È un omaggio alla forza di Nasim Eshqi, scalatrice iraniana e pioniera dell’arrampicata all’aperto, il nuovo podcast diretto da Fabio Sabatini dal titolo “Nasim, Iran verticale”. Disponibile dal 2 marzo su RaiPlay Sound, sarà lei insieme a Francesca Borghetti a ripercorrere la sua storia raccontandosi in cinque episodi. L’opera arriva a seguito del primo documentario che Borghetti le aveva già dedicato, “Climbing Iran”, finalista ai David di Donatello e Premio del Pubblico al Trento Film Festival.
Unica nel suo talento, tanto da aver aperto innumerevoli vie sulle pareti rocciose, Nasim è diventata un idolo nel suo paese e un simbolo di protesta contro il governo, soprattutto a seguito delle rivolte scaturite dopo l’uccisione Mahsa Amini da parte del regime islamico. Come racconta Nasim, attualmente in Italia: “La morte di Mahsa a è stato l’episodio che ha fatto scoppiare la rivoluzione nel mio Paese. Ma erano 44 anni che la protesta montava. Oggi per me tornare è troppo pericoloso. Da qui posso essere megafono della voce della mia gente”
Come afferma Borghetti la prima volta che venne a sapere di Nasim fu leggendo il giornale “Era il momento dell’accordo sul nucleare, all’epoca di Obama. – dice – Mi colpì perché era una scalatrice, donna, ma che viveva in Iran. E in Iran sono pochissime. Ad aprire nuove vie, poi, c’è solo lei. Così sono partita per incontrarla. È importante raccontare la sua storia perché va oltre stereotipi e cliché. Noi abbiamo un’immagine bidimensionale dell’Iran. Grazie a Nasim ho conosciuto anche una parte di Paese completamente diversa, molto piccola, ma piena di colori, senza Komehyni”.
Figlia di insegnanti e anche campionessa di kickboxing, Nasim ha e sta sfidando leggi e tabù del suo paese, a partire dal non indossare il velo mentre scala per ragioni di sicurezza. “Quello che è accaduto a Mahsa Amini, essere arrestata per aver ‘mal indossato il velo’, è capitato più volte anche a me. – dice – Ti caricano e ti portano in commissariato e tu taci perché sai che può accadere di tutto. A protestare oggi sono anche giovanissime, ragazzine di 10 anni”.
È proprio sulle bambine, infatti, che il regime sta puntando il dito, centinaia i casi di avvelenamento a danno delle più piccole che si verificano nelle scuole. “In questo modo le rendono un posto non sicuro e scoraggiano le famiglie a mandare le proprie figlie in classe” dice Nasim.