di Marialaura Baldino
A Napoli c’è un ponte che sovrasta il rione Sanità, nel quartiere Stella. Un importante collegamento della cittadina partenopea. Quel ponte, nel 1943, con la presa di potere da parte del colonnello Walter Scholl della Wehrmacht, doveva essere distrutto dall’esercito tedesco, per impedire le comunicazione all’interno della città con i gruppi di napoletani insorti contro gli occupanti. A proteggerlo stava la ventitreenne Maddalena Cerasuolo. Oggi, quel ponte porta il suo nome.
Operaia in una fabbrica di scarpe in Vico delle Trone si unì, come volontaria, ad un gruppo di cercatori d’armi, per sottrarre agli occupanti qualsiasi ordigno e fucile d’assalto potesse essere utile alla resistenza.
Durante le Quattro giornate di Napoli partecipò agli scontri armati nel quartiere Materdei, impedendo che quella stessa fabbrica dove lavorava venisse depredata dai tedeschi, i quali minacciavano di farla esplodere insieme anche alle palazzine circostanti. In un’azione di avanscoperta solitaria calcolò la portata delle forze tedesche, offrendosi ancora una volta come volontaria per contrattare la resa degli ufficiali della Wehrmacht consegnando loro una richiesta ufficiale scritta.
Fu la sua azione partigiana al Ponte della Sanità a valerle la Medaglia di Bronzo al valore militare. Lì, insieme a suo padre Carlo Cerasuolo, al sottotenente Dino Del Prete, all’ufficiale dei Vigili del fuoco Vinicio Giacomelli e ad altri partigiani dei rioni Stella e Materdei, riuscì a salvare l’importante collegamento della città.
Dopo la liberazione di Napoli, Lenuccia, così la chiamavano, collaborò con i servizi segreti britannici, dall’ottobre del ‘43 al febbraio del ’44, nelle missioni “Hillside II” e “Kelvin”.
In appoggio al Soe, l’allora organizzazione britannica per le operazioni speciali, si paracadutò oltre la Linea Gotica, tra Roma e Montecassino, per raccogliere informazioni sulle strategie dei tedeschi, fingendosi la cameriera personale dell’artista Anna d’Andria.
Donna simbolo delle Quattro giornate di Napoli e delle partigiane meridionali ha abbracciato il moschetto, lanciato bombe e partecipato alle insurrezioni senza mai vacillare. Nessun ruolo ausiliario, come a volte viene ricordato; Maddalena e le donne napoletane erano in prima linea per la difesa della città e la lotta per la liberazione, sopperendo anche alla carenza di uomini ancora arruolati.
Già dal 23 settembre 1943, a seguito dell’Editto Scholl, che imponeva a circa trentamila napoletani, di età fra i 18 e i 33 anni, di presentarsi spontaneamente ai centri di reclutamento per essere deportati in Germania, si legge dai racconti di Maddalena di come le donne partenopee decisero di nascondere i propri figli, mariti e fratelli per salvarli.
Riuscirono ad evadere i controlli tedeschi, anche rischiando i rastrellamenti dell’esercito occupante.
Lei e tutte le insorte partenopee sono state, come disse in un documentario Rai Antonio Amoretti – partigiano delle quattro giornate scomparso a dicembre scorso – a chiav e ll’arco (la chiave dell’arco, ndr); la pietra che, insieme al resto dei partigiani napoletani e dei militari insorti, ha retto e spinto per la liberazione della città.
Non eroine o eroi, ma partigiani. Una parola nata lontana da Napoli, al centro-nord, per indicare chi prendeva parte, quella contro il sistema, contro i soprusi e le ingiustizie. E allora è così che anche gli insorti di Napoli come Maddalena sono diventati partigiani, restituendo la libertà agli abitanti e la fine delle depredazioni.
È qui che mi tornano in mente le parole di uno degli ultimi testimoni di quei giorni, Gennaro Di Paola, intervistato da Fanpage, morto il 4 dicembre 2019: «Quando parlano di Napoli, dei partigiani di Napoli, della prima città europea insorta e liberatasi da sola dal nazifascismo, io dico allora che tutta Napoli è stata partigiana».
Sono molti i ricordi culturali espressi in memoria di Maddalena: penso al film di Nanni Loy, Le quattro giornate di Napoli; penso al cortometraggio Barricate, di Alessandro Scippa del 1995, ai numerosi testi e raccolta di testimonianze sulle attività partigiane di Napoli e sulle insurrezioni delle Quattro Giornate. Penso anche al libro scritto dalla figlia Gaetana, La guerra di mamma. Penso, inoltre, al Treno dei Bambini, di Viola Ardone, edito nel 2019, dove viene menzionata con l’alter ego di Maddalena Criscuolo.
La storia e le azioni di questa allora giovane donna e operaia racchiudono e simboleggiano non solo l’importanza e la centralità delle donne nella lotta partigiana, ma racchiude anche la notorietà mancanta di tutte coloro che, pur se oggi dimenticate, hanno combattuto per la libertà.