di Alessia de Antoniis
Matilde Gioli è Fernanda nel nuovo film prodotto da Rai Fiction e Red Film con la regia di Maurizio Zaccaro, in prima visione Rai 1 martedì 31 gennaio.
Fernanda Wittgens è stata la prima direttrice della Pinacoteca di Brera e tra le prime donne in Europa a ricoprire un ruolo così prestigioso. Fernanda Wittgens è Matilde Gioli nel film tv di Maurizio Zaccaro “Fernanda”, una coproduzione Rai Fiction – Red Film, prodotta da Mario Rossini, in onda martedì 31 gennaio alle 21.25 in prima tv su Rai 1.
Nel cast, anche Eduardo Valdarnini, Maurizio Marchetti, Valeria Cavali, Francesca Beggio e Lavinia Guglielman.
A Fernanda e al suo coraggio si deve la sopravvivenza dei capolavori ospitati nella galleria milanese, del Cenacolo Vinciano e, soprattutto, la salvezza di molti ebrei e perseguitati dal regime nazifascista.
Fernanda Wittgens non è stata solo una donna diversa, e come tale osteggiata dal clima sociale e politico dell’epoca, tra gli anni 20 e ’30 del secolo scorso, ma anche una donna che ha dovuto prendere decisioni coraggiose e rischiose, che l’hanno trasformata, suo malgrado, in un’eroina. Durante gli anni della guerra, la Wittgens si è prodigata ininterrottamente per aiutare amici e conoscenti ebrei a trovare un rifugio oltre confine per sfuggire alle persecuzioni razziali e, rischiando la vita, ha messo in salvo anche i “capolavorissimi”, come lei li chiamava, ossia quei dipinti che, al di là della esperienza estetica, custodivano la forza delle radici culturali di un Paese.
“Sarebbe troppo bello essere intellettuali in tempi pacifici e diventare codardi, o anche semplicernente neutri, quando c’è un pericolo”, scrive la stessa Fernanda in una lettera accorata dal carcere alla madre, rivelando la sua scelta etica. Una scelta condivisa con altri cittadini impavidi che, nell’Italia oppressa da una guerra devastante, avvertirono il dovere di partecipare alla Storia, forzandone il corso che pareva consegnare la civiltà alla barbarie.
Dal 2014 Fernanda Wittgens è una Giusta tra le Nazioni e il film tv, attraverso il racconto della sua vita, offre ancora una volta l’occasione di ricordare la Resistenza, il coraggio dell’impegno civile, il difficile cammino dell’affermazione femminile e di come l’arte e la bellezza parlino al cuore delle persone e custodiscano un valore salvifico, in un capitolo della nostra memoria collettiva ancora inedito.
In una lettera alla madre dal carcere di San Vittore, datata ottobre 1944, Fernanda Wittgens scrive: “Cara mamma, sempre ti ho detto che io davo alla famiglia quanto potevo, ma mai avrei sacrificato ad essa il mio pensiero e i miei ideali. Non si può e non sarebbe giusto tradire se stessi neppure per gli affetti più cari…”
Spiega il regista Maurizio Zaccaro: “esistono fra le pieghe della nostra storia eventi nascosti che per il loro straordinario impatto umano muovono ancora grandi emozioni. Appunto per questo, il primo fra i motivi che deve rendere credibile non solo l’interpretazione della nostra protagonista, ma anche quella di tutti i personaggi che man mano interagiscono con lei, non è solo la ricchezza di informazioni e aneddoti, ma soprattutto l’autenticità della messa in scena sostenuta anche da pregevoli immagini di repertorio per raccontare la nostra memoria, altrimenti stinta dal tempo, sfocata.
Fernanda assume così un significato universale, svelando il disegno a cui la protagonista è stata predestinata: salvare non solo gli inestimabili tesori d’arte custoditi nella Pinacoteca di Brera di Milano ma anche la vita di tanti ebrei, perseguitati dai fascisti e dai nazisti dopo le famigerate leggi razziali del 1938, “Macchia indelebile” del nostro Paese.
Per fare un film su Fernanda Wittgens, però, non bastano le informazioni, anche se dettagliate, che abbiamo sulla sua vita. Soprattutto negli anni più bui della Pinacoteca minacciata dai bombardamenti, si è reso necessario adattare con originalità e con un pizzico di immaginazione tutta la vicenda. Ed è per questo che oggi, in un’epoca altrettanto buia e drammatica come quella che stiamo vivendo, abbiamo voluto riportare fra noi Fernanda. Perché è proprio del suo esempio che l’umanità ha oggi un estremo bisogno.
E lo facciamo con il pensiero rivolto ad un altro grande artista milanese, Giorgio Strehler, quando il giorno dopo la strage di Piazza Fontana disse agli attori del Piccolo Teatro: “Che cosa possiamo fare noi gente di teatro? Alla mortificazione di non poter opporre, in momenti simili, un qualsiasi gesto utile, di fronte alla dolorosa impotenza del teatro, o più ampiamente dell’arte, di fronte alla violenza e alla follia, l’artista può solo sforzarsi di continuare a fare bene il proprio lavoro”.
Fernanda è quindi una storia che ha richiesto d’essere narrata con il dovuto rispetto, perché oltre alla vicenda personale di questa coraggiosa donna milanese, il film ora realizzato può diventare anche una splendida occasione per raccontare Arte e Bellezza come uniche armi possibili contro guerre insensate, orribili stragi e devastazioni. “L’arte è una della più alte forme di difesa dell’umano”, diceva Fernanda Wittgens.
“Fernanda” è stato presentato alla stampa il 27 gennaio, Giornata della Memoria e rappresenta il contributo della Rai per commemorare questa importante giornata, per raccontare di un mondo finito nel buio ma che non dovrà tornare nel buio.
Sinossi
Fernanda Wittgens è stata la prima direttrice della Pinacoteca di Brera e tra le prime donne in Italia e in Europa a ricoprire un ruolo così prestigioso. Fin da bambina trascorreva le domeniche visitando i musei nella Milano di inizio Novecento in compagnia del padre Adolfo. Il coronamento del suo sogno è reso possibile dall’incontro nel 1928 con Ettore Modigliani, storico direttore della Pinacoteca di Brera. Un incontro che cambia la vita di Fernanda, assunta come “operaia avventizia”.
La giovane donna dimostra di saper e voler fare molto di più di quel che le spetterebbe e quando Ettore Modigliani viene sollevato da ogni incarico in quanto antifascista, lei prende il suo posto, diventando la prima donna a ricoprire un ruolo così importante nella Pinacoteca.
Pochi anni dopo l’Italia entra in guerra e salvaguardare le opere della galleria dai bombardamenti diventa un imperativo: nel giugno del 1940, Fernanda partecipa al primo trasferimento di alcune delle opere ospitate in Pinacoteca. E non solo le opere troveranno una via di fuga: Fernanda si impegna in qualcosa di ancora più rischioso.
All’oscuro anche della sua famiglia, contribuisce a far espatriare in Svizzera centinaia di ebrei destinati al campo di concentramento. Ma è proprio da un giovane collaborazionista che viene tradita e arrestata insieme alle sue amiche e collaboratrici. Fernanda viene condannata a quattro anni di carcere, poi ridotto a uno, ma la guerra è agli sgocciolii.