Di Irene Perli
“Ora, se qualcuno provasse a toccarmi, io piangerei”, perché “Non sono più capace di interagire con un uomo in tal senso”. Queste sono le parole conclusive della lettera scritta e inviata a Zona Bianca dalla diciannovenne che, a Palermo, è stata vittima di una violenza sessuale di gruppo.
Mi trovo in difficoltà nel commentare queste righe perché, fortunatamente, non ho mai vissuto un’esperienza così traumatica. Ne ho vissute altre, però, e se ci penso ancora oggi mi vengono i brividi sulla pelle e rimango con lo sguardo fisso in un punto, mentre la paura fa nuovamente capolino. Dopotutto, la violenza rimane violenza.
Dati alla mano è possibile affermare che, fino al 18 agosto scorso, sono stati registrati 74 casi di femminicidi, e ogni giorno veniamo a conoscenza di nuovi casi di violenza fisica o piscologica denunciati. Violenza sessuale di gruppo a Palermo nei confronti di una diciannovenne; violenza sessuale di gruppo a Caviano, nei confronti di due cugine di tredici anni; violenze sessuali ripetute dal 2011 al 2023 a Monreale, subite da due sorelle, che oggi hanno rispettivamente 13 e 20 anni, da parte di padre, nonno e zio. Il Policlinico di Palermo si è dichiarato preoccupato per l’aumento di vittime di abusi sessuali in quanto, dal primo gennaio trentuno agosto di quest’anno, le vittime risultano essere 37, dodici in più rispetto allo stesso periodo nel 2022.
Di fronte alla brutalità, alla ferocia e alla disumanità di queste azioni, uscire di casa diventa spaventoso per una donna. Ma questa sensazione è normale? No, non è normale dover aver paura di uscire, non è normale far finta di parlare al telefono con qualcuno se si attraversa una strada e in lontananza si vede un gruppo i uomini, non è normale rinunciare a fare sport, prendere un aperitivo o andare a cena fuori così almeno “evito di mettermi in situazione pericolose”. Quest’ultima frase è una condanna, è essa stessa una violenza.
È bene che sia chiaro a tutti, soprattutto a coloro che liquidano i fatti di cronaca con un semplice “se l’è andata a cercare”, che le vittime non hanno colpe. Non è colpa loro se qualcuno le picchia, le segue, le parla di quanto la vorrebbero sc***re, le stupra o le uccide. I vestiti non c’entrano, il trucco non c’entra e non c’entrano neanche i comportamenti. L’unica colpa è quella degli aguzzini che, sentendosi come dei veri maschi alfa e vedendo la popolazione femminile come oggetto sessuale, pensano di poter fare tutto quello che desiderano. A conferma di questo, provate a cercare la parola “carrozzeria” su una qualsiasi piattaforma di immagini senza licenza come Shutterstock: sarete fortunati a trovare fotografie di auto, perché solitamente i risultati che si ottengono sono immagini di copri femminili. Anche questa è violenza: è davvero difficile pensare e capire che dall’altra parte ci sono delle persone e non degli oggetti? A coloro che colpevolizzano la vittima: anche voi la state violentando.
Serve educazione, e il costante aumento di abbandono scolastico non aiuta. È necessario introdurre innovazioni nel programma scolastico e, in prima battuta, rafforzare l’insegnamento di educazione civica, introducendo anche educazione sessuale nella rosa degli insegnamenti, ma questo non basta: anche a casa ci deve essere un ambiente altrettanto equilibrato e sano. Forse allora gli uomini smetteranno di vedere le donne come se fossero etichette di YouPorn.