Giunto al secondo giorno, il Todi Festival procede con il vento in poppa. Dopo la serata inaugurale dedicata alla poetessa Patrizia Cavalli, ricordata e rivissuta dal duo Iaia Forte e Diana Tejera, il 27 agosto è stata la volta di due spettacoli molto diversi tra loro, com’è nel Dna di questa kermesse. Nell’ambito della programmazione “Around Todi”, pensata per dare visibilità alle esperienze culturali del territorio, ha debuttato a livello nazionale al Teatro Nido dell’aquila Church’s e stivaloni di gomma. Tre morti due feriti e… di e con Marco Gregoretti e Gianluca Di Febo, una riflessione sul mestiere di giornalista svolta in prima persona da Gregoretti, che ha ripercorso la sua lunga carriera professionale, contrassegnata dai principali fatti di cronaca del nostro Paese negli ultimi decenni, a partire dal sequestro e omicidio di Aldo Moro, racconto intercalato da brani musicali e aneddoti personali sul filo di una passione inestinguibile per il proprio lavoro, un cogente invito alla libertà di pensiero e di stampa.
La rassegna “Main Stage” ha invece proposto presso il Teatro comunale la performance di danza What’s your nAIM?, di Edoardo Guarducci e le coreografie della Cornelia Dance Company, compagnia napoletana fondata nel 2019. I danzatori Eleonora Greco, Marta Ledeman, Marco Munno, Francesco Russo hanno con ritmo travolgente dato vita ad un evento di grande suggestione emotiva. Attraverso il gioco di parole del titolo (tra NAME, nome e AIM, obiettivo), lo spettacolo – in scena in anteprima nazionale – conduce il pubblico ad interrogarsi sul tema del conflitto tra sempre fragili identità personali e ruoli imposti da condizionamenti esterni. Il contrasto tra il sé e l’altro è rappresentato da una messa in discussione dei codici della danza, che crea uno spazio di ricerca autonoma nell’uso del dinamismo dei corpi.
Le quattro differenti personalità che si muovono sul palcoscenico affrontano un percorso di cambiamento scandito dalla musica dal vivo performata dal polistrumentista Flavio Paglialunga, egli stesso personaggio drammaturgico che interagisce con i danzatori al di là di un’installazione a specchio, talvolta riflettente, talvolta trasparente secondo le modalità delle mutazioni identitarie. Lo spazio scenico completamente spoglio, inizialmente percorso da corpi in esagitato movimento, quindi cristallizzati in plastici quadri da un uso del colore che sembra rimandare alla pittura fiamminga, la musica dalle cadenze techno prima incalzante, poi maestosa con tappeti sonori, affidano allo spettatore il compito di operare una sintesi personale dal risultato imprevedibile. Un plauso va anche ai curatori del progetto sonoro della Inude, alla scenografia e ai costumi realizzati da Atmo, che hanno contribuito alla riuscita di un allestimento di sicuro impatto visivo e concettuale.