L’approdo nei confini italiani della rivista sociologica francese Hermès, La revue ha come scopo la creazione di un dialogo internazionale riguardante la sociologia, la comunicazione e la politica. Un salotto letterario trasposto su carta, i cui attori principali sono Dominique Wolton, direttore responsabile, Carlo Grassi, direttore scientifico e Bernard Valdade, redattore capo.
Hermès Italia, con periodicità annuale, apre con Il politico, l’incomunicazione, il primo numero a cura di Carlo Grassi e Benoît Le Blanc, con contributi di Abruzzese, Andonova, Benjamin, Besnier, Borrelli, Cipriani, d’Almeida, Faldetta, Gavrila, Gervasi, Grassi, Jakobson, La Cecla, Le Blanc, Martone, Morcellini, Morin, Nowicki, Oustinoff, Petullà, Renucci, Salzano, Sicca, Valade, Valagussa, Wolton e Zappalà.
Come spiegano i due curatori ad Adnkronos: “Questo numero si compone di quattro parti in cui vengono discussi i temi metodologici, teorici ed empirici, che consideriamo come il cuore pulsante della ricerca odierna in sociologia”.
Nella quarta di copertina, Grassi e Le Blanc introducono agli italiani “la sfida metodologica, scientifica e umana”, della rivista Hermès, nata nel 1988 su iniziativa di Dominique Wolton, il quale ne è tutt’oggi il direttore.
Wolton non ha paura d’invocare tanto l’interdisciplinarità quanto la pura e semplice indisciplina: in quest’ultima, secondo lui, risiede, infatti, il vero fermento della creazione, della libertà, del mutamento di prospettiva.
La prima delle quattro parti della rivista, come chiarisce Grassi, spiega ai lettori quanto sia essenziale la comunicazione e come Hermès sia “il mediatore per eccellenza: l’intermediario tra uomini e dei, tra cittadini e istituzioni. Partecipa, quindi, ai due poli che collega e vi aggiunge un valore che i due termini da soli non possiedono. Fa riferimento in tal senso alla questione più generale delle reciproche interazioni tra ‘uno’ e ‘molti’: al problema delle relazioni tra i soggetti singolari e la pluralità delle situazioni sociali a cui partecipano”.
Successivamente, nella seconda parte, la rivista entra nel vivo dell’argomento cardine del primo numero, concentrandosi, come scrivono i curatori, “sulla comunicazione politica a partire dalla nozione d’incomunicazione. Ne viene fuori una concezione che rifiuta l’idea accomodante e compiacente per la quale i conflitti nascono da equivoci e incomprensioni: per la quale basterebbe chiarirsi per riuscire a comprendersi e intendersi.”.
Terza e quarta parte trasmettono, invece, spunti di riflessione: “sullo statuto della cultura e della comunicazione nell’Europa democratica” e propongono “una nuova mappatura di valori e di temi che possano aiutare a orientarsi all’interno del nuovo disordine geopolitico. Vengono dibattuti argomenti come la solidarietà politica, economica e sociale, nonché la necessità di ripensare il ruolo e le forme dei corpi intermedi nella comunicazione pubblica. […] Ci si propone, quindi, di prendere in considerazione la politica dal punto di vista genealogico delle sue ragioni primarie: la comunità, la condivisione, l’unità nella dispersione, il problematico stare insieme degli uomini”.