Parma ha celebrato, nello splendido teatro Farnese, capolavoro ligneo del XVII secolo, l’ultimo omaggio agli eroi delle barricate del 1922. Nell’agosto di cento anni fa centinaia di Arditi del Popolo, una formazione paramilitare non appoggiata dai partiti della sinistra, appoggiata dalla gente dei quartieri poveri, impedirono a migliaia di squadristi guidati da Italo Balbo di impadronirsi e di saccheggiare le sedi delle organizzazioni operaie. Fu l’unica seria sconfitta militare che il dilagante fascismo avrebbe subito prima della Marcia su Roma.
La Parma antifascista aveva già reso diversi tributi nei mesi scorsi ai protagonisti di quell’epopea. Quello di ieri sera al Farnese era però, oltre ad una commemorazione, un’interessante e non facile sfida artistica.
Si trattava di celebrare, utilizzando il solo linguaggio della musica, un evento consegnato alla leggenda oltre che alla storia. Personaggi come Guido Picelli e Antonio Cieri, i due leader militari della rivolta, sono eroi ottocenteschi, degni di un melodramma verdiano (Pino Cacucci racconta nel suo “Oltretorrente” che dietro le barricate si udivano spesso cori tratti da qualche opera). Entrambi coraggiosi fino all’incoscienza, entrambi disponibili al sacrificio personale. Morirono entrambi in combattimento in Spagna, dove comandavano unità delle brigate internazionali, nel 1936. Due garibaldini, due eroi del popolo, gloriosi di sconfitta.
La sfida artistica era quindi quella di raccontare quei “Vincenti per qualche giorno, vincenti per tutta la vita”, come li definì Attilio Bertolucci, senza cedere alla retorica, all’effettistica.
Roberto Bonati, autore della partitura e direttore dell’Orchestra del Festival Parma Jazz Frontiere ha colto perfettamente il bersaglio. Il discorso musicale ha coinvolto il numeroso pubblico mantenendo sempre un equilibrio ideale fra epos ed elegia. Si potrebbe dire che “ Si erano vestiti dalla festa” il titolo è tratto ancora da Attilio Bertolucci ha risuonato come una colonna sonora di un film immaginario e appassionante. D’altronde Roberto Bonati , negli ultimi anni, ha reinventato colonne sonore di pellicole silenziose. Qualcuno faceva notare a fine serata, l’ispirazione gasliniana di questa scrittura musicale. In effetti, Giorgio Gaslini, maestro dello stesso Bonati, fu prolifico autore di colonne sonore soprattutto negli anni 70.
Il momento più toccante è stato quando il Direttore ha chiamato la voce registrata di un testimone delle barricate. Una voce d’uomo vecchio, arrochita che ha raccontato in dialetto parmigiano strettissimo e aspro la costruzione delle barricate nei quartieri popolari. Sul palco l’orchestra provocava rumori battendo sui leggii o sull’impiantito del palco. Un momento di grande intensità approfondito dall’ambiente austero del vecchio, maestoso, teatro di legno. Come se l’anima popolare e quella colta della città si fossero unite a ricordare gli eventi di cento anni fa.
Nessuna traccia di melodramma, nessuna citazione innodica, nessun espediente facile. Roberto Bonati e la sua orchestra, inappuntabile, hanno scritto una pagina di poesia civile essenziale, severa, ricca di stratificazioni musicali (jazz, musica colta contemporanea) ma anche di presa quasi immediata.
La battaglia che ci aspetta, nei prossimi anni, sarà culturale e difensiva. I musicisti del Farnese hanno costruito una barricata poderosa.