di Agostino Forgione
Appena arrivato in Piazza Tolomei, venendo da una delle traverse laterali alla Chiesa di San Cristoforo, la prima cosa che ho fatto è stata salire sul sagrato per capire quanta gente ci fosse. Nonostante la forte pioggia, una fitta e variopinta distesa d’ombrelli si dipanava fino alla strada, non lasciando neppure uno spicchio di suolo scoperto.
“Diamine, nonostante l’acqua, la gente c’è”, ho pensato meravigliato.
Sceso dalle scale e arrivato ad altezza d’uomo, ho iniziato a divincolarmi per raggiungere il cuore della piazza, ma una costatazione si è subito presentata prepotentemente alla mia attenzione: Qui sono quasi tutte donne, mi sono detto, con lo sguardo che guizzava a destra e a manca.
La più grande riflessione che stasera, dopo la manifestazione, mi sono portato a casa è proprio questa: al presidio in ricordo di Giulia Cecchettin e a denuncia della violenza contro le donne c’erano, per la stragrande maggioranza, solo donne.
Ho provato a contarli, gli uomini; uno ogni sette donne, su per giù. Insomma, non tanti quanti avrei sperato di trovare.
Ho provato a cambiare posizione, forse per qualche assurdo scherzo della statistica ero capitato nell’unico punto della piazza in cui riuscivo a vedere solo un paio di miei simili attorno a me. Mi sono fatto strada tra gli ombrelli e la pioggia che continuava a cadere copiosa, ma di maschi ce n’erano davvero pochi.
Una costatazione che non è stata solo la mia, ascoltando alcuni commenti delle ragazze lì presenti. Spostandomi nella ressa più volte mi è sembrato di sentimi addosso quello sguardo con il quale si guarda qualcosa di inaspettato o, per meglio dire, di non comune. Ho continuato a guardarmi attorno ed ecco che una donna di mezz’età, proprio accanto a me, mi sorride. Glielo ricambio e incrocio il suo sguardo per un attimo, prima che un insolito imbarazzo mi porti ad abbassarlo. Forse è proprio l’imbarazzo ad avermi fatto sentire un po’ un alieno in quel contesto.
Prima di oggi, verità vera, mi sono sempre un po’ risentito ogni volta che leggevo o sentivo dire che tutti noi maschi siamo colpevoli per il protrarsi del patriarcato e delle violenze commesse contro le donne. “Ciascuno di noi è colpevole di tutto e per tutti sulla Terra” scriveva Dostoevskij nei fratelli Karamazov, ma io la mia mano a combattere il maschilismo l’ho sempre data, almeno speravo.
L’ho sempre fatto perché sono profondamente consapevole che il femminismo sia qualcosa che remi a favore non solo delle donne, ma di tutti. Ed è per tale ragione che da tempo riconosco che ripudiare i modelli sociali maschilisti e patriarcali giovi anzitutto a me.
“Perché devo sentirmi dire che anche io sono causa del perdurare della cultura che, quantomeno consciamente, disprezzo?” mi son chiesto finora.
Oggi però, constatando che a difendere i diritti delle donne ci fossero per lo più donne, lo dico anch’io: è colpa di tutti noi maschi.
Argomenti: femminicidio