le squadracce delle SA, libere di scorrazzare a loro piacimento dopo che la loro messa al bando è stata abolita per compiacere l’astro nascente chiamato Hitler. La parola “nazismo” ancora non ha del tutto preso piede, ma presto travolgerà la fragile repubblica di Weimar, condizionando per sempre le sorti dell’umanità. È in questo stato di incertezza politica che il commissario Gereon Rath si trova a indagare sulla strana morte per annegamento di un uomo, trovato cadavere in un ascensore dell’Haus Vaterland, un leggendario luogo di piacere. L’autopsia rivela che l’uomo in realtà è stato avvelenato e dalle prime indagini emergono almeno altri due casi molto simili, legati a una prestigiosa distilleria di liquori della Prussia Orientale. Rath scopre che le tre vittime hanno avuto a che fare con uno scandalo legato a una partita adulterata del noto liquore, ma tra la popolazione serpeggia la paura dello spettro di un uomo che avrebbe abbandonato da tempo la società civile per trovare riparo nei boschi e che avrebbe deciso di vendicarsi di chi, a suo dire, ha portato sua madre alla morte. Insomma, un vendicatore solitario in un territorio conteso tra l’odiata Polonia e quel che resta della gloriosa Prussia?

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Nel clima di crescente sciovinismo che prelude al noto delirio collettivo del nazismo, gli ostacoli che il commissario Rath trova sulla sua strada aumentano giorno dopo giorno, man mano che le spinte revansciste della nuova Germania trasmettono al popolo tedesco un orgoglio nuovo, in grado di fargli superare l’umiliazione del trattato di Versailles.

Il tempio del piacere, però, è più noir che autentico romanzo storico e privilegia l’intrigo dell’indagine classica, senza disdegnare interessanti digressioni. Anche per questo la fortunata serie televisiva Babylon Berlin, ispirata dalle avventure del commissario Rath e della sua collega e compagna Charly, ha avuto grande successo.

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