Oltre tutte le convenzioni: perché ricordare l'istrionico Frank Zappa
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Oltre tutte le convenzioni: perché ricordare l'istrionico Frank Zappa

Anticonvenzionale, eccentrico sia nel suo modo d'esser sia nel modo di scrivere musiche e testi, fuori da qualsiasi schema  e con uno stile personalissimo. Quel "Genio ribelle" oggi ci manca. Il ricordo di un musicista che ha contribuito a fare la storia

Oltre tutte le convenzioni: perché ricordare l'istrionico Frank Zappa
In foto Frank Zappa
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Manuela Ballo Modifica articolo

21 Dicembre 2023 - 09.47 Culture


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Una data rimane segnata nei calendari di tutti gli appassionati del rock: il 4 dicembre del 1993 se ne andava uno dei più acuti compositori di quel periodo, Frank Zappa. Un genio ribelle. Oggi è ricordato principalmente per la sua arte chitarristica. Andrebbe però ricordato, soprattutto, perché era un grande interprete difficile da emulare nel nuovo panorama musicale. Zappa era nato il 21 dicembre di 83 anni fa.

E andrebbe fatto proprio oggi che avremmo bisogno di un “Genio ribelle” come Frank; qualcuno che sia capace, come lui ha fatto, di andare  oltre le convenzioni e i canoni musicali imposti dalle major. Qualcuno che la musica la senta e che sia capace di trasmettercela con forza e immediatezza. Questo era Frank Zappa. E così l’ho ascoltato e così voglio ricordarlo.

Nato nel 1940, il grande Frank è stato uno degli artisti più importanti e poliedrici della storia della musica: a trent’anni anni dalla sua morte, la sua influenza rimane più che mai viva. E non solo nei molti suoi appassionati.  In tanti hanno cercato di emularlo o, più semplicemente, si son lasciati trascinare dalle sue vibrazioni. Con scarsi risultati ovviamente, perché di Frank ne esiste soltanto uno.

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Anticonvenzionale, eccentrico sia nel suo modo d’esser sia nel modo di scrivere musiche e testi, fuori da qualsiasi schema  e con uno stile personalissimo, il musicista di Baltimora era un mago degli assoli, un genio delle commistioni dei generi. Questo ci appare oggi quasi miracoloso specie tenendo conto che nel periodo della sua produzione iniziale, quando aveva solo 22 anni  (1963) , non era di facile acchito. Non lo era dal momento che questo miscuglio di generi apparentemente diversi e distanti fra loro era ancora una pratica piuttosto pioneristica. Sarebbero passati vent’ anni prima quel giovane Frank potesse essere classificato come uno dei più acuti, eclettici e originali chitarristi e compositori rock della storia.

Era un polistrumentista unico nel suo genere, difatti suonava qualsiasi strumento lo divertisse: dal vibrafono, alla chitarra, al basso o ad una batteria. Istrionico e anticonformista osservava il mondo con acutezza e lucidità.  Era in grado di cogliere e quindi trasmettere, attraverso i suoi pezzi, quei paradossi che agitavano il mondo e che in pochi riuscivano a cogliere.

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Nella sua sconfinata produzione musicale si contano moltissimi album,oltre 60 ,  nei quali l’ artista si è cimentato con molti generi fondendoli con una geniale teatralità.  Alcuni di questi sui lavori rimangono inediti mentre altri sono stati pubblicati solo dopo la sua scomparsa.  Un caso è quello dell’ album “Funky Nothingness”,  che fa parte, appunto, della produzione post mortem curata dal figlio Ahmet e da Joe Travers ( con un mastering di altissimo livello ). Una raccolta che propone non solo una serie di tracce inedite , ma anche del materiale selezionato dal genio di Baltimora come potenziale sequel di Hot Roats, l’ album della sua consacrazione insieme ai “Mother of Inventions”, band con cui collabora nei primi anni della sua carriera. Un album che li aveva visti protagonisti della scena mondiale del rock. Suggestiva la canzone omonima che da il suo titolo alla raccolta, oltre a “I’m a Rollin’ Stone”.

Un artista che nonostante abbia  influenzato molti altri  musicisti è rimasto un isolato nella sua proposta musicale: un ibrido non classificabile tra generi apparentemente distanti come jazz, musica classica, doo-woop, vaudeville e musica colta. Da ascoltare ancora.

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