Il ricordo di Carmelo Bene attraverso le sue lezioni
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Il ricordo di Carmelo Bene attraverso le sue lezioni

Un ricordo per tutti i suoi estimatori, una rarità su YouTube: l’introduzione alla prima delle 4 lezioni che Bene tenne al Palazzo delle Esposizioni nel dicembre 1990. <br>

Il ricordo di Carmelo Bene attraverso le sue lezioni
Carmelo Bene
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Rino Maenza Modifica articolo

1 Settembre 2023 - 09.06


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di Rino Maenza

Carmelo Bene è stato uno dei più importanti protagonisti del teatro italiano ed europeo del ventesimo secolo. Non solo, è stato un grande intellettuale, un uomo colto, uno straordinario polemista, intelligente e mai banale.
Lo voglio ricordare in una sua singolare performance, non consueta, un ciclo di quattro lezioni (seminario) che tenne a Roma dal 12 al 15 dicembre 1990 in occasione della riapertura del Palazzo delle Esposizioni di Via Nazionale dopo il restauro. Fu l’allora assessore alla Cultura del Comune di Roma Paolo Battistuzzi che lo invitò a partecipare alle iniziative per la riapertura del Palazzo.


Alla domanda legittima di Carmelo “Ma che cosa vuoi che faccia?” la risposta formidabile dell’assessore fu “quello che vuoi, tanto qualunque cosa ti voglia fare sarà bella, stimolante e di sicuro interesse”. E quella che sembrò una scelta ovvia (“Parlerò del Teatro”) è diventata “Cos’è il Teatro?!”, “…più che altro delle farneticazioni, delle riflessioni, delle considerazioni tra me e me”.

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Questo ciclo di lezioni costituisce un esempio interessante della sua modalità di approccio all’analisi. La domanda che segna la direzione di queste lezioni, di quello che Carmelo definisce un “raccontare tra sé e sé”, è: “Che cos’è il teatro?”.


La ricerca non si struttura attraverso un’analisi strettamente cronologica della storia del teatro, che sarebbe “imbecille” e misera, come tutto ciò che è passibile di diventare storia, ma parte dal riconoscere la confusione che da sempre, dalla tragedia greca, si è fatta tra teatro e spettacolo. Come sostiene CB, mentre lo spettacolo è riscontrabile ovunque, in Tv, dal fornaio, a Palazzo Chigi, il teatro non si è mai visto davvero. Il termine teatro può essere utilizzato propriamente, dunque, solo per definire lo spazio architettonico all’interno del quale si presenta una messa in scena.


Essendo il teatro, infatti, essenzialmente un togliersi dalla scena, un farsi vuoto ed essere parlati, un essere osceni in senso etimologico (cioè presentare qualcosa che non è in scena mentre si è in scena), è ovvio che ogni messa in scena è rappresentazione (in senso schopenaueriano), racconta solo il fenomeno del quotidiano, è intrattenimento di scarso interesse. Le osservazioni che si susseguono durante le lezioni sono sempre “vomitate” attraverso le parole di geniali pensatori (come Nietzsche, Schopenauer, Lacan, solo per citarne alcuni) o tramite le azioni dei grandi che hanno fatto “storia” (Bruto, Lorenzo de’ Medici).

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Lo spirito provocatore di Carmelo non risparmia di certo, in queste riflessioni, critiche a chi nella vita lavorativa, come in quella affettiva si comporta in maniera poco onesta: Carmelo getta fango sui critici e sui registi che definisce “talentati nei capelli”, non trascurando note di demerito nei confronti di chi ha pensato un teatro che fosse testo e movimento, rimanendo ancorato alle categorie aristoteliche di luogo, spazio e azione. Biasima personaggi come Brecht e Shakespeare, al quale poi ritorna, però, durante la realizzazione dei suoi lavori.


L’ultima parte della riflessione è appunto dedicata al modo in cui C.B. (come Carmelo ama citare se stesso, tentando di dissimulare il più possibile la presenza di un Io ingombrante) ha realizzato il teatro: riconosce a sé stesso il “de-merito” di essere stato l’unico ad aver offerto degli attimi di vero teatro, attraverso l’eliminazione del linguaggio, del soggetto e dell’oggetto, partendo comunque da testi stranoti. La contraddittorietà voluta e strutturalmente imprescindibile, insieme all’onestà che caratterizza queste lezioni, sono davvero indice della profondità della ricerca verso cui Carmelo stava sprofondando e che sapeva essere la ragione del suo fare teatro.

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Vedere e ascoltare Carmelo che vaneggia, che parla a sé stesso e con sé stesso, dopo tanti anni dall’occasione della registrazione di quelle quattro lezioni confermerà l’apprezzamento della freschezza e della schiettezza di un pensiero libero, senza vincoli e che appare nella dimensione di un grande genio del ventesimo secolo.

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