“Come scusa? Non ti followo”
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“Come scusa? Non ti followo”

Come parlano i giovani al tempo dei social. Un volume dell’Accademia della Crusca sull’ italiano e i giovani curato da Annalisa Nesi.

“Come scusa? Non ti followo”
In foto la copertina del volume
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20 Ottobre 2022 - 15.32 Culture


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di Manuela Ballo

Il 2022 è stato proclamato dalla Comunità Europea come l’anno dei giovani. In realtà, visto l’andazzo, ce ne siamo accorti in pochi. Questa occasione è stata, invece, colta dall’ Accademia della Crusca che da diversi anni, per la settimana della lingua italiana nel mondo, realizza importanti volumi.
Quello di quest’ anno, raccogliendo lo stimolo suggerito dalla Comunità Europea, è stato dedicato al tema dei giovani e del loro linguaggio.

Nel ricco volume, L’ italiano e i giovani, curato dalla Professoressa Annalisa Nesi, è stata infatti posta attenzione alle nuove generazioni “in quanto utenti attivi della lingua, partecipi della didattica dell’italiano, motori di innovazione e creatrici di forme nuove”. L’ attenzione alle novità linguistiche è, inoltre, ben segnalato dal sottotitolo del volume: come scusa? Non ti followo, ed è stato formulato dagli studenti di un liceo italiano di Montevideo. È, in effetti, una delle parole più usate dal momento che, la maggior parte dei giovani, ha trasferito sui social i propri messaggi e i propri rapporti. Noi sappiamo, infatti, che questo verbo e anche i suoi derivati hanno un preciso significato proprio per chi usa i nuovi media così come altri verbi che sono costruiti allo stesso modo come “droppare” da “to drop” (pubblicare, uscire, rilanciare), o “flexare” che sta per ostentare. Spiega però la curatrice del volume che “nel sottotitolo non ti followo, vista la frase che lo precede, il contesto situazionale potrebbe non esser quello della socializzazione in rete, ma un trasferimento del verbo nell’ oralità o nella scrittura con il semplice significato di non ti seguo, non ho capito”.

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Viene così ribadito, in maniera nitida, quanto sostenuto ripetutamente dagli studiosi e cioè, che nella lingua, il significato delle parole può mutare a seconda del contesto e dell’ uso che se ne fa. Le parole transitano dall’ oralità alla scrittura e viceversa così come altre, che sono legate ad un particolare ambito o ad uno specifico gruppo di utenti possono passare, superando il loro originario significato tecnico, a far parte della lingua comune.

Nel libro viene riportato un esempio specifico: il verbo rollare che in origine aveva un significato dedicato all’ azione di avvolgere strettamente qualcosa a forma di rotolo (verbo che i fumatori incalliti conoscono bene) assume un significato diverso se usato nel sottocodice tecnico militaresco o in quello gastronomico. Anche in questo caso molti di noi sono abituati a mangiare il rollè. Infine, nel linguaggio dei videogiochi, rollare vale per lanciare un dado. Quindi si moltiplicano i significati così come i neologismi.
La Treccani registra che questo rimbalzare dall’ uso dei social al linguaggio comune si è molto rafforzato nel periodo che va dal 2012 al 2018 e forse, a mio avviso, si è ancor più accentuato nella lunga fase pandemica nel corso della quale i network e i social media sono diventati parte predominante della vita dei giovani, cosicché, ciò che i giovani scrivevano sui social è diventata progressivamente la loro lingua abituale anche lontano dai social stessi.

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Nel ricco e complesso volume compaiono molti autori e autrici che hanno fatto la storia degli studi sul linguaggio giovanile, come Lorenzo Coveri e Michele Cortellazzo, e giovani ricercatori e ricercatrici che hanno dedicato i loro saggi a studi molto innovativi. Il quadro d’assieme dimostra che solo con un’osservazione costante si può cogliere il profondo modificarsi e plasmarsi del linguaggio, un metodo scientifico che, elaborato negli anni ’80, attraverso studi ed evoluzioni costanti, ha portato alla ricca ramificazione oggi prodotta e della quale il volume ne mostra l’alto livello raggiunto. E proprio a proposito dell’osservazione costante, la curatrice segnala anche il fenomeno del “parlare in corsivo” descritto da Luca Bellone: “una sorta di stile orale assai popolare nei video degli adolescenti su Tik Tok, nato verosimilmente per parodiare l’inflessione milanese propria di molti influencer”, di cui si è occupato anche Luca Coveri in una breve nota estiva.

Impossibile leggere con immediatezza l’ampio volume e i tanti diversi saggi che lo compongono. Saggi che vanno da un’attenzione specifica al linguaggio dei giovani, all’ incidenza che su di loro hanno i social, ma anche con excursus che arrivano a verificare quanto la stessa musica incida sul parlare dei giovani. Un’attenzione particolare è dedicata anche alla didattica dell’italiano e ad alcuni aspetti della letteratura contemporanea.
Questo libro che può essere scaricato gratuitamente online fino alla domenica del 23 ottobre oltre appunto ai tanti saggi offre un ampio repertorio delle parole usate di cui si parla nel libro.

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Il corredo finale fatto di un indice delle parole e degli acronimi contiene un elenco in ordine alfabetico che permette di raggiungere la pagina o le pagine dove la parola o l’acronimo si trovano “Non comprende -scrive Annalisa Nesi – solo il lessico del linguaggio giovanile contemporaneo e del passato, per quanto questo sia decisamente preponderante, ma anche il lessico di altri ambiti dalle diverse attività in rete alla musica, dalla moda alla cucina. Non è un glossario, dato che non compare il significato dei lemmi, ma aiuta a reperirlo; visto nel suo insieme, dà un’indicazione della ricorrenza delle parole nei diversi articoli, segno di un’attenzione particolare ora alle innovazioni recenti ora a quanto si può avere di sedimentato nella lingua”.

Il libro l’ho potuto scaricare leggendo così la premessa della curatrice e traendo, da questa, i tratti essenziali del volume. Per recensirlo davvero servirà tempo, ma intanto ritengo utile segnalarlo ai nostri lettori e agli studenti dei vari dipartimenti universitari. E proprio per questo abbiamo deciso, come redazione, di far seguire a questo mio articolo un’inchiesta fatta tra gli studenti del nostro ateneo sul linguaggio utilizzato dai giovani.

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