Con "Paura" Annalisa Aglioti passa da Zelig al teatro
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Con "Paura" Annalisa Aglioti passa da Zelig al teatro

"Paura": riderci su per esorcizzarla. E' lo spettacolo tutto al femminile - stereotitpi compresi - di Annalisa Aglioti e Michela Andreozzi

Paura di Annalisa Aglioti e Michela Andreozzi
Annalisa Aglioti
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14 Febbraio 2023 - 14.13


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di Alessia de Antoniis

Ha debuttato in prima nazionale presso Officina Pasolini, lo spettacolo “Paura”,  di e con Annalisa Aglioti, regia di Michela Andreozzi. Al pianoforte Alessandro Greggia, che sarebbe bello sentir suonare di più. Una sorta di puntata zero in attesa di andare in tournée la prossima stagione.

Annalisa Aglioti è nota al grande pubblico per la sua “moglie modello”. L’abbiamo conosciuta grazie a trasmissioni come Ottovolante (Rai, Radio 2), Zelig Off , “Bambine cattive” su Comedy Central (Sky), Colorado Cafè. È autrice del libro “Enciclopedia della moglie modello”, edizioni Lindau 2014, anno in cui ritorna a Colorado per vincere il Cactus d’oro per il miglior bacio comico.

“Paura” è un viaggio nella paura umana. Titolo che uno si aspetta per una rassegna di film per la notte di Halloween piuttosto che per uno spettacolo comico. Ma, in fondo, cosa esorcizza meglio la paura di una buona risata?

I tempi dello spettacolo non sono quelli televisivi alla Zelig. Complice il maggior tempo da sfruttare, Annalisa non si getta sul palcoscenico: ci scivola lentamente. Prova a coinvolgere lo spettatore in modo diverso, forse anche disorientandolo, magari deludendo inizialmente le aspettative.

Ma lo spettacolo non ne risulta compromesso: sei in teatro, ti siedi comodo, circondato da altre persone, condividi un’esperienza, niente interruzione pubblicitaria, c’è il tempo per creare un’alchimia. Senza il filtro del maxischermo al plasma, Annalisa passa tra il pubblico, ti fa domande, ti coinvolge.

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Scrive Annalisa Aglioti nelle note di regia: “Paura è uno spettacolo comico o più che altro una mappa senza satellitare della nostra città mentale dove spesso, a guidarci, non c’è alcuna voce elettronica esperta di ogni strada. C’è solo la voce interiore della paura, che più che darci le indicazioni, ci dà soltanto controindicazioni, segnalandoci esclusivamente blocchi, limiti di velocità e sensi unici. Una galleria di donne diverse dietro la cui personalità fissata su un unico punto di vista -come accade spesso ai personaggi dei fumetti- si può leggere sempre lo sgambetto di una qualche paura che non si è riusciti a superare. Diceva John Lennon che esistono due forze motivanti fondamentali nell’uomo: la paura e l’amore. Figuriamoci per la donna in un pianeta a misura di maschi. Ma è poi necessario superare proprio tutte le nostre paure? Da dove viene questo mito dell’invincibilità e l’imperativo di dover abbattere assolutamente i propri limiti? Non abbiamo proprio nulla da imparare quando qualcosa ci spaventa? Vorrei tentare allora di ospitare per un po’ la paura, non di nascosto e al buio come al solito, ma alla luce dell’ironia e dell’iperbole, per provare a dirne così qualcosa in più, visto che dell’amore ne hanno parlato già tantissimi grandiosi e inarrivabili scrittori, tra cui naturalmente l’illustrissimo Anonimo, celeberrimo poeta dei baci Perugina”.

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In scena Annalisa porta personaggi come Mina e la sua paura dell’errore; la zia Pinella con la paura del giudizio. C’è la moglie modello con la paura della solitudine; la gattara Chicca con la paura della relazione.

Divertente il monologo “Taxi”, ovvero come si dovrebbe rispondere alla domanda: “quando lo fai un figlio?” Annalisa spazia dalla paura della maternità alla paura della morte.

Tante donne diverse che la regia di Michela Andreozzi ha condensato in un unico spettacolo dove, forse, l’unica paura è quella di essere se stesse,  vittime degli stereotipi.

Quello che fa tristemente ridere, è che quella donna con i capelli perfettamente in piega, il vitino da vespa, il vestito bon ton, che passa l’aspirapolvere con un decolleté tacco dieci, truccata da un make up artist, con un sorriso di porcellana, felicissima di trascorrere le sue giornate tra ferri da stiro e fornelli, con l’unica ragione di vita di accogliere il marito che torna a cena, lontano ricordo delle pubblicità americane degli anni Cinquanta, alberga in noi radicata come quell’innocente e apparentemente innocua pianta infestante, dai fiorellini delicati, che provi a estirpare dal vaso sul tuo terrazzo e ti sega le mani.

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In sintesi donne del 2023 che, in-felici cenerentole, parlano con topi e uccellini, ignare di essere ben lontane dalla felicità e ben vicine a un esaurimento nervoso.

Uno spettacolo divertente che, a dieci anni dall’uscita del libro “Enciclopedia della moglie modello” al quale si ispira, ci fa ridere ricordandoci che santa Zerbina, protettrice della moglie-elettrodomestico-in-perizoma, è più venerata di san Gennaro. Una pièce comica sulla dipendenza affettiva, sulla mancanza di stima alimentata e strumentalizzata da chi non ci amerà mai neanche se ridotte a zerbino, sulla paura di restare sole, sul falso mito che si è donne solo se si “fa” un figlio (proviamo a pensare in quali casi si usa il verbo “fare”).

“Paura” di Annalisa Aglioti: uno spettacolo per esorcizzare la paura dello stigma di non essere moglie-madre-patria (no…patria no)-regina del focolare, ridendo sui luoghi comuni e sugli stereotipi che ancora, come graziose erbette innocenti, ci affliggono avviluppandoci con radici forti e profonde. 

“Paura”: uno spettacolo dove nessuno vi rimanda dal marito violento pur di fare ascolti.

Uno spettacolo ironico e autoironico per ridere anche sull’autolesionismo. Da godere magari in un teatro raccolto tra comicità e ottimo pianobar.

Al diavolo santa Zerbina. No pantofole e pigiami di pile. Astenersi gattare. Siete pregate di lasciare l’aspirapolvere all’apposito parcheggio.

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