Riemerso a Pompei un panificio-prigione
Top

Riemerso a Pompei un panificio-prigione

Il rinvenimento sembra avere conferme anche da fonti letterarie del II secolo d.C. Sangiuliano: "La scoperta è prova del valore del sito".

Riemerso a Pompei un panificio-prigione
Preroll

redazione Modifica articolo

11 Dicembre 2023 - 16.42 Culture


ATF

Dal parco archeologico di Pompei continuano a riaffiorare edifici che ne testimoniano l’alto valore. In particolare, nell’area Regio IX – insula 10, è stato scoperto un panifici- prigione dove persone ridotte in schiavitù e bestie da soma venivano sfruttate per la macinatura del grano necessaria a produrre il pane. A dare l’annuncio del ritrovamento è stato il direttore del Parco Archeologico di Pompei Gabriel Zuchtriegel, specificando che nell’area del rinvenimento sono tuttora attivi scavi per un più ampio progetto di manutenzione e messa in sicurezza dell’area ancora non indagata della città.

Il panificio con ogni probabilità era un ambiente angusto senza alcun affaccio esterno, caratterizzato da piccole finestre con grate in ferro per il passaggio della luce. Sul pavimento invece sono presenti degli intagli che servivano a coordinare il movimento degli animali (i quali giravano con gli occhi bendati). Secondo ulteriori indagini si ipotizza che fosse una casa in corso di ristrutturazione, suddivisa in un settore residenziale con affreschi, mentre l’altra parte era adibita all’uso produttivo (in questo caso un panificio). Già prima di questa scoperta nei mesi scorsi vennero rinvenute tre vittime, a testimonianza che la dimora non era disabitata. 

Leggi anche:  La Basilica di Aquileia: un patrimonio di tutti, per tutti

Questa scoperta è importante per due motivi. Il primo è la restituzione di una testimonianza autentica del lavoro estenuante a cui erano sottoposti persone e animali nei mulini, con una conferma che viene anche dallo scrittore latino Apuleio (vissuto nel II sec. d.C.). Nel suo celebre libro Metamorfosi IX 11-13 narra l’esperienza del protagonista Lucio che viene trasformato in asino per poi essere venduto a un mugnaio, il quale fa supporre che l’autore avesse una conoscenza diretta di questi contesti. Inoltre queste scoperte possono descrivere ancora meglio il funzionamento pratico di tutto l’impianto produttivo e che conferma in maniera puntuale la testimonianza dello scrittore.

“Si tratta, in altre parole, di uno spazio in cui dobbiamo immaginare la presenza di persone di status servile di cui il proprietario sentiva il bisogno di limitare la libertà di movimento – fa notare Gabriel Zuchtriegel, in un articolo scientifico a più mani pubblicato oggi sull’E-Journal degli scavi di Pompei – È il lato più sconvolgente della schiavitù antica, quello privo di rapporti di fiducia e promesse di manomissione, dove ci si riduceva alla bruta violenza, impressione che è pienamente confermata dalla chiusura delle poche finestre con grate di ferro”. 

Leggi anche:  La Basilica di Aquileia: un patrimonio di tutti, per tutti

Il direttore continua sostenendo che: ”Le fonti iconografiche e letterarie, in particolare i rilievi della tomba di Eurysaces a Roma, suggeriscono che di norma una macina fosse movimentata da una coppia composta da un asino e uno schiavo. Quest’ultimo, oltre a spingere la mola, aveva il compito di incitare l’animale e monitorare il processo di macinatura, aggiungere del grano e prelevare la farina”. 

Su questa scoperta si è espresso anche il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, “questa scoperta è un’ulteriore conferma del valore inestimabile dell’intero sito archeologico. Il Parco di Pompei continua a rivelare nuovi tesori che si aggiungono al patrimonio già ricchissimo della nostra Nazione. Queste nuove scoperte, frutto di scavi e di una ricerca scientifica continua e puntuale, confermano l’unicità di un luogo che tutto il mondo ci invidia”, si legge in una nota.

Native

Articoli correlati