A fianco dell’Ucraina sì ma attenzione a trasformare la difesa di un paese sovrano dall’invasione in una nuova russo-fobia che colpisce perfino la cultura e l’arte e in particolare la musica classica russa che è un patrimonio dell’umanità.
«Siamo tutti con l’Ucraina in attesa che il conflitto termini, ma la politica e le sue conseguenze non possono essere coercitive per la cultura». Così il direttore musicale Riccardo Chailly risponde al console ucraino a Milano Adrii Kartysh, che ha scritto al sovrintendente della Scala Dominique Meyer, al sindaco Giuseppe Sala e al presidente della Regione Attilio Fontana per chiedere loro di non aprire la stagione della Scala il prossimo 7 dicembre con un’opera russa, cioè Boris Godunov di Modest Musorgskij.
«Puskin e Musorgskij – dice Chailly, che sarà sul podio del Piermarini per l’inaugurazione della stagione lirica – sono elementi che hanno creato l’arte e la musica dell’Ottocento. Toccare loro sarebbe come farlo con Dante o Shakespeare. Il Boris Godunov è un’opera che racconta di un personaggio che per l’omicidio commesso per arrivare al potere pagherà un prezzo prima con la follia e poi con la morte. Quando si vedrà lo spettacolo, con l’interessante regia di Kasper Holten, ci si renderà conto che non c’è alcuna propaganda per Putin».
«A un mese dall’inizio della guerra – ricorda Chailly dalle pagine del Corriere della Sera – con cento musicisti e un cast internazionale siamo saliti sul palco per esprimere la partecipazione del teatro in difesa dell’Ucraina. Il 4 aprile abbiamo diretto lo «Stabat Mater» di Rossini e quell’Amen, In sempiterna saecula fu il grido di dolore milanese contro la guerra. Una serata senza onorario e con i fondi raccolti (380 mila euro ndr) a favore dei profughi ucraini. Togliere dall’ascolto un capolavoro, che finisce con follia e morte dello zar, è penalizzare la cultura. L’idea è di collegare «Macbeth» con «Boris», legandoli all’abuso del potere che consuma e porta alla follia. Vogliamo abolire Shakespeare? A gennaio eseguiremo Ciaikovskij, poi un concerto per i 70 anni della morte di Prokofiev, genio ucraino. C’è mancanza di obiettività rispetto all’arte. L’arte non deve pagare lo scempio di quello che avviene dal 24 febbraio».