Era il 1970 quando il cantautore inglese John Lennon cantava, in un pezzo oggi immortale, “working class hero is something to be”. Il testo del brano è interamente incentrato sul racconto delle dure condizioni lavorative a cui gli operai di tutto il mondo erano sottoposti.
Accade spesso, infatti, in alcuni momenti di crisi più che in altri, che si avverta il bisogno di affrontare direttamente la realtà lavorativa di certi ambienti e quei soprusi che ne costituiscono una parte importante. L’arte, in generale, non solo la musica e tantomeno non solo Lennon, si è fatta spesso carico di rappresentare questa porzione del reale per indagarlo, conoscerlo, trovare degli spunti per riflettere e proporre delle soluzioni.
In tal caso, non si può dimenticare come la letteratura spesso si sia mossa in questa direzione. Carlo Bernari, Vasco Pratolini, Ottiero Ottieri, Paolo Volponi sono solo alcuni nomi di autori nostrani che, costruendo romanzi, storie, saggi, hanno indagato questo tema.
È proprio coerentemente a ciò, che oggi, per far il punto della situazione, nasce il Festival di Letteratura Working Class. Si svolgerà dal 31 marzo al 2 aprile, in provincia di Firenze, a Campi Bisenzio nel presidio Gkn, che è attualmente in via di chiusura e rilocalizzazione. Lo stesso Collettivo di fabbrica lo organizza con le Edizioni Alegre, in collaborazione con Arci Firenze, sotto la direzione di Alberto Prunetti.
“Lo scopo del nostro festival è contribuire a creare un nuovo immaginario di classe – spiegano gli organizzatori – e a dare il giusto peso culturale ad autori e autrici che hanno trattato temi come la provenienza e le ferite di classe, il lavoro oppresso e le sue lotte, gli infortuni professionali, l’orgoglio di essere nati in famiglie operaie. E al contempo sostenere concretamente la cassa di resistenza del Collettivo di Gkn”.
Anche l’industria editoriale sembra aver mostrato il proprio interesse per queste tematiche e per queste realtà. Il segno evidente che dimostra quanto affermato è la comparsa in libreria di opere legate al duro mondo del lavoro operaio e non, oggi. Alla linea di Joseph Ponthus, edito da Bompiani, Cameriera di Sarah Graisforth, per Einaudi, La porca miseria di Cash Carrawy, per la casa Edizioni Alegre, sono delle opere che si potrebbero citare a tal proposito.
Dato poi che il Festival di Letteratura Working Class si radica in un contesto prima, e maggiormente, industrializzato come quello anglosassone, molte delle opere oggetto di riflessione nella kermesse provengono da quel retroterra geografico e culturale. Non stupisce, dunque, che il modello di riferimento sia il Working Class Writers Festival, nato, appunto, nel Regno Unito, a Bristol.
Per quanto riguarda gli ospiti, insieme al britannico Ken Loach, ci saranno Simona Baldanzi, Cynthia Cruz, Claudia Durastanti, Angelo Ferracuti e Alessandro Portelli.
Il direttore del festival, Alberto Prunetti, figlio di Renato Prunetti, saldatore di Piombino che dieci anni fa scrisse Amianto. Una storia operaia, è anche il curatore della collana Working class per la casa editrice Alegre, per la quale ha appena riproposto Tuta blu di Tommaso di Ciaula, opera che racconta rispettivamente la vita operaia nel sud Italia degli anni Settanta. Per lo stesso editore, inoltre, si ricorda anche la pubblicazione di Insorgiamo del Collettivo di fabbrica Gkn, riguardante la lotta d’avanguardia dei metalmeccanici toscani. Quelle che propone, da pubblicare e al festival, sono opere di narrativa che raccontano la classe lavoratrice da dentro.
Sempre lo stesso Prunetti, poi, aprirà la manifestazione con un incontro dedicato a Non è un pranzo di gala, edito da Minimum Fax, che, come recita il sottotitolo, indaga proprio sulla letteratura working class. Sabato ci sarà l’incontro con alcuni poeti operai, mentre domenica si parlerà di immigrazione, razza, classe, scrittura.