A vincere l’Orso d’Oro la settantatreesima edizione del Berlinale è Sur l’Adamant, del regista francese Nicholas Philibert; un documentario girato, nell’arco di tre anni, nel Centre de jour l’Adamant, un centro diurno situato su una stazione galleggiante sulla Senna che ospita persone affette da disturbi mentali.
L’obiettivo del regista era quello di ritrarre tali disturbi in modo più umanizzante, ribaltano la concezione, a volte distorta, che il grande pubblico ha sui disturbi mentali.
Durante il discorso tenuto dopo la nomina, Philibert ha detto: “”Ho cercato di convertire l’immagine di persone che spesso vengono discriminate e stigmatizzate”. “Anche se non possiamo identificarci in loro – ha continuato – possiamo trovare una comune umanità, il sentimento di far parte dello stesso mondo”.
Nel concludere, ha lasciato ai suoi ascoltatori un monito: “Le persone più folli non sono quelle che pensiamo lo siano”.
Per il suo “contributo artistico”, l’Orso d’Argento è stato vinto da Helene Louvart per la direzione della fotografia di Disco Boy, film drammatico di Giacomo Abbuzzese.
Altro Orso d’argento, questa volta per la migliore interpretazione, è andato a Sofia Otero, che a soli 9 anni ottiene il premio per la sua interpretazione in 20.000 species de abejas, diretto dalla regista basca Estibaliz Urresola Solaguren.
La miglior regia è andata, invece, a Philippe Garrel, per il film Le grand chariot.
Ad aggiudicarsi il Gran premio della giuria è stato il regista tedesco Christian Petzold, che ha visto l’Orso d’argento con Roter Himmel.