di Giuseppe Aquaro
“Gli anniversari servono non come semplice commemorazione ma anche come occasione di stimolo sui valori e sulla diffusione della storia”. Questo lo spirito, riferito al centenario dall’ascesa del Fascismo, attraverso il quale si è tentato di leggere, da più angolature, il convegno organizzato dalla Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice, con la collaborazione del Dipartimento di Scienze Politiche Internazionali (DISPI) dell’Università di Siena e dell’Università degli Studi Guglielmo Marconi di Roma.
Il convegno, dal titolo “Cent’anni dopo. Il fascismo nella storia d’Italia”, è stato suddiviso in tre appuntamenti: il primo, il 14 ottobre, tenutosi presso la Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice a Roma, il secondo, il 21 ottobre, all’Università di Siena e l’ultimo incontro, il 28 ottobre, esattamente nel giorno dei cento anni dalla marcia su Roma, che verrà ospitato dall’Università Guglielmo Marconi, dove si organizzerà una tavola rotonda chiamata “Le Interpretazioni Oggi”.
Ed è proprio nell’ateneo senese che, con l’incontro titolato “L’eredità”, si è cercato di fare chiarezza su un tema storico e, in un certo senso, attuale: cosa, dopo il fascismo, è sopravvissuto alla e nella democrazia?
Gli ospiti dell’appuntamento pomeridiano, tra i quali lo storico Antonio Varsori, il politologo Giovanni Orsina, il professore Giuseppe Pardini e l’accademico, nonché storico, Roberto Chiarini, hanno contribuito, con i loro studi e il loro background culturale e personale, a rendere il dibattito piacevole all’ascolto, dando numerosi spunti per riflessioni future.
In particolare, l’incontro è stato strutturato in interventi singoli, dove gli ospiti, introdotti dalla professoressa Patrizia Gabrielli – professoressa ordinaria di Storia contemporanea e Storia di Genere presso La Sapienza-, hanno esposto temi generali che, durante il dibattito, si sono rivelati complementari tra loro. Primo fra tutti quello dello storico Antonio Varsori, che ha affrontato il tema della diplomazia e della sua possibile fascistizzazione durante il Ventennio, definendo, all’interno del suo discorso, una possibile continuità in alcuni elementi che si possono ritrovare anche nei primi anni della Repubblica, ma che hanno portato allo stesso tempo un carattere diverso. «Il ruolo dei diplomatici reduci del fascismo – ha affermato Varsori – diventa quella di ‘servitori dello Stato’. Certo, ci sono ancora elementi di continuità ma, nei primi anni della Repubblica, ciò che contava era la ricostruzione dell’Italia come potenza».
Successivamente, il politologo Orsina ha esposto i suoi studi sugli elementi di un “Anti-antifascismo”, creando i presupposti per un’analisi tecnica di questo fenomeno, aggiungendo caratteri nozionistici e riflessioni sulle varie interpretazioni che esse possono comportare.
Infine, il professore Giuseppe Pardini e l’accademico Roberto Chiarini hanno analizzato l’evoluzione storica del Fascismo dal 1945 in poi. Il primo, ha esposto la sopravvivenza di questa ideologia politica dopo e senza Mussolini, creando un rapporto di causa-effetto con i rispettivi tentativi che, nella storia repubblicana, hanno portato i partiti post-fascisti a cercare di ‘defascistizzarsi’, facendo riferimento al Movimento Sociale Italiano e Alleanza Nazionale. Una strategia messa in pratica soprattutto dopo l’entrata in vigore della legge Scelba, nel 1952. Tentativi che, nel tempo, non hanno dato esito positivo.
Il professor Chiarini ha invece posto la propria attenzione sul rapporto tra memoria e identità, giungendo alla conclusione che la scissione tra le due ha portato a uno scompenso nei partiti di destra, creando una irrisolta conciliazione tra questi due elementi, che continua tutt’oggi a persistere. Ed è proprio a causa di questa irrisolta conciliazione tra memoria e identità che ha permesso al Fascismo – inteso non come l’ideologia politica riconducibile a Mussolini, ma come un sostrato politico, culturale e tradizionale come ben definito da Eco nel suo breve saggio “il fascismo eterno” – di poter sopravvivere nelle più profonde radici di una giovane democrazia come quella italiana.
Definendo e analizzando il nostro passato possiamo capire, quindi, quale sia questa “eredità”, frutto di un radicamento del fascismo nel nostro paese e di far fronte, come affermato nelle ultime battute dell’incontro, “all’esigenza di affermazione di una cultura di destra che chiuda definitivamente con il fascismo”.