Gianni Minà il giornalista è conosciuto da tutti o quasi. Del resto lui è stato un gigante e le sue imprese professionali sono rimaste nella storia. Da Cassius Clay a Pietro Mennea, a Fidel Castro, da Maradona a tutti i più grandi artisti italiani e internazionali. I reportage televisivi, le trasmissioni con Blitz, la grande competenza sportiva ma anche il grande amore per l’America Latina e il sud del mondo.
Si potrebbe continuare a lungo.
Quello che mi viene in mente, però, in questo momento di tristezza personale e – credo – di moltissime persone è il Gianni Minà privato, quello dietro le quinte. Un Gianni Minà perfino migliore (e ce ne vuole) del giornalista amato e celebrato.
Gianni Minà era una persona profondamente buona, mite e modesta. Affabile, gentile. Non faceva mai pesare la sua storia ma, anzi, amava più ascoltare che raccontare. E lui di cose da raccontare ne aveva molte.
E forse, oltre allo straordinario talento, l’ingrediente del successo di Gianni Minà era la sua naturale capacità di farsi volere bene e vedere in lui un amico con il quale potersi aprire. Le amicizie che sono nate grazie al suo lavoro erano autentiche, mai costruite. Maradona era come un fratello minore con il quale sentirsi sempre e non solo per lavoro.
Lo dico perché con Gianni Minà ho condiviso alcune delle più belle pagine della mia (modesta) strada professionale: grazie a lui Sperling e Kupfer ha pubblicato alcuni miei libri inserendoli nella collana da lui diretta “Il continente desaparecido” e poi aiutandolo a preparare la rivista “Latinoamerica” (grafica del mitico Maoloni) che era un progetto che per Minà era importantissimo, vista la sua volontà di dare voce al ‘sud del mondo’ quando non c’era ancora Papa Francesco a parlare di Amazzonia e di ingiustizie sociali.
Anni in cui non ho mai sentito Gianni Minà parlare male di qualcuno. O quando trovai un giorno a casa sua Silvia Baraldini che – uscita dalla terribile esperienza delle carceri americane – aveva cominciato a collaborare con la rivista, perché per Minà era importante poter dare una mano e una sponda a una persona che aveva patito le pene dell’inferno ed era nel mirino degli odiatori della destra nostrana che 20 anni fa non faceva meno schifo di quella di adesso.
Gianni Minà era perfino simpatico nei suoi difetti. E chi non ne ha? A volte ritardatario, a volte un po’ ansioso quando si doveva titolare e chiudere la rivista, a volte – lui lavoratori instancabile – un po’ indolente. Ricordo che un giorno, durante una pausa panino non so più per quale lavoro che stavamo facendo, si rifiutò di andare a piedi a un bar che sarà stato a 200 metri da casa sua ma chiese ad un ragazzo che spesso lo accompagnava, di portarlo lì in macchina.
Si dice che di chi muore si parla sempre bene. Vero. Ma io di Gianni Minà ne ho parlato sempre bene anche da vivo. L’ultima volta – ironia della sorte – proprio venerdì scorso quando il discorso è capitato su Gianni Minà e mi sono messo a raccontare di lui visto da vicino, di quanto era mite, affabile e gran brava persona.
E ho raccontato anche una storia curiosa che spesso mi è tornata in mente: un giorno ero andato a casa sua per qualcosa che non ricordo. Avevo con me mio figlio che aveva circa 3 anni, non sapevo a chi lasciarlo e mi ero fatto accompagnare da una ragazza che potesse accudirlo. Una tata.
Andammo e una volta arrivati io e Minà scendemmo in un un ufficio e in casa rimasero (oltre agli altri familiari di Minà) la ragazza e mio figlio. Quando rientrai un’oretta dopo vidi la giovane tata che mi guardava con gli occhi sbarrati: “Ma dove sono? Ma chi è questo signore?”.
La ragazza era rimasta sbigottita nel vedere che sulle pareti c’erano foto di Minà con i Beatles, con Fidel Castro, con Maradona, Cassius Clay, Mennea e tanti tanti altri.
Le risposi: “Si chiama Gianni Minà, conosce il tutto il mondo e tutto il mondo conosce lui”.
Oggi se non per tutto il mondo certamente per una moltitudine è un giorno triste. E io sono uno di quella moltitudine che già rimpiange un grande professionista, un gigante ma soprattutto una persona buona e perbene.