Sangiuliano ricorda tanto il medico di ‘Anni ruggenti’ , lo straordinario film di Luigi Zampa (interpretato tra gli altri da attori straordinari come Nino Manfredi, Gino Cervi, Gastone Moschin) che narra il viaggio di un assicuratore in una cittadina del sud – Matera – che la cricca locale scambia per un gerarca mandato da Roma in ispezione segreta.
E allora tutti a fare a gara a mostrarsi uno più fascista dell’altro e, ovviamente, a nascondere le malefatte.
Così quando l’assicuratore va in ospedale a parlare con un primario il dialogo viene interrotto da una suora-infermiera che chiede il permesso di dare un ‘cachet’ ad un paziente che ha un forte mal di testa. A quel punto il primario fa finta di ignorare questa parola straniera e vietata dal fascismo. “Cosa è un cachet?”. E poi dopo la spiegazione esclama. “Ah un cialdino. Si chiama cialdino. Diamogli un italianissimo cialdino.
Quello era un film che prendeva in giro i fascisti e il fascismo. Poi decenni dopo arriva al ministero della Cultura Gennaro Sangiuliano che più che un ministro sembra la parodia del medico che chiedeva il ‘cialdino’ e sdegnava il ‘cachet’ nel timore di non compiacere il gerarca.
Adesso il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, sostiene l’idea di inserire la lingua italiana nella Costituzione.
E in un’intervista al Messaggero critica “un certo abuso dei termini anglofoni” appartenente “a un certo snobismo, molto radical chic, che spesso nasce dalla scarsa consapevolezza del valore globale della cultura italiana e della sua lingua, ricca di vocaboli sfumature diverse”. Intanto potrebbe cominciare lui a non usare il termine radical chic, ossia la combinazione di una parola inglese e una francese e dovrebbe dire per corerenza ‘lo snobismo dei radicali eleganti’
“Giusto inserire la lingua italiana nella Costituzione”
Il ministro dice sì all’ipotesi di inserire l’italiano nella Costituzione. “La consacrazione della lingua nazionale è in molte Costituzioni, di gran parte dei Paesi non solo europei, come ha opportunamente ricordato Federico Guiglia”, sottolinea.
“Quindi si tratta di essere coerenti con altre grandi nazioni europee e occidentali, e già il presidente Meloni presentò una proposta in tal senso. Poi, naturalmente, la riforma va armonizzata con il quadro di riforme a cui sta lavorando il ministro Casellati”.
Ovviamente dire in Costituzione che la ,lingua ufficiale della repubblica italiana è l’italiano non sarebbe un problema. Del resto – a quanto se ne sappia – la Costituzione italiana è scritta in italiano e non i aramaico, nel parlamento si legifera in italiano, nelle scuole si insegna in italiano e questo senza che ci sia uno specifico articolo della Costituzione.
Il problema è cosa la nostra destra reazionaria vorrebbe far discendere da questa norma: vietiamo i termini stranieri? Italianizziamo l’informatica? Invece di Saint Luis blues facciamo dire – come ai tempi di Mussolini – il lamento di San Luigi?
La verità è un’altra: da un lato tutti i linguisti spiegano che una lingua non è immutabile ma nel tempo assimila da altre e ne derivano nuovo vocaboli. L’italiano deriva da latino, ma molte parole che usiamo sono longobarde o arabe.
Dall’altro il miglior modo per difendere l’italiano è investire sulla scuola e sulla cultura (anche se la cultura è un patrimonio universale e non solo nazionale, ma ci sta che un occhio di riguardo lo possa avere la cultura italiana)
Poi ti accorgi che questo governo nel quale Sangiuliano scimmiotta il primario degli Anni Ruggenti ha voluto chiamare un ministero con un italianissimo “made in Italy’, che più che da ‘radical chic’ è da poveretti della politica.
E lo stesso governo ha cancellato il bonus cultura per dare il reddito di cittadinanza a quei poveri bisognosi del mondo del calcio.
Insomma, l’italiano può essere difeso in tanti modi. Le parodie sovraniste e para-nostalgiche non servono.
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